Nelle ultime settimane la Milano finanziaria – raccolta attorno a Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mediobanca – si è ritrovata indaffarata attorno a numerosi grandi progetti di fusione/acquisizione. Qualcosa di più di un semplice bollettino d’affari. Un primo dossier ha ipotizzato – fino all’altro giorno – che Intesa Sanpaolo aggregasse le Generali (controllate da UniCredit-Mediobanca): per evitare una possibile scalata francese di Axa alla compagnia triestina e per dar vita a un “campione nazionale” in campo bancario-assicurativo. Le grandi banche della City meneghina non hanno trovato un accordo e l’ipotesi è stata archiviata. O forse solo congelata. Nel frattempo UniCredit ha condotto in porto una maxi-ricapitalizzazione da 13 miliardi: e non è più un problema nell’Italia delle banche, ancora lastricata di problemi. La Milano delle banche può ancora trovare un suo posto nell’Europa “di prime serie”. È quindi improbabile che Intesa Sanpaolo, UniCredit e Mediobanca-Generali non tornino a parlarsi: a confrontarsi, in ultima istanza, sul destino della piattaforma finanziaria che le ha partorite e fatte crescere lungo molti decenni.
Le tre banche, intanto, si stanno già ritrovando giorno dopo giorno ad altri tavoli-Milano. Da due mesi è aperto quello attorno a Mediaset. Un tavolo-campo di battaglia. Il broadcaster del gruppo Fininvest è sotto scalata della francese Vivendi, guidata dal finanziere Vincent Bollorè: grande azionista di Mediobanca e, da un anno, padrone di Telecom (tuttora il maggior operatore nazionale delle tlc, con sede legale a Milano). Mediaset ha scelto UniCredit come advisor difensivo e ha fatto appello anche a Intesa Sanpaolo per una possibile controffensiva sul mercato. Per ora le barriere protettive sono state allestite dalla Procura di Milano, che indaga su Vivendi per presunto aggiotaggio; e da una bozza di normativa “anti-scorreria” caldeggiata dal ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda. Mediobanca, desiderosa di ritrovare un po’ della tradizione di Enrico Cuccia, si tiene di riserva per una possibile mediazione finale. La politica (il voto francese fra un paio di mesi, quello italiano fra otto o dodici mesi) non sembra aiutare soluzioni veloci: ma non è detto che Milano non sappia far da sé, accelerando i tempi. Senza attardarsi sulle velleità del primo Matteo Renzi o sul lungo declino dell’ultimo Silvio Berlusconi.
Non da ultimo, Milano è china su un altro destino: quello del polo Ieo-Monzino, un pezzo d’eccellenza di una vocazione ormai consolidata nel campo delle scienze biomediche. Ancora una volta, a orientare/decidere la partita: Mediobanca, UniCredit e Intesa, tutti soci del polo. Dopo la scomparsa di Umberto Veronesi, a Ieo-Monzino è giunta un’offerta amichevole e concordata dai gruppi Rocca e Rotelli: entrambi milanesi, entrambi punte di diamante del modello-Lombardia nell’healthcare, di eccellenza consolidata nell’ultimo quarto di secolo. L’Humanitas da un lato; il Policlinico San Donato e il San Raffaele 2.0 dall’altro: due concorrenti; due ospedali-università, due player su una stessa piattaforma di clinica e ricerca biomedica con ambizioni di competitività globale.
Humanitas si dice interessata al futuro dello Ieo, il San Donato a quello del Monzino. Una vicenda di mercato? Sì, ma non solo. Mediobanca (fondatrice dello Ieo) starebbe comunque frenando: complice la fase di rapporti freddi con Intesa Sanpaolo (vedi piano generali e prima ancora Opa Cairo su Rcs). La banca guidata da Carlo Messina è infatti alle spalle dell’iniziativa Rotelli-Rocca.
(La conclusione stereotipata di un articolo come questo è: “si vedrà”. L’auspicio è di vedere qualcosa, “le cose giuste”.)