Quando il vicepresidente del più grande gruppo mondiale dell’asset management, BlackRock, scrive di politica monetaria e offre consigli per rilanciare la crescita nell’eurozona direttamente dalle pagine del Financial Times è sempre il caso di leggere attentamente; se il fondo in questione poi negli ultimi mesi si è distinto per uno shopping in grande stile sul mercato italiano (tra cui il 5% di Intesa Sanpaolo e Unicredit – la prima e la seconda banca italiana) allora la lettura diventa obbligata. Philipp Hildebrand, vicepresidente di BlackRock, specifica immediatamente la premessa con un inizio che non lascia grande spazio all’immaginazione: “Ancora una volta questi sono giorni bui per l’eurozona”; “il rendimento del decennale tedesco è sceso sotto l’1% per la prima volta la scorsa settimana segnalando che gli investitori si aspettano che la crescita rimanga anemica” mentre si chiede alla Bce di iniziare un programma di quantitative easing. I principali problemi dell’Europa però, sostiene Hildebrand, sono strutturali e un quantitative easing non li risolverebbe.
Non è del tutto scontato che da un fondo che ha deciso di investire così massicciamente in Europa e in Italia arrivi un’analisi di questo tenore e che non si auspichi un intervento che invece piacerebbe, e molto, ai “mercati” sicuramente per finire l’anno tranquilli e probabilmente per mettere al riparo il bonus 2014. I problemi dell’Eurozona sono specifici: “L’economia tedesca è ancora fondamentalmente forte”, anche se le prospettiva si deterioreranno se il governo deciderà di continuare con “passi retrogradi come l’innalzamento dell’età pensionabile” (sarebbe l’unica riforma vera e sensibile fatta in Italia negli ultimi tre anni….); la situazione secondo Hildebrand è migliorata in Spagna e Portogallo e perfino in Grecia; i problemi profondi riguardano invece la Francia e l’Italia e nessun quantitative easing, per quanto grande, potrà risolverli.
I governi di questi Paesi devono “riformare il mercato del lavoro, ridurre le tasse alle imprese, liberare le aziende dalla burocrazia e continuare a ristrutturare le finanze pubbliche” e “limitarsi a parlare delle riforme non è abbastanza”. Sul banco degli imputati finiscono sia Francia che Italia, ma è evidente a tutti che la situazione italiana, anche nella percezione degli investitori, è sensibilmente peggiore.
Un programma di quantitative easing non è auspicabile perché creerebbe ulteriori distorsioni sui mercati che “gli investitori constatano ogni giorno”. Da questo punto di vista, se la Bce decidesse di copiare la Fed la situazione non farebbe altro che peggiorare. La questione principale, per il vicepresidente di BlackRock, è quella di allineare i sistemi bancari europei e di fare in modo che i benefici dei bassi tassi di interesse passino ai clienti con maggiori e meno costosi crediti. Per questo il consiglio a Draghi è che concentri ogni sforzo sulle banche europee per rimediare a ogni deficit patrimoniale esistente.
La conclusione di Hildebrand è ancora più chiara: il programma di acquisto di obbligazioni della Fed ha contribuito alla ripresa dell’economia americana, ma i problemi europei sono diversi e si insidiano nei mali strutturali di Italia e Francia e nella debolezza della banche europee: “Nessun Qe curerà questo malessere. L’Europa ha bisogno di sue idee. Non può semplicemente copiare la Fed”.
L’analisi di Hildebrand ha diversi meriti. Il primo è semplicemente quello di evidenziare che l’andamento dell’economia europea è un problema e che la crescita dell’eurozona attualmente è a rischio mentre ampie parti ne sono completamente escluse. Il secondo è che l’azione delle banche centrali, per quanto necessaria, non può da sola risolvere ogni problema e di certo non è sufficiente per riportare a una crescita sensibile; in altre parole, se l’obiettivo è quello di promuovere la crescita in tutto il continente servono altre politiche diverse da quelle che sono state adottate finora. L’ultimo è che non ci sono alternative alle riforme utili a rilanciare l’economia e che limitarsi a continuare a parlarne non cambia le cose.
Un’ultima nota: se la situazione europea e in particolare italiana è quella descritta non c’è molto tempo da perdere e il prossimo autunno potrebbe già rivelarsi particolarmente “sfidante”.