Ieri i mercati hanno vissuto un’altra giornata di passione con chiusure in rosso su tutte le principali borse europee e con quella di Milano, in particolare, scesa dell’1,9% dopo una settimana già abbastanza “complicata”. La chiusura finale non rende però assolutamente giustizia alla giornataccia del listino; la borsa ha toccato in giornata il -3% con cali decisamente pronunciati sparsi su tutto il listino e con i finanziari venduti a piene mani. L’aria che si respirava era quella di svendite e liquidazioni in grande stile che, per la cronaca, possono durare molto e finire molto più in basso del punto di partenza. Rispetto all’inizio della settimana ci sono però alcune novità: la prima è che per la prima volta da molti mesi un’istituzione finanziaria europea, “Banco Espirito Santo” (una delle maggiori banche portoghesi), è stata coinvolta, anche se indirettamente, da rumour di insolvenza. Le azioni della holding della banca sono state sospese mentre la banca ha perso quasi il 20%. Sempre ieri la spagnola “Banco Popular Español” ha deciso di rinunciare all’emissione di un bond date le sfavorevoli condizioni di mercato.
Entrambi i fatti sono una novità assoluta rispetto agli ultimi dodici mesi dei mercati finanziari, in cui nemmeno società con elementi di rischio patrimoniali sensibili hanno avuto difficoltà a emettere mentre le banche sono salite spinte dalla Bce e dalle attese di ripresa. Le ultime giornate sulla borsa di Milano sono, se non “quantitativamente”, molto diverse “qualitativamente” rispetto all’ultimo anno. Nonostante le pessime performance dell’ultima settimana la borsa italiana è sopra di circa l’8% dall’inizio dell’anno e di circa il 35% dai minimi di fine giugno 2013. La sensazione però è che lo scenario stia cambiando e gli eventuali rimbalzi dei prossimi giorni non potranno rimediare a un mutamento di fondo dell’umore degli investitori.
Questa tesi per il momento non va particolarmente di moda al di qua delle Alpi, al punto che ieri nemmeno con la borsa a -3%, lo spread in risalita e un listino oggettivamente pauroso i siti dei principali quotidiani riprendevano la “notizia”. La giornata di ieri è stata sostanzialmente confinata “tra gli operatori del settore”, i quali assistevano decisamente preoccupati a qualcosa di più simile a un crollo che a un calo.
Escluse interpretazioni più maliziose, evidentemente lo scenario di grandissima calma finanziaria degli ultimi mesi, borse in rialzo e spread in calo, viene dato per scontato al punto che nemmeno si guarda distrattamente al sito della borsa per vedere come va. Lo stesso ministro dell’Economia Padoan ieri dichiarava che “oggi l’Italia gode di estremo interesse da parte degli investitori, sta a noi non sprecare questa occasione, perché non durerà per sempre”.
L’estremo interesse era sicuramente vero tre mesi fa, quando ancora sbarcavano investitori americani per decidere su che titoli puntare per cavalcare la “ripresa europea”; una ripresa che qualunque cittadino italiano faticava e fatica anche solamente a intravedere. Dopo gli ultimi giorni la domanda vera è se l’Italia non abbia già perso la sua occasione e la risposta, purtroppo, potrebbe essere tranquillamente affermativa.
Qualunque sia la strategia adottata finora in Europa o in Italia, e qualsiasi cosa si pensi in merito, non sta funzionando. Il dato pessimo sulla produzione industriale a maggio in Italia comunicato ieri (e su cui allo stesso modo è stato fatto scendere un velo di oblio) o quella sulla produzione industriale francese, per non parlare di sofferenze bancarie, Pil e mercato del lavoro, consegnano un quadro che non ha niente a che vedere con la crescita. In compenso gli elementi di criticità geopolitica aumentano, la Fed procede decisa sulla strada della normalizzazione delle politiche monetarie e, soprattutto, la Germania si oppone a qualsiasi flessibilità, condannando più o meno intenzionalmente la maggior parte del continente a una recessione dalle conseguenze drammatiche.
Questo è un terreno fertile per il verificarsi di elementi di instabilità finanziaria, come quelli di ieri, che colpirebbero economie e bilanci statali fragilissimi. La stagione delle trimestrali che si aprirà tra pochissime settimane sarà con ogni probabilità caratterizzata da profit warning e risultati sotto le attese; la favola della ripresa a cui tutti hanno fatto finta di credere e buona solo per chi sta dall’altro capo del globo si scontra inevitabilmente con la nuda e dura realtà dei ricavi e degli utili.
La finzione degli ultimi mesi non può durare all’infinito e forse è già finita. Non serve un’altra finzione, ma un’altra realtà fatta di crescita e miglioramenti; quello che manca, ora, sono le premesse e i presupposti per la crescita, sia a livello della Bce, che europeo che, infine, italiano. L’oblio sceso ieri su un listino che per molte ore è stato da film horror e, persino, le dichiarazioni del ministro dell’Economia non lasciano presagire molto di buono sul fronte italiano. Per il resto ci sono i tedeschi.