Le piogge autunnali colpiscono l’Italia che non sa più reggere l’impatto delle precipitazioni. E il nostro Paese frana. Si allaga. Va in emergenza tutto il Nord Italia durante il ponte dei Santi e dei Morti. Ha sempre piovuto in questa occasione. Ma una volta non accadeva questa catastrofe.
Ferrovie bloccate, autostrade chiuse. Muoiono così a Massa Carrara la signora Nara e il figlio Mattia, di soli due anni. Li hanno ritrovati abbracciati e senza vita. E’ un Paese il cui dissesto idrogeologico è diventato un problema cronico. Abbiamo cominciato a piangere i morti per abusivismo edilizio e incuria fin dai primi di settembre, dalla frana di Atrani sulla costiera amalfitana.
E’ un fango fisico quello che ci sommerge, ma è anche un fango morale, perché pesa sulle nostre coscienze, sulle nostre incapacità, sul mancato governo della terra. E il fango materiale si unisce a quell’altro immateriale che ci investe attraverso le ultime notizie. Il caso Ruby, dopo il caso Sarah, diciamocelo, ci crea molta depressione.
Perché è un Paese dove si ha l’impressione che la lotta politica avvenga attraverso gli scandali, per di più centrati sulla vita privata. Perché Ruby non è stata trattata con alcuna “pietas”, con alcun rispetto. Da minorenne l’abbiamo vista ritratta in pose terribili, con la sola “pecetta” sugli occhi, bollata come una prostituta, anche se ancora tecnicamente minorenne fino a 48 ore fa. Solo perché la sua storia può gettare fango sul Presidente del Consiglio.
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Nessuno che si fermasse a riflettere su una ragazza scappata di casa e da case famiglia, centri di accoglienza, una ragazza marocchina con problemi, la cui esposizione mediatica non è certo un vanto per la nostra società. La lotta politico-giornalistica in Italia è diventata violentissima, dal caso D’Addario, al caso Boffo, fino al crescendo degli ultimi mesi, con la casa di Montecarlo e infine con il caso Ruby.
I giornali di sinistra accusano quelli di destra di alimentare “la macchina del fango”, quelli di destra ribattono che è lo stesso metodo dei vari Travaglio & c. Fatto sta che il fango sale e dà l’idea che l’evoluzione del Paese sia nelle mani del prossimo scoop, del prossimo scandalo, più o meno fondato su reali inchieste della magistratura.
Anche se resta imbarazzante e lascia comunque disagio un comportamento privato non irreprensibile dei nostri governanti. Così come angosciano le battute sui gay e sulle belle donne, che non corrispondono al sentire comune di un Paese tollerante. Intelligentemente, Il Foglio si è posto ieri la domanda: “Siamo al 25 luglio del Cav?”. La sostanza della politica è tutta nella rottura del gruppo dei finiani, che oggi è indispensabile all’esistenza stessa della maggioranza parlamentare.
Ma c’è un avvelenamento dei toni che davvero dovrebbe far fermare tutti. Non si può vivere sempre nel fango. Anche se la tattica di Gianfranco Fini e degli avversari del Cav è quella del logoramento, perché non pensare un po’ di più al bene comune?