Dopo Standard & Poor’s, ieri sera è stato il Fondo monetario internazionale a fare il punto sullo stato dell’economia e delle finanze italiane. Per l’istituto di Washington, “l’economia sta faticando a uscire da una profonda recessione”; la crescita dovrebbe riprendere nel 2014 supportata dalle esportazioni e da un miglioramento delle condizioni finanziarie. Comunque, continua il Fmi, “la ripresa rimane fragile e la disoccupazione inaccettabilmente alta, sottolineando la necessità di azioni politiche coraggiose e rapide”.
Il Fondo monetario internazionale, come l’agenzia di rating poco più di una settimana fa, si discostano, nei toni e nei contenuti, da un certo clima, “positivo”, che si respira da molti mesi con i mercati azionari in rialzo e lo spread ai minimi. Non manca l’inevitabile elenco dei compiti e delle aree su cui l’Italia dovrebbe lavorare: il mercato del lavoro, politiche per la competitività, il sistema giudiziario e le piccole medie imprese. In queste aree le riforme “libererebbero un significativo potenziale di crescita”.
La riforma del lavoro dovrebbe puntare a spostare la contrattazione più al livello della singola azienda (esattamente come consigliava S&P’s) e ad aumentare la flessibilità del contratto di lavoro nazionale. La proposta che farà più discutere è però quella di differenziare i salari pubblici tra le diverse regioni per migliorare il collegamento tra produttività e salari nel settore privato. Per quanto riguarda l’efficienza del sistema giudiziaro (altro tema sollevato da S&P’s), l’Italia dovrebbe limitare gli appelli, sviluppare indicatori di performance per tutti i tribunali e incentivare l’uso della mediazione. Le politiche per la competitività dovrebbero puntare a rimuovere le barriere regolatorie in molti mercati; a questo riguardo si dovrebbe dare ascolto all’authority dell’Antitrust. Per quanto riguarda le Piccole e medie imprese, “la spina dorsale dell’economia italiana”, occorre modificare le norme sul fallimento, riorientare il supporto pubblico alle start-up e trovare nuove forme di finanziamento.
Il secondo capitolo dell’analisi è dedicato al sistema bancario che dovrebbe essere più proattivo nei confronti delle sofferenze aumentando le rettifiche e i requisiti patrimoniali. Occorrerebbe anche sviluppare il mercato dei debiti “distressed” per la gestione e la cessione delle sofferenze. Il Fmi consiglia anche alle fondazioni di lasciare il controllo delle banche e di migliorare la trasparenza e la governance e alle banche popolari maggiori di trasformarsi in spa e fondersi. Infine, suggerisce di ottenere maggiori risparmi nella spesa pubblica per diminuire le tasse sul lavoro e di combattere l’evasione, di spostare le risorse dalle pensioni più alte all’educazione e alle politiche attive del lavoro, oltre che di implementare i costi standard. Non manca anche un consiglio a completare celermente gli sforzi per le privatizzazioni.
L’elenco dei compiti è molto ampio e spazia in aree differenti con suggerimenti di diversa portata. Alcune proposte, come quella sulla riduzione delle tasse sul lavoro con tagli alla spesa pubblica, sono sostanzialmente condivise da tutti, ma si scontrano con un sistema che appare immutabile anche negli enti locali con le situazioni finanziarie più disastrate e palesemente da tagliare, mentre nessuno si azzarda a intaccare per davvero la mole ormai insostenibile di dipendenti pubblici (al limite si spostano). Lo stesso si può dire per il sistema giudiziario e forse perfino per la legislazione del lavoro che appare sempre più anacronistica e sempre meno adatta a premiare chi se lo merita; anche in questi casi, però, le opposizioni sembrano imbattibili e le riforme non arrivano mai a toccare il cuore del problema.
Altre proposte, come quella di differenziare i salari pubblici a seconda delle regioni, sembreranno un’eresia, anche se è chiaro a tutti che lo stesso stipendio pubblico ha un potere d’acquisto molto diverso a seconda della regione. Ci sono poi proposte facili da realizzare e altre difficili. Per esempio, per cedere azioni di una società quotata occorre qualche ora e lo stesso ragionamento si può fare per una riforma che elimini il voto capitario delle popolari. Su questi due punti è ormai incomprensibile l’attenzione degli osservatori dato che si tratta di società strategiche che producono più dividendi di quanto costi il debito e dato che la finanza internazionale, quotata e di mercato, ha prodotto disastri incredibili molto maggiori di quanto abbia fatto anche la peggiore delle popolari (da Lehman Brothers in giù).
A proposito del governo, il Fmi “avvisa” che “un vero cambiamento è ora cruciale per rafforzare la fiducia e supportare le riforme”. È sul “vero cambiamento” che si misurerà l’azione del governo e da cui si potranno ridare prospettive di crescita. Lo stato, drammatico, dell’economia italiana e del mercato del lavoro che ci viene ricordato anche dal Fondo monetario internazionale dovrebbe essere preso più sul serio rispetto ai titoli sui rialzi di mercato piuttosto che sulle nuove Ipo.