Altro giro, altro regalo. Ieri il Tesoro ha collocato 8,5 miliardi di Btp, piazzando l’importo massimo rispetto a un range di offerta tra 6,5 e 8,5 miliardi di euro. Nel dettaglio, il Btp tre anni maggio 2017 cedola 1,15% è stato assegnato per 3,5 miliardi, a fronte di una forchetta tra 3 e 3,5 miliardi, per un rendimento dello 0,89%, ai minimi dall’introduzione dell’euro, rispetto all’1,07% dell’asta di metà maggio: la bid-to-cover è risultata pari a 1,63 da 1,53 del mese scorso. Inoltre, ha collocato tutti i 4 miliardi della prima tranche del nuovo sette anni 15 dicembre 2021 coupon 2,15% rispetto a un’offerta per 3-4 miliardi: il rendimento è passato al 2,12% dal 2,29% del mese scorso sul titolo 15 maggio 2021, con un rapporto di copertura pari a 1,42 dal precedente 1,53. Infine, il 30 anni settembre 2044 cedola 4,75% è stato assegnato per un miliardo a fronte di un range di offerta fra 500 milioni e un miliardo. Anche in questo caso il tasso lordo è sceso al 4,05% dal 4,27% dell’11 aprile, con una bid-to-cover di 1,39 da 1,51. Insomma, anche questa volta le banche italiane – ringalluzzite per i 400 miliardi di euro che Draghi regalerà nell’asta di rifinanziamento di settembre – hanno fatto il loro dovere: zero credito, tutto debito (sovrano).
Ma c’è di più, ad aprile la produzione industriale è cresciuta nell’eurozona: +0,8% dopo -0,4% a marzo, mentre nell’Ue +0,7% dopo -0,3%. In media gli economisti si attendevano un incremento mensile dello 0,5%. A marzo l’aumento di produzione più forte è stato registrato sull’energia, con un +2,5% ma va segnalato anche il solido +2,1% dei beni di consumo non durevoli. Rispetto ad aprile 2013, l’aumento è stato dell’1,4% nell’Eurozona e del 2,1% nell’Ue. In Italia +0,7% ad aprile dopo -0,4% a marzo, con un aumento rispetto ad aprile 2013 del +1,6%. Insomma, si va col vento in poppa.
Proprio sicuri? Io no e a darmi la conferma ci ha pensato nientemeno che il bollettino mensile di politica monetaria della Bce, nel quale l’Eurotower ha ribadito la prontezza a intervenire con un ulteriore allentamento di politica monetaria nel caso in cui servisse affrontare rischi connessi a un periodo di bassa inflazione eccessivamente prolungato, sottolineando poi come il Consiglio direttivo sia unanime nell’impegno a ricorrere anche a strumenti non convenzionali. Certe filastrocche infantili sono meno ripetitive.
Dopo aver ribadito gli strumenti che intende mettere in campo – taglio dei tassi, nuove aste Ltro, acquisto di Abs ed eliminazione della sterilizzazione degli acquisti – l’Eurotower incappa però in una clamorosa revisione al ribasso delle proprie stime. Il pacchetto di misure presentato da Draghi giovedì scorso è infatti sì finalizzato a riportare l’inflazione verso il target del 2%, ma è la stessa Bce a confermare come per ora la strada sia ben lontana. Nel bollettino mensile, la Banca centrale ha infatti tagliato le stime sull’inflazione nell’Eurozona, con un tasso ora previsto allo 0,7% quest’anno e all’1,1% il prossimo, mentre le stime dello scorso marzo parlavano di un tasso di inflazione all’1% nel 2014 e all’1,3% nel 2015: quanto al 2016, l’indice dei prezzi al consumo è atteso all’1,4%.
Prepariamoci a ulteriori ribassi futuri: è inutile prenderci in giro, siamo in piena deflazione, se non addirittura in stagflazione. E qui arriva il ridicolo. Nonostante questa ammissione, infatti, la Bce dice di non temere la deflazione: «Nel confronto con episodi storici di vera deflazione nelle economie avanzate, il rischio di deflazione nell’area euro sembra remoto allo stato attuale. Non vi sono evidenze di un calo dei prezzi marcato e generalizzato, e le aspettative sul medio-lungo termine rimangono ben ancorate. Inoltre, la ripresa economica prosegue, contribuendo a un graduale assorbimento del sottoutilizzo della capacità produttiva», ha precisato l’Eurotower. E ancora: «Il protrarsi di tassi di inflazione positivi ma bassi, però, potrebbe essere, in determinate circostanze, fonte di timori e richiedere un’appropriata risposta di politica economica», ha aggiunto, sottolineando che i rischi devono essere valutati per l’area nel suo complesso, dato che nell’ambito di un’unione monetaria l’inflazione negativa nei singoli paesi potrebbe riflettere variazioni dei prezzi relativi per recuperare competitività.
Quindi, dopo sei anni di crisi nera la Bce vuole venderci la favoletta che ci sarebbe ancora spazio, in paesi devastati da disoccupazione di massa e crescita zero, per la svalutazione competitiva: questi sono o pazzi o in malafede, non ci sono ulteriori alternative. Tanto più che basta proseguire poche pagine nella lettura del bollettino per rendersi conto che la situazione non è nera, è nerissima. Per la Bce, infatti, la ripresa economica di Eurolandia, pur proseguendo si è rivelata «più debole delle attese», con il Pil cresciuto solo dello 0,2% nel primo trimestre dell’anno rispetto al periodo precedente e i risultati delle ultime indagini congiunturali hanno indicato una crescita moderata anche nel secondo trimestre. L’economia è prevista in crescita dell’1% quest’anno, laddove lo scorso trimestre era stata stimata un’espansione dell’1,2%, mentre sono migliorate le previsioni per il 2015 (dal +1,5% calcolato a marzo al +1,7%) e sono rimaste invariate le attese di una crescita dell’1,8% nel 2016.
Insomma, il solito giochino: sul breve non ci può permettere figuracce e quindi si rivede al ribasso, prendendo invece tempo per il futuro e sperando in un miracolo: siamo alla follia. Per la Bce, infatti, la domanda verrà sostenuta da una serie di fattori, fra cui l’orientamento accomodante della politica monetaria, i continui miglioramenti delle condizioni di finanziamento che si trasmettono all’economia reale, i progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e le riforme strutturali, oltre agli incrementi del reddito disponibile reale attribuibili a prezzi dell’energia più contenuti.
Insomma, si stimano come acquisiti fatti che ancora non si sono avverati: siamo certi che si riattiverà la concessione di credito al settore privato? No, quasi certamente le banche prenderanno i soldi per mettere a posto i bilanci e comprare debito pubblico. Sicuri che si stia viaggiando verso un risanamento dei conti pubblici? No, le ratio di sostenibilità del debito stanno peggiorando ovunque e continuamente nella cosiddetta “periferia” dell’Ue, Italia in testa che sfonda un record (in negativo) dopo l’altro. Le riforme strutturali? Quali, quelle imposte della troika a Grecia e Portogallo, ovvero privatizzare a costi ridicoli anche l’aria? Sono misure una tantum, perché non si può vendere ogni anno la stessa azienda controllata. Incrementi del reddito disponibile? Quali, visto che si stanno erodendo sempre più i risparmi e che addirittura in un Paese che non ha l’euro né la Bce come il Regno Unito la gente sta accendendo mutui per importi che sono mediamente tre volte il proprio reddito?
Devo continuare? Ma per l’Eurotower ci sono anche note positive, più precisamente dal mercato del lavoro. La Bce ha infatti stimato un tasso di disoccupazione all’11,8% quest’anno, all’11,5% il prossimo e all’11% nel 2016, a fronte delle precedenti stime che prevedevano un tasso all’11,9% nel 2014, all’11,7% nel 2015 e all’11,4% nel 2016. Tuttavia, considerando che i prestiti alle imprese da parte delle banche si sono contratti, ad aprile, del 2,7% rispetto all’anno prima, la Bce ha invitato le banche e le autorità politiche a intensificare i propri sforzi, osservando che l’Italia e la Spagna sono i paesi che presentano i vincoli finanziari più severi. Ma vah? Sempre detto io che a Francoforte ci sono dei fenomeni che pensano a noi.
Per la Bce, le banche dovrebbero approfittare degli stress test e dell’Asset quality review per migliorare la loro posizione patrimoniale e la solvibilità, contribuendo così a superare eventuali restrizioni all’offerta di credito che potrebbero ostacolare la ripresa: peccato che proprio quei due appuntamenti stiano portando le banche a stringere sempre di più i cordoni del credito, visto che sono già pesantemente sottocapitalizzate. I governi dell’Eurozona, invece, per la settecentoventicinquesima volta, sono stati invitati a portare avanti le misure di finanza pubblica e le riforme strutturali. Per quanto riguarda l’Italia, l’istituto centrale ha chiesto al Bel Paese di accrescere gli sforzi di risanamento per assicurare l’obiettivo di bilancio di medio termine e l’osservanza del parametro per il debito, con la priorità di imprimere uno stabile andamento discendente al cospicuo debito in rapporto al Pil: una novità assoluta.
In ogni caso, l’Italia fa parte del gruppo di paesi che negli ultimi anni ha conseguito «una correzione sostenibile» del disavanzo eccessivo, ha ricordato la Banca centrale, pur sottolineando che il Paese è anche tra i sei di Eurolandia in cui, dal 2009 al 2013, si è verificato un protratto calo del reddito delle famiglie, insieme a Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo e Slovenia, mentre in Germania, Francia, Paesi Bassi, Austria e Finlandia dal 2010 si è registrata «una robusta crescita del reddito disponibile delle famiglie». Che strano, non l’avrei mai detto che le politiche finora portate avanti – anche dalla Bce – avessero favorito l’Europa del Nord a discapito di quella del Sud, la cosa mi stupisce non poco.
Ora, per finire, togliamo di mezzo l’ironia: stando agli ultimi dati dell’autorità di statistica greca, Elstat, l’indice di prezzi al consumo ellenico ha subito a maggio un nuovo record di diminuzione: – 2%, con l’indice di deflazione che sta accelerando a un’andatura impressionante rispetto al -1,3% di aprile e al -0,4% di un anno fa. Di più, maggio 2014 ha rappresentato per la Grecia il 15mo mese consecutivo di deflazione. Ma la Bce non ha timori al riguardo: attenzione, perché qui rischia davvero di finire male.