Il primo a parlarne è stato il neo-ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti, che un’intervista al Mattino spiegava qualche giorno fa di voler rivedere i meccanismi di funzionamento del credito d’imposta che tra le piccole imprese del Sud non tira come dovrebbe lasciando molti fondi inutilizzati. Confindustria conferma. E all’audizione parlamentare sul Disegno di legge relativo agli interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale suggerisce di elevare l’intensità dell’aiuto portandolo ai massimi consentiti dall’Europa rivedendo inoltre alcuni vincoli che non rendono profittevole la misura.
In particolare, l’associazione degli imprenditori chiede di portare il contributo al 25 per cento dell’investimento per le grandi aziende, al 35 per le medie e al 45 per le piccole che rappresentano la stragrande maggioranza delle realtà presenti nel tessuto economico meridionale lacerato dalla crisi. Il potenziamento del credito d’imposta, soprattutto in favore delle imprese di minori dimensioni, risponde anche alle perplessità sollevate nella stessa sede dal presidente della Svimez Adriano Giannola nei confronti del complesso di provvedimenti riassunti nel nome di Industria 4.0.
Fortemente voluto dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, e accolto con favore da Confindustria, si tratta di un contesto normativo che premia gli investimenti in innovazione e dunque favorisce le imprese solide, capaci di mettere mano alla tasca e potenziare la propria capacità competitiva.
Esattamente quello che le realtà meridionali non sono, almeno nella norma, restando ai margini della quarta rivoluzione industriale e dunque perdendo altro terreno nei confronti dei concorrenti più ricchi e attrezzati, quasi tutti del Nord, determinando un ulteriore allargamento del divario territoriale. Dunque bisogna correre ai ripari. De Vincenti dichiara di volerlo fare e Confindustria gli fa da sponda ben sapendo che i finanziamenti da soli non bastano e rilanciando sul miglior funzionamento della Pubblica amministrazione e sulla semplificazione burocratica che restano una chimera.
L’obiettivo è rendere compatibili “atti, tempi e costi”, che oggi risultano così scollegati tra di loro da frenare la crescita che pure si sta timidamente affacciando grazie soprattutto all’accelerazione della spesa comunitaria legata al vecchio periodo di programmazione 2007-2013. Ora si apre una nuova era, o almeno questo si auspica, accompagnata dal cosiddetto Masterplan per il Mezzogiorno che prende la forma dei tanti Patti che il governo, quello di prima con Renzi e quello di adesso con Gentiloni, sta firmando con i presidenti di Regione e i sindaci metropolitani del Sud.
Un’occasione che nessuno vuole perdere e tantomeno gli industriali che invocano l’applicazione dei Piani di rafforzamento amministrativo che, previsti dalla sfortunata riforma del ministro Marianna Madia, puntano a modernizzare uno dei settori del Paese più resistenti al cambiamento.