E’ giovedì. Un tempo al nord si diceva, perché era un’abitudine consolidata, “giovedì gnocchi”. Oramai dobbiamo dire “giovedì, zuppa… no, volevamo dire “giovedì zuffa”. Zuffa tra i gladiatori invitati, zuffa tra gli argomenti. Zuffa da sciacalli televisivi: ha un qualsiasi senso comune contrapporre i danni dell’alluvione ai danni del crollo di Pompei, soprattutto in un momento di assenza di risorse? Ovviamente no.
Ma Santoro lo fa ugualmente. Anzi lo fa espressamente: dato che può sguazzare nel fango (metaforico e no), ci si butta a capofitto. E i suoi gladiatori subito si prestano. Bondi, (si potrebbe dire l’Emilio Fede del Consiglio dei Ministri), offre subito il petto con le sue difese d’ufficio, attacca ovviamente la Iervolino ma da comunista convertito il suo eloquio è televisivamente poco credibile. Anche se ha molte ragioni.
Ma purtroppo per lui non ha il “phisique du role”, sembra piuttosto un clown del Cirque du Soleil. L’altro clown che immediatamente interviene è Veltroni: dimentico della sua sempiterna impalpabile lievità culturale e delle sue grandi sconfitte politiche, impartisce lezioni di buongoverno con una supponenza ai limiti dell’improntitudine, visto che la pessima eredità che grava sulle spalle di Bondi – e non solo di Bondi – in larga parte è anche opera sua. Così la tenzone appare subito un numero da circo virtuale, dove maggioranza e opposizione sono rappresentati da pupazzi dotati di spade di latta.
Che curiosamente stanno al gioco di Santoro, si fanno manovrare da lui, che introduce subito un altro argomento, grazie ai lavoratori dello spettacolo riuniti a Fontana di Trevi. In rappresentanza di tutti, Andrea Purgatori, giornalista sceneggiatore dalla voce stentorea osserva che dietro i titoli di coda ci sono 250.000 lavoratori. Ricorda che in America ci sono 22 incentivi diversi per il cinema è in Italia uno solo per di più incerto e sospeso da tempo. Naturalmente Purgatori viene subito interrotto, per dare la voce a Daverio che afferma semplicemente che in Italia non si crede alla cultura perché non si crede al suo futuro.
Santoro lo interrompe per ridare la parola a Veltroni (assist straordinario, visto che a Fontana di Trevi ci sono tutti quelli che comunque in passato hanno beneficiato a torto o a ragione di varie sovvenzioni): tiritera sullo splendore culturale dell’Italia e nulla più.
Su sollecitazione di Santoro, Bondi dichiara che nel decreto milleproroghe è previsto con il suo impegno la reiterazione del decreto a favore del cinema. Non si capisce se il suo impegno sarà supportato dal Ministro del Tesoro…e i lavoratori dello spettacolo non capiscono se ci è o ci fa… o dice sul serio. Così si arriva all’intervallo pubblicitario con nella testa una grande insalata russa.
Dopo la pubblicità Travaglio spara un rosario di cifre di sprechi (come al solito una sarabanda di mezze verità, attacca duramente Bondi che lo guarda con odio, soprattutto quando gli butta in faccia le sue passate infelici citazioni). Ma poi Bondi, evidentemente reduce da una possente seduta di training autogeno, annuncia che non reagirà al dileggio, e elenca a sua volta una serie di situazioni drammatiche da lui risolte con la nomina di commissari. Naturalmente interviene Veltroni e contesta le nomine di Bondi. Il circo continua.
Tutti concordano che la gestione dei monumenti e della cultura sconta una eredità pesantissima, ma…naturalmente si cambia argomento, e ancora una volta si va a L’Aquila, dove c’è una manifestazione fatta volutamente al buio nel centro della città, che si sa benissimo non avrebbe potuto essere ricostruito prima di dieci anni: così Ruotolo può drammaticamente far notare che L’Aquila muore perché il centro storico non è più abitato e 1700 studenti sono emigrati altrove con le famiglie. Un bell’esempio di vergognoso populismo qualunquista. Dopo un terremoto simile nessun governo ha mai fatto meglio, ma tant’è, l’occasione è buona per dare tutte le colpe al governo. E infatti sui manifestanti piove, governo ladro.
Chi legge abitualmente questa rubrica sa che Yoda riconosce a Santoro doti di grande anchorman. Ma oramai queste doti, settimana dopo settimana vengono appannate dal pregiudizio ideologico e dalla volontà di creare il massimo di confusione possibile, ammassare una quantità di emozioni e dati negativi per poi gettare la croce su chi governa. Nicola Porro del Giornale finalmente dice l’unica cosa chiara in tutta questa confusione: tutti i bisogni sono sacrosanti, ma purtroppo non ci sono soldi per tutto.
E quindi bisogna cominciare a stabilire delle priorità. Ma il problema vero rimane che se non si possono confrontare in statistica le pere con le mele, dal punto di vista mediatico è francamente scorretto dover fare un confronto tra bisogni così diversi: quelli per il terremoto e quelli per la cultura. Che dovrebbero attingere a capitoli di spesa diversi. Non sono comunque problemi facili da risolvere nelle segrete stanze del Ministero del tesoro, figuriamoci far finta di risolverli nel circo di Annozero!