L’assemblea di Telecom Italia tenutasi mercoledì a Rozzano sarà ricordata per alcuni record, come il 56% di soci presenti, il dato più alto nella storia recente della società, e per la sua notevole lunghezza, più di 11 ore per l’approvazione del bilancio e la nomina del nuovo Cda. E per alcuni altri fatti rilevanti, a partire dal rientro del dissenso di Marco Fossati, che con la Findim detiene il 5% del capitale e che nell’assemblea di dicembre aveva chiesto la revoca del Cda, respinta solo per una manciata di voti. Fossati ha tenuto a precisare, tuttavia, che riprenderà le sue posizioni critiche qualora risorgessero conflitti di interesse a danno della società.
Altra sorpresa è stato il sorpasso effettuato nelle votazioni dalla lista di Assogestioni, che rappresenta meno del 2% del capitale, nei confronti di Telco che, con il 22,5%, è l’azionista di maggioranza relativa. Sui suoi tre consiglieri si sono concentrati i voti dei fondi comuni, in particolare internazionali, e lo stesso Fossati ha dirottato in suo favore una parte dei suoi voti. Avendo Assogestioni presentato solo tre candidati, la Telco è riuscita comunque a eleggere 10 consiglieri su 13, dopo aver rifiutato un accordo proposto da Fossati per far entrare in Consiglio anche due della lista presentata da Findim e dall’assemblea degli azionisti di minoranza.
Il grande sconfitto, se così si può dire, sembrerebbe Vito Gamberale, inizialmente candidato da Fossati alla presidenza. Gamberale, già direttore generale di Telecom negli anni 90, è attualmente amministratore delegato di F2I, la Sgr partecipata dalla Cassa depositi e prestiti e specializzata in investimenti in infrastrutture. F2I è azionista di maggioranza di Metroweb, società che possiede una rete di fibra ottica molto ampia, che secondo Fossati avrebbe potuto collaborare con Telecom per la costituzione di un’innovativa rete a banda larga, in più diretta concorrenza con Fastweb.
Tuttavia, nell’azionariato di Metroweb appaiono sia Fastweb, ora proprietà di Swisscom, ma che nel 1999 aveva fondato Metroweb insieme ad Aem, sia A2A, nata dalla fusione tra le milanesi Aem e Amsa e la bresciana Asm. Decisamente un bell’intreccio, nel quale Gamberale avrebbe forse potuto giocare il ruolo di catalizzatore delle possibili sinergie. È da notare, tuttavia, che se Fossati ipotizzava l’accordo con Metroweb, così come la ricerca di partner europei per consolidare l’azienda, Telco e Marco Patuano, riconfermato come amministratore delegato, sembrano pensarla diversamente.
Patuano ha affrontato tre punti chiave per Telecom: il Brasile, la rete fissa e l’indebitamento. Il Brasile è il mercato che dà più soddisfazioni all’azienda, ma dove è anche più diretta la concorrenza con Telefonica, con la fusione tra le attività delle due società impedita dall’antitrust locale. La ventilata vendita della Tim Brasile rimane in un limbo, ma il nodo rimane, accentuato dall’uscita da Telco dei soci italiani, Banca Intesa, Mediobanca e Generali, che lascia Telefonica diretto azionista di Telecom, senza paraventi.
L’attivismo nella recente assemblea dei fondi comuni, soprattutto internazionali, è indice dell’intenzione di superare l’attuale stallo dell’azienda che, se può servire agli spagnoli per bloccare un concorrente, rimane deleterio per gli altri investitori. I fondi, qualche osservatore ha fatto notare, contano per il 28% del capitale, contro il 15% che verrà gestito direttamente da Telefonica, e questo rapporto di forze potrebbe portare a un cambiamento delle strategie attuali, si spera nell’interesse di tutti. Ci si può, quindi, aspettare un periodo “interessante” per Telecom e sembra che sia ciò che ultimamente pensa la Borsa.
Sulla rete fissa si è verificato un netto cambiamento di strategia con la dichiarazione di Patuano sull’abbandono del progetto di scorporo e la promessa di rispettare in altro modo i diritti dei concorrenti. Lo scorporo comportava il coinvolgimento della Cdp, che sarebbe diventata comproprietaria della rete, e rappresentava anche una via per abbattere un indebitamento che continua a essere troppo elevato. Patuano ha rassicurato su questo terzo punto citando gli introiti derivanti da dismissioni di torri di trasmissione in Italia e Brasile, accanto alla già decisa vendita di Telecom Argentina. Resta strano il silenzio del governo, visto che alla base dello scorporo vi era anche la natura pubblica della rete fissa, né è molto chiaro come Telecom possa sostenere gli ingenti investimenti richiesti dalla rete in rame e da quelle più innovative in programma.
Per ultimo, uno sguardo al nuovo Cda. La nomina a presidente di Giuseppe Recchi, presidente “licenziato” dell’Eni, e la presenza nel Cda di Flavio Cattaneo, dato in uscita da Terna, porterà senza dubbio qualcuno a osservare che siamo alle solite: una volta entrati nel “circolo”, una sistemazione non si nega a nessuno. Tuttavia, si può ricondurre la nomina di Cattaneo alla decisione di mantenere la rete fissa: come ad di Terna si è occupato di reti, sia pure elettriche, e pare anche bene. Recchi, pur laureato in ingegneria e con esperienze di conduzione aziendale, ha una particolare connotazione finanziaria e internazionale, già sperimentata all’Eni, che potrebbe essere molto importante per Telecom e i suoi problemi di indebitamento e di partnership internazionali.
La presenza di altri consiglieri con questa tipologia, si pensi alla riconferma di Tarak Ben Ammar e Jean Paul Fitoussi, potrebbero far pensare che si stia individuando finalmente per Telecom una via d’uscita dallo stagno in cui galleggia da tempo, con assetto azionario e alleanze diverse da oggi. Bisognerà vedere cosa chiederanno in cambio gli spagnoli di Telefonica, domanda che non lascia tranquilli, data la nostra disposizione alla svendita delle nostre aziende.