Ieri mattina, prima dell’apertura dei mercati, Telefonica ha annunciato di aver sottoposto a Vivendi un’offerta per l’integrazione tra Telefonica Brasil e Gvt, posseduta dalla stessa Vivendi. L’offerta, nel dettaglio, prevede il pagamento a Vivendi di circa 4 miliardi di euro in cassa più una partecipazione del 12% in Telefonica Brasil. Oltre a questa offerta Telefonica ha dichiarato di essere disponibile a vendere a Vivendi 1,11 milioni di azioni ordinarie Telecom Italia, l’8,3% del capitale; questa cessione sostanzialmente azzererebbe la partecipazione di Telefonica nel capitale dell’ex monopolista italiano. Il titolo Telecom Italia ieri mattina non ha reagito particolarmente bene alla notizia ed è stato sospeso per eccesso di ribasso prima di chiudere la giornata con un calo del 4,6%. Il mercato ha immediatamente compreso quanto fossero negative le conseguenze dell’operazione annunciata da Telefonica sia nel breve periodo che nel medio lungo per Telecom Italia.
Per capire cosa sta succedendo bisogna fare almeno un passo indietro fermandosi a due settimane fa quando su Il Sole 24 Ore veniva riportato un rumour, o scenario, particolarmente interessante su Telecom Italia. Secondo quel rumour, molto dettagliato e sensato, Tim Brasil, posseduta da Telecom Italia, avrebbe comprato da Vivendi proprio Gvt finanziando l’acquisto con un aumento di capitale riservato a Vivendi o, in alternativa, con un’operazione “carta contro carta” che avrebbe diluito la partecipazione di Telecom Italia in Tim Brasil a fronte però di un salto dimensionale molto rilevante per la stessa Tim Brasil.
L’operazione aveva e avrebbe un grandissimo senso industriale perché realizzerebbe quella convergenza fisso-mobile verso cui tutto il mondo tlc sta andando e che è il vero tema del settore dei prossimi anni. Non solo, un operatore di quelle dimensioni attivo sia nel fisso che nel mobile avrebbe una posizione competitiva di grande forza in Brasile mettendo decisamente in difficoltà i concorrenti. Telecom, inoltre, avrebbe risolto un problema ormai cronico di mancanza di “strategia” trovando un azionista di maggioranza europeo.
Quello che non ha fatto Telecom lo farà però con ogni probabilità Telefonica, dando uno schiaffo all’azienda italiana e alle sue velleità in Brasile e al sogno della plusvalenza della vita sul mercato brasiliano. Mentre il management di Telecom Italia discute, Telefonica annuncia l’operazione. La quale metterebbe in un angolo Tim Brasil che dovrebbe fronteggiare, in un mercato ormai saturo e maturo che ha smesso di crescere (forse è una novità per chi da Roma crede che sia completamente sottosviluppato), un operatore integrato fisso-mobile decisamente più attrezzato per il nuovo scenario delle telecomunicazioni.
Telecom Italia non solo avrebbe un operatore più debole e quindi nel lungo periodo meno profittevole, ma anche una società più complicata da vendere a compratori cui difficilmente sfuggirebbe la nuova realtà. Telefonica è talmente interessata a Telecom Italia che all’offerta a Vivendi attacca “in omaggio” la possibilità di comperare le sue azioni in Telecom Italia. Questo è quello che vale la partecipazione di maggioranza relativa nell’ex-monopolista pubblico: un’opzione regalata all’interno di un’operazione sul mercato brasiliano.
Telefonica, con l’operazione su Gvt, non si inventa nulla di particolarmente esotico, né di particolarmente innovativo. La fusione ha e aveva un senso industriale enorme per chiunque la volesse vedere. La differenza tra Telefonica e Telecom Italia è che la prima ha una strategia e un management di livello e adeguato al compito per perseguirla e la seconda no. La notizia di ieri è la dimostrazione più lampante del fatto che Telecom Italia non riesca a produrre una strategia propria con un management che, semplicemente, o è inadeguato oppure non ha per davvero le leve in mano, o forse un mix delle due cose. L’ennesima grande occasione sprecata per Telecom Italia a danno dei suoi azionisti avverrà senza particolari conseguenze.
Rimarrà sul tavolo anche il tema dell’investimento sulla rete che un operatore privato difficilmente si può sobbarcare senza garanzie in un contesto regolamentare, anche italiano, estremamente complicato se non sfavorevole. Dovrebbe essere una priorità per il “sistema Paese” attualmente impegnato, però, in una grande riforma istituzionale.