La decisione del Gup del Tribunale di Trani di mandare a giudizio sei tra manager e analisti di Standard & Poor’s e altri due dell’agenzia Fitch per rispondere dell’ipotesi di reato di manipolazione dei mercati è giusta e opportuna, a prescindere da qualunque pregiudizio sulle agenzie coinvolte. In altre parole, è un bene che queste persone, e le loro aziende, siano oggi alla sbarra, ma non perché in questa fase della procedura sia sicura l’esistenza di un qualche dolo dietro il loro comportamento, bensì per una questione etico-politica. Devono capire che scherzano col fuoco, devono capire che le loro parole sono pietre, devono capire che se sbagliano le previsioni la cosa non interferisce sui programmi dei week-end fuori porta di una regione, come per le previsioni meteo, ma sul benessere di un popolo… Insomma, devono imparare la lezione, essere nettamente più prudenti in futuro e, soprattutto, provare in concreto che, se hanno sbagliato per imperizia (o dovessero sbagliare in futuro), la cosa sarebbe inammissibile e dovrebbe comportare al loro interno gravissime sanzioni contro i responsabili; mentre se hanno sbagliato per dolo, la cosa è penalmente gravissima e come tale verrà sanzionata.
Quel che è sicura, ed è surreale nel quadro delle regole che ispirato il sistema capitalistico internazionale, è invece l’attuale sensazione di impunità in cui queste agenzie hanno vissuto finora. Potevano sparare sentenze anche strampalate – e quante se annoverano, negli archivi della finanza – senza doverne mai rispondere! I rinvii a giudizio di Trani, per esempio, si riferiscono a report emessi tra il 2011-2012 sull’affidabilità del sistema creditizio italiano e sono stati clamorosamente smentiti dai fatti e dalle cifre, che a tutt’oggi fissano in appena 4 miliardi il costo gli aiuti di Stato di cui le banche italiane hanno avuto bisogno per superare la crisi contro le decine e decine delle banche tedesche, francesi, inglesi…
Onore quindi, almeno stavolta, al merito dell’Adusbef che ha promosso l’iniziativa. E questo a prescindere dal verdetto che sarà, verosimilmente, assolutorio, perché a lume di logica appare improbabile riuscire a dimostrare che ci sia stato un qualche “complotto” dietro le stroncature espresse da quelle agenzie sui valori italiani, mentre è molto probabile che siano nate dall’applicazione automatica di criteri stereotipati e, in sostanza, da una grande superficialità.
Però, attenzione: da qualche anno a questa parte, il peso reale che i giudizi delle agenzie di rating hanno sui mercati si è molto ridotto. Intanto che le sentenze giudiziarie si formulano, attraverso lunghi e spesso confusi procedimenti, la vita infatti continua e i mercati “si regolano” da soli, anch’essi a volte lentamente e confusamente, ma comunque prima dei tribunali.
Oggi declassamenti e promozioni contano ancora, però meno di un tempo. Che Lehman Brothers avesse la tripla A il giorno prima di dichiarare il default è una sentenza assai più severa, sull’agenzia che aveva emanato quel giudizio, di qualunque condanna giudiziaria. Significa che o quell’agenzia non aveva fatto bene il suo lavoro, o peggio ancora che i metodi seguiti nel farlo non erano adeguati alla complessità della diagnosi da pronunciare: un po’ come se un medico, magari anche bravo, pretendesse di ascoltare il cuore del paziente con un fonendoscopio rotto.