Il Festival Internazionale del Cinema di Roma omaggia, nella sua serata conclusiva di oggi, un celeberrimo figlio della Città Eterna: l’indimenticabile, inimitabile, immenso Alberto Sordi. Le proiezioni scelte per la breve retrospettiva, promossa dal Festival in collaborazione con il Comune di Roma, riguardano i lungometraggi Un Americano a Roma (Steno, 1954), Riusciranno i Nostri Eroi a Ritrovare l’Amico Misteriosamente Scomparso in Africa? (E. Scola, 1968), e il corto Guglielmo il Dentone (Luigi F. D’Amico), episodio inserito con altri due nel film – appunto – a episodi I Complessi (1965).
Il primo è forse il film più celebre del Sordi prima maniera, nel quale l’attore interpreta un giovane romano infatuato da tutto ciò che è americano, tanto da imitare abitudini e atteggiamenti del popolo d’oltreoceano fino al ridicolo e al grottesco. “L’ameregano de Roma” Nando Moriconi, nato come personaggio di contorno per il film corale Un Giorno in Pretura (Steno, 1953), riveste in questo secondo film anche meglio definite connotazioni di costume, e consente a Sordi di registrare una delle sue prove più convincenti e genuinamente divertenti.
Autentica forza della natura, l’attore romano era allora già un divo assoluto del cinema nostrano, solo pochi anni dopo i suoi primi ruoli da protagonista: il petulante boy-scout di Mamma Mia, Che Impressione! (R. Savarese, 1951) e il divo dei fotoromanzi de Lo Sceicco Bianco (F. Fellini, 1952). Ai tempi di Un Americano a Roma, ricordano infatti le cronache, i giornali pubblicavano una locandina del film sulla quale il nome di Sordi era più grande sia di quello della sala cinematografica che di quello del regista, e quasi come il titolo del film.
Il secondo film in programma, Riusciranno i Nostri Eroi…, che fu il campione d’incassi del suo anno di uscita, ha il merito di essere un’equilibrata commistione tra ambientazione esotica da road movie impegnato e trovate comiche da teatro d’avanspettacolo. Scritto dal regista Ettore Scola con la coppia di sceneggiatori regina della commedia italiana, Age & Scarpelli, il film consente a un Sordi in piena maturità artistica di spadroneggiare in lungo e in largo, fornendo l’ennesima interpretazione memorabile.
Nell’intreccio, che trasforma abilmente i luoghi comuni sull’italiano medio in viaggio all’estero in spunti comici a esso funzionali, affiorano temi allora di moda (siamo nel 1968), come quello della fuga dalla civiltà occidentale corrotta e nevrotica, e quello riferibile a una sorta di mito del buon selvaggio. Nonostante gli anni trascorsi e l’inevitabile invecchiamento di alcune trovate, Riusciranno i Nostri Eroi… rimane comunque un ottimo esempio di commedia commista a elementi picareschi, ben strutturata e ben recitata, nel solco della migliore tradizione nazionale.
Conclude la breve retrospettiva il corto Guglielmo il Dentone, episodio finale del film I Complessi (1965), della durata di circa mezz’ora. Gustoso cinema di svago, dove Sordi interpreta la parte di un candidato a un concorso per speaker tv, bravissimo e preparatissimo ma col volto deturpato da un’orrenda dentatura da cavallo. Quasi una barzelletta nell’Italia del boom economico, dove alcuni protagonisti del mondo dello spettacolo di allora intervengono nella parte di se stessi, come il regista Nanni Loy e le soubrette della tv Alice ed Ellen Kessler.
Nonostante la scelta dei film appaia azzeccata, celebrare un attore come Alberto Sordi in appena due film e mezzo è comunque impresa ardua, la sua filmografia è notevole per qualità e quantità di titoli. Il suo nome è indissolubilmente legato ad alcuni dei capolavori del genere cinematografico nazionale, la commedia, sia quella di costume e di satira sociale che quella più contigua al cinema comico.
Quel tipo di commedia che, dopo l’inatteso successo d’oltre oceano (un Oscar alla sceneggiatura) del film di Pietro Germi Divorzio all’Italiana (1961) venne da tutti definita, appunto, “all’italiana”. Appellativo che evocava l’origine del genere più diffuso nella filmografia nazionale, ricordando come esso sia derivato, in buona misura, dalla nostrana tradizione dalla commedia dell’arte, quindi un cinema di cifra stilistica e poetica del tutto connaturate alla storia e all’indole italica. Un cinema che fu anche, involontariamente rispetto alle intenzioni primarie dei suoi autori, lo specchio di una società in evoluzione.
Uno sguardo su luoghi e persone reali, marchio dell’importantissima eredità stilistica del neorealismo, che fece di questa commedia anche un cinema documento, foss’anche solo per mostrarci come erano le strade, le piazze, le case, le automobili, l’abbigliamento della gente che ha attraversato i tre decenni che seguirono la seconda guerra. Terminato il conflitto, anche le tematiche trattate al cinema si fecero meno aspre, nel Paese riprese la voglia di svago e spensieratezza, e il neorealismo si stemperò nella commedia di costume.
Alberto Sordi è stato uno dei protagonisti di questa virata decisiva del cinema italiano, tanto da poter essere considerato un autore cinematografico in senso pieno, al di la delle sue rare e in vero poco convincenti prove alla regia. Sordi è stato un animale da palcoscenico come pochi altri nella storia del nostro spettacolo cinematografico e non, attore comico brillante capace anche di notevoli interpretazioni di taglio melodrammatico.
“Te lo meriti, Alberto Sordi, te lo meriti!”, urlava Nanni Moretti in una scena del suo Sogni d’Oro (1981), caparbiamente rivolto a un negoziante qualunquista. Frase che, spogliata dagli originari intenti polemici, ci sentiamo di fare nostra: ce lo siamo meritati, Alberto Sordi, attore universale che ha arricchito, con pochi altri, oltre cinquan’tanni di storia del cinema italiano.