Ieri Mediaset ha chiuso la giornata di borsa con un rialzo del 31,86%; a scatenare gli acquisti sul titolo è stato il comunicato di stampa di Vivendi con cui il gruppo francese annunciava non solo di aver acquistato il 3% di Mediaset, ma di avere intenzione di diventare il secondo azionista del gruppo italiano con una partecipazione, “per cominciare”, compresa tra il 10 e il 20% (ieri si è già arrivati al 12%). Costruire una partecipazione di questo tipo per poi limitarsi a qualche sedia in cda, dato che il principale azionista, Berlusconi, ha il 35%, non ha senso; e infatti il mercato con il +32% ha detto chiaramente di credere alla possibilità che alla fine del percorso annunciato da Vivendi ci possa essere un cambio di controllo. È una possibilità che deve sembrare particolarmente concreta se il titolo si muove con questa violenza. Oppure molto più banalmente Vivendi ha dato seguito alle sue promesse comprando a qualsiasi prezzo; e allora molto di più vale la tesi che l’obiettivo finale sia l’unico con un senso, e cioè il controllo.
Mediaset è in una posizione competitiva decisamente “complicata”. È un gruppo praticamente solo italiano e con molte debolezze strategiche. La partita sul segmento premium oggi sembra persa, come sembrerebbe suggerire il fatto che gli abbonati Sky non siano diminuiti nemmeno con l’esclusiva dei diritti sulla Champions League; l’esperimento di Mediaset premium è molto “costoso” e servirebbero investimenti da centinaia di milioni di euro solo per provare a rientrare nella partita senza nessuna certezza sul risultato. Oggi il segmento premium è dominato da Sky. Dall’altra parte c’è la Rai con una programmazione del tutto equiparabile, decine di canali e il canone inserito nella bolletta elettrica, una fonte di ricavi certa anche se l’Italia fosse in crisi nera. Poi ci sono i poli televisivi emergenti e poi infine le nuove piattaforme come Netflix. Il fondatore di Mediaset, Silvio Berlusconi, ha 80 anni e la nuova linea manageriale forse non è alla sua altezza.
La Vivendi di Bolloré è la stessa che da diversi trimestri ha il controllo sostanziale di Telecom Italia. Vivendi si è ritrovata una partecipazione in Telecom quasi per caso e probabilmente con sua stessa sorpresa non incontrando ostacoli di sorta è salita nell’azionariato indisturbata fino a diventare di gran lunga il principale azionista e sicuramente ottenendo il controllo sostanziale. Stiamo parlando dell’ex monopolista pubblico della terza economia dell’area euro che controlla un asset, la rete, strategico da molti punti di vista. Vivendi non sarebbe interessata alle telecom avendo ceduto tutte le partecipazioni del settore prima dell’avventura italiana, ma non può esimersi quando si ritrova per le mani un regalo come quello del controllo di Telecom Italia; soprattutto se in Francia c’è un compratore sicuramente interessato come France Telecom, meglio nota come Orange, a cui si potrebbe consegnare il controllo, dietro lauto compenso, in pochissimo tempo. Opporsi a questa transizione, sempre ammesso che qualcuno in Italia osi alzare un dito, sarebbe difficile dopo anni di silenzio assoluto.
Possiamo quindi sbizzarrirci a immaginare possibili combinazioni tra Mediaset, Vivendi, Telecom Italia e France Telecom. Una cosa sola è certa e cioè chi siano i venditori sostanziali, gli italiani, e chi siano i compratori sostanziali, cioè i francesi. Si possono immaginare tutti gli scambi azionari possibili e immaginare le fusioni per “avere campioni europei”, ma la sostanza non cambia e il controllo rimane saldamente in mano francese. Ricordiamo che nel caso di Mediaset si parla pur sempre del primo operatore privato televisivo italiano e che in altre fasi si sono scritte enciclopedie sui benefici politici che il controllo di Mediaset regala. Possiamo solo ribadire come per un Paese che tenga minimamente alla propria indipendenza e libertà sia inconcepibile un tale trasferimento di sovranità sostanziale nei confronti di un altro Stato che non ha mai offerto nessuna reciprocità. Chi invoca l’Europa per indorare questa pillola avvelenata dovrebbe ricordarsi due cose.
La prima è che non solo la Francia non ha mai offerto nessuna reciprocità, ma che ha lavorato attivamente e fattivamente per danneggiare l’Italia bombardando la Libia, provando a espellere Eni per metterci Total e sommergendo l’Italia di profughi. La seconda è che tra tre mesi in Francia ci sono le elezioni da cui potrebbe uscire vincente il Front National che un secondo dopo porrebbe la questione dell’uscita dall’euro, dall’Europa e quindi la sua fine. Oltre al danno anche la beffa per l’Italia. A quel punto, ribadiamo, basterebbe un vicerè per gestire l’Italia di cui si controllano: banche, assicurazioni, televisioni e telecomunicazioni.
Che la performance di ieri sia stata seppellita sotto tre “scroll” di articoli sui principali media autorizza chiunque a pensare di poter comprare quello che vuole in Italia. Sempre ammesso che non fosse sufficiente quello che è successo con Telecom Italia negli ultimi tre anni.