(settembre 2009)«Cinquecento persone, per lo più famiglie con molti bambini, venute dalle montagne. Hanno percorso strade sterrate e sentieri di pietra, attraversato ponti traballanti su vertiginosi burroni. Sono arrivate a piedi, su carretti o chiedendo un passaggio alle poche camionette che cercano operai per raccogliere il caffè. Da queste parti le corriere non esistono ancora. C’erano anche i collaboratori e gli amici. Veramente tanti, se si pensa che era un giorno feriale, ma il vescovo non aveva se non questa data per inaugurare il Centro Educativo intitolato a Padre Antonio Manuel Sanchez, parroco di Humocaro morto da poco».
Siamo sulle Ande, nel paese di Humocaro, nel nord ovest del Venezuela, 18mila anime a circa 700 chilometri di distanza da Miraflores, la residenza presidenziale di Chavez. Chi scrive è sorella Chiara Piccinini, monaca di clausura del monastero trappista Nuestra Señora de Coromoto che, con tanto di permesso del vescovo, mercoledì 9 settembre è andata, «insieme a Madre Paola, all’inaugurazione del Centro». Un’opera educativa, voluta dalla preziosa Julia, nata per aiutare i bambini della zona a studiare e a diventare grandi, che oggi affianca un ambulatorio pediatrico, una casa di accoglienza per gli anziani e un futuro centro odontotecnico.
È un insieme di opere della carità nate grazie alla discreta, ma costante presenza del monastero, nelle quali stanno germogliando valori di rispetto e amore per la persona. Indicando un modo diverso di rapporto con la realtà, oggi come nella più antica tradizione monastica, questa piccola minoranza creativa, arrivata in Venezuela nel 1982 dalla casa madre di Vitorchiano, nel Lazio, sta contribuendo alla costruzione di una nuova civiltà per l’uomo. Assolutamente tangibile.
A Humocaro le case sono costruite in bahareque, legno e fango, con un tetto in lamina di metallo o di cartone; il pavimento è di terra, non c’è il bagno e neppure l’acqua potabile. La maggior parte dei bambini è malnutrita e, dopo i 12 anni, quasi nessuno frequenta più la scuola. L’accesso alle cure sanitarie è fortemente a rischio e i servizi alla persona sono merce rara. Quassù i bambini sono vittime di malattie parassitarie, asma, scabbia, carie, diarrea, affezioni renali e ultimamente il temuto dengue. «Tutte malattie o sintomi che sottolineano una grande povertà e una mancanza di educazione alla salute.» Ci dice Quirino Canelón, coordinatore dell’ambulatorio pediatrico Angel de la Guarda (Angelo Custode) che ogni anno si prende cura di oltre 2.500 bambini ed è l’unica realtà sanitaria in tutta la zona perché l’alternativa è affrontare due giorni di viaggio.
In tutto il Venezuela, quarto esportatore mondiale di petrolio, il 18% dei neonati non raggiunge i due chilogrammi di peso a causa della scarsa alimentazione delle donne in gravidanza; mentre l’11,2% dei bambini soffre di denutrizione cronica e il 20% non è vaccinato. Su una popolazione totale di 28 milioni di abitanti, il 33,1% vive sotto la soglia della povertà e metà dei lavoratori non ha un impiego formale. Ultimamente, le famiglie di questi bambini sono attanagliate anche dalla violenza. Humocaro sta diventando sempre più crocevia di bande criminali legate al narcotraffico. Tempo fa un bambino di quattro anni è stato colpito da un proiettile vagante. La paura dei rapimenti è grande. «È una situazione che, purtroppo in Venezuela come in molti Paesi dell’America Latina, è diventata normale -dicono – ma desta una grossa preoccupazione».
La Conferenza episcopale venezuelana segnala che il Venezuela è diventato uno dei paesi con la più alta violenza nel mondo e con il maggior numero di sequestri di persona, e di omicidi su commissione. Gli ospedali non hanno le minime condizioni di servizio alla salute; scarseggiano le medicine e così pure i generi alimentari di prima necessità, come latte, farina, zucchero (importato da Cuba). «È come se la vita perdesse sempre più valore».
Anche il semplice vivere sta diventando difficile. E la bellezza, in un contesto così arido, colpisce. «Partecipare all’inaugurazione del Centro educativo per me è stato un momento di rigenerazione, sussultavo interiormente – scrive Suor Chiara – per ciò che vedevo coi miei occhi e sentivo con le mie orecchie. Appena arrivata mi ha assorbito la bellezza del luogo: semplicissimo nella sua forma lineare, ma abbellito da pareti dipinte di verde e bianco magnolia. Un gioco di colori luminosi che emanava un senso di accoglienza e pace interiore fatto di attesa. Rimandava a qualcosa d’Altro».
«Educar es un riesgo recitava uno dei due cartelloni appesi sulla facciata, ricordando l’affermazione di don Giussani sul rischio educativo. Tutt’attorno palloncini. Disposti a grappolo. Belli. L’insieme comunicava un`attrazione che invitava a familiarizzare con la gioia di chi aveva creato tanta armonia piena di festa. Quando siamo stati invitati a sederci per la Messa, ci hanno distribuito un cartoncino che titolava: “Un Incontro , Una Proposta , una Realtà”. Si trattava del programma della giornata, ma conteneva molto di più!».
Il testo: “Mossi dallo Spirito, siamo cresciuti grazie alla generosità e allo sforzo di tanti amici e persone che si sono unite a noi nella grazia di una amicizia sincera, il cui scopo è l’amore e la carità (…). La proposta siamo noi che abbiamo avuto un’esperienza con Cristo, abbiamo visto la bellezza e l’umanità del Mistero, la viviamo, e vogliamo trasmetterla attraverso questa opera. (…) Cristo è la nostra esperienza, per questo ci è nata l’urgenza di riverberarne la bellezza in un nuovo modo di stare con i bambini e i giovani”.
«Nasceva poco a poco in me la coscienza che stavo presenziando a un assoluto miracolo. E ancora :
“Noi siamo quell’avvenimento umano che la gente cerca e ogni giorno, attenti al cuore di ognuno, ci preme risvegliare il desiderio che trova in Cristo la risposta”. Sinceramente mi sentivo morire di attonita meraviglia, e avrei voluto battere le mani perché era uno spettacolo di testimonianza inaudita nella storia dei miei e nostri amici che per anni ho accompagnato con rispetto e amicizia. Non mi aspettavo una chiarezza tale. Avevo solamente detto loro: “Dite chi siete, cogliete l’occasione per dire la vostra esperienza”, ma la realtà ha superato ogni mia immaginazione.»
Un nastro giallo viene tagliato da madre Paola e un grande salone accoglie tutti. Qui verranno a studiare i bambini guidati da Luis Rodriguez, professore di Humocaro che, da quando è andato in pensione, collabora come educatore con la Fondazione San Antonio, nata nel 1996 su impulso del monastero per rispondere ai bisogni della popolazione gestendo le opere. Ma è stata Julia ha volere fortemente il Centro. «Durante il lavoro del sostegno a distanza – racconta sorella Chiara – prese coscienza dei molti ragazzi con problemi di espressività e di apprendimento scolastico per mancanza di alimentazione o disagio famigliare, capendo così il bisogno di costruire un luogo per loro. Fin dall’inizio ha sempre detto che poco dopo essere arrivata qui ha fatto l’esperienza di Cristo e che coincideva nei volti degli amici».
«Focalizziamo le attività – racconta Inocencio, il presidente – a favore di due gruppi di persone vulnerabili: gli anziani in stato di quasi abbandono, accolti presso la casa di riposo “Reina de los Angeles”, e i bambini più poveri della zona, sostenuti attraverso programmi diversi di AVSI, come il sostegno a distanza che garantisce loro educazione, cibo e generi di base e il progetto Adotta un’opera che permette la sopravvivenza dell’ambulatorio pediatrico e la partecipazione di tanti, tanti amici italiani».
Oltre a far studiare i bambini, il professore Luis organizza incontri formativi con le mamme per sensibilizzarle sulla preparazione dei cibi e sulla prevenzione delle malattie comuni. «Il doposcuola poi si tiene ogni sabato mattina. I bambini sono divisi in tre gruppi tenuti dai volontari Julia, Raquel e Franceliza che li aiutano a fare i compiti, li fanno giocare e gli preparano un’abbondante merenda ricca di valori nutrizionali». Inoltre vengono periodicamente distribuite borse di alimenti – contenenti sardine, tonno, latte, legumi, pollo – e di igiene personale con sapone e dentifricio. Ultimamente i genitori dei bambini hanno preso più coscienza dell’importanza di prevenire le malattie: il 60% di loro ha portato i figli per visite di controllo all’ambulatorio pediatrico.
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno dei cieli. In effetti, la caratteristica dei nostri amici – continua il resoconto di Suor Chiara – è la coscienza della propria povertà. Nessuno è un professionista, sono dei semplici, ma questa loro coscienza li apre a valorizzare e ad ascoltare l’apporto di tutti. In loro non viene prima il pregiudizio nel rapporto, come spesso per me, ma prima di tutto nasce la tensione a imparare qualcosa da tutti e a riconoscere in tutto il segno di Cristo che li arricchisce».
«Questa loro semplicità ha acquisito un accento nuovo, che è una proposta per tutti. Infatti, nel piccolo libretto fotografico realizzato da Raquel e distribuito alla fine dell’inaugurazione, nell’ultima pagina hanno scritto: “Questo lavoro di sostegno educativo è una sfida, noi riconosciamo la potenza di Dio che opera suscitando cuori che diventano testimoni di questa Presenza, e non abbiamo paura”.E allora lasciamoci fare e chiediamo il dono della povertà di cuore che ama tutto e tutti e non ha paura di niente». Quando suor Chiara ci ha inviato questo suo resoconto l’ha definito “la mia povera cronaca” sottovalutandone la forza.
(Elisabetta Ponzone)