Nel diluvio, finora scarsamente contrastato, di apprezzamenti a Matteo Renzi, quelli recentemente espressi da Pier Silvio Berlusconi sono subito stati messi in particolare risalto, attribuendo loro un significato politico. Anche nella recente intervista de Il Corriere della Sera al giovane Berlusconi si parla di “endorsement” a Renzi, ottenendo dall’intervistato risposte giustamente scontate: Renzi è un buon comunicatore, è giovane, ha preso più del 40% di voti, chi se non lui può dare la scossa di cui necessita il Paese?
Per la verità, Pier Silvio Berlusconi sulla questione delle riforme una precisazione la fa: dipende da come e se le farà. A giudicare dalle recenti notizie di cronaca, forse l’endorsement è di Renzi verso Berlusconi padre, per quanto possa essere strumentale. L’intervista contiene per fortuna cose più interessanti, a partire dalla conferma dell’entrata di Telefónica in Mediaset Premium con una quota dell’11,11% e con un investimento di 100 milioni di euro. Berlusconi ha inoltre confermato che continuano i contatti con altri possibili partner, Al Jazeera e Vivendi ma non solo.
In un precedente articolo ho già cercato di descrivere i possibili sviluppi di questa nuova situazione, avanzando l’ipotesi che alcuni di essi potessero essere al limite della fantaeconomia, ma i primi passi compiuti dalle due società sembrano rendere più reali queste ipotesi. Infatti, non solo si è verificata l’entrata di Telefónica in Premium, ma sono stati confermati di massima gli altri accordi di collaborazione in Spagna, ovvero la fornitura di contenuti e la gestione della pubblicità per Digital + da parte di Mediaset.
Inoltre, sarebbe strano che Berlusconi continuasse a parlare di apertura ad altri partner senza il consenso di Telefónica, il che rende del tutto concreta l’ipotesi di una piattaforma internazionale di pay-tv, sia pure con la Spagna per il momento al di fuori di essa. Nella citata intervista, il vicepresidente di Mediaset dimostra idee molto chiare su questo punto, quando afferma la necessità di trovare partner internazionali che permettano di accedere al mercato di lingua inglese, mettendo forse così in secondo piano la francese Vivendi e più in risalto Al Jazeera, o qualche società anglosassone per il momento “coperta”.
Al giornalista de Il Corriere della Sera, che gli chiede opportunamente perché non un accordo diretto con Telecom Italia, di cui Telefónica è il maggior azionista, Pier Silvio Berlusconi risponde che questo era stato il tentativo di 14 anni fa, bloccato per il conflitto di interessi del politico Silvio Berlusconi. Aggiungendo che ora “la situazione è completamente cambiata, l’orizzonte non può e non deve essere più solo nazionale, lo dimostra la stessa estensione del gruppo che fa capo a Murdoch”. Insomma, quello che nel precedente articolo sembrava al limite della fantaeconomia pare, invece, rientrare nello scenario ipotizzato da Pier Silvio Berlusconi e, a quanto pare, anche da César Alierta.
Rimane quindi confermato che il punto centrale di tutta la questione è il ruolo di Telefónica in Telecom Italia, e si può cogliere qualche indicazione di un passaggio da una guerra di posizione a una guerra di movimento, adeguandosi a ciò che sta accadendo a livello internazionale.
Il vertice di Telefónica si è probabilmente reso conto che lo stallo in Telecom sta diventando dannoso per tutti e che, consolidata la posizione in Spagna e notevolmente rafforzata quella in Germania con l’acquisizione di E-plus, anche il mercato italiano debba essere affrontato in modo attivo.
La cessione della quota a un’altra società telefonica sembra difficile, per questioni strategiche e per il forte indebitamento che rende Telecom non molto appetibile; né paiono esserci all’orizzonte imprenditori italiani disposti a farsene carico. D’altro canto, la gestione attiva della società potrebbe
Essere possibile senza ulteriori acquisizione di quote da parte degli spagnoli.
Attorno a un piano concreto e credibile di sviluppo di Telecom, Telefónica potrebbe raccogliere il consenso di altri soci come i fondi di investimento o la Findim di Fossati, preoccupati per un investimento che non sta dando troppe soddisfazioni. Da tener presente che Telefónica e Findim insieme arriverebbero a poco meno del 20% e che Telco “gestiva” la società con poco più del 22%.
Il cerchio potrebbe poi chiudersi con la realizzazione di ulteriori collaborazioni e joint venture, se non proprio di fusioni, con Mediaset. La ripresa del progetto di scorporo della rete fissa e la vendita di Tim Brasile potrebbe contribuire a ridurre sensibilmente il debito, consentendo investimenti nello sviluppo delle aree più promettenti del settore.
Come ha detto Pier Silvio Berlusconi nella citata intervista, “non ci si può non porre il problema di come essere competitivi oggi e in futuro e se un’azienda italiana senza forti alleanze internazionali può farcela da sola.” Obiettivamente, non pare che né Mediaset, né Telecom ce la possano fare da soli, e ciò rende plausibile lo scenario qui proposto.
Rimane da rilevare il silenzio di Renzi e del governo su queste questioni, come sulle vicende Fiat, quasi che il destino di queste importanti aziende non rivestisse nessun interesse. È tuttavia possibile che il governo se ne stia, invece, occupando dietro le quinte del palcoscenico così rumorosamente occupato da Renzi, ma in tal caso sarebbe opportuno che venissero informati anche i cittadini, che non possono essere ridotti al solo ruolo di spettatori plaudenti.