È eccessivo parlare di summit a proposito della due giorni dell´International Financial Stability Forum in corso a Roma, ospite la Banca d´Italia. Il Governatore Mario Draghi, da un anno presidente dell´Ifsf, ha riunito in Via Nazionale colleghi banchieri centrali come Lucas Papademos (Bce) e Randall Kroszner (Fed); capi di authority creditizie e di Borsa come Jochen Sanio (Bafin tedesca), Callum McCarthy (Fsa inglese) e Kathleen Casey (Sec), oltre a rappresentanti governativi come David Mac Cormick, vice di Hank Paulson al Tesoro Usa.
Poche ore dopo l´appello congiunto del presidente francese Nicolas Sarkozy e del premier britannico Gordon Brown per un´accelerazione dell´uscita dalla crisi finanziaria sul sentiero di una maggior trasparenza, i quaranta sherpa radunati in Via Nazionale devono mettere a punto la bella copia di un report delicatissimo: quello che dovrà consigliare in modo ufficiale la sessione primaverile del Fondo monetario internazionale che si apre a Washington il 12 aprile.
Le raccomandazioni provvisorie del “club Ifsf” sono note e si articolano in sei punti: la riforma delle strutture di vigilanza nazionale e sovrannazionale; l’evoluzione del modello bancario “originate to distribuite” che ha causato l’indebolimento del controllo del rischio esploso nella crisi dei subprime; la trasparenza in calo sui mercati globalizzati; il modus operandi delle agenzie di rating; il coordinamento delle politiche monetarie d´emergenza tra le banche centrali e soprattutto la gestione delle crisi bancarie. L´interim report dell´Ifsf era stato redatto quando già era esploso il caso Northern Rock (oggi già nazionalizzata dal Governo britannico), ma erano ancora ignote le crisi SocGen, Ubs e soprattutto quella di Baer Stearns, tamponata solo pochissimi giorni fa dalla Fed con un intervento diretto che ha fatto molto discutere, pur avendo scongiurato a Wall Street un terremoto dalle conseguenze imprevedibili.
Ma mentre ancora ci si interroga sulla consistenza effettiva finale dei rischi che hanno via via messo a repentaglio la stabilita di mercati e intermediari (la stima di 600 miliardi di dollari sembra ancora provvisoria), anche nella discussione riservata e selettiva dell´Ifsf due ipotesi sono diventate praticamente certezze: le autorità di vigilanza nazionali e internazionali, variamente specializzate e rinnovate (l´authority unificata inglese Fsa ha solo una decina d´anni) sono manifestamente non più in grado di tenere sotto controllo lo sviluppo impetuoso di mercati che (seconda evidenza) nonostante il progressivo livello di integrazione, professionalizzazione e sviluppo tecnologico, continuano a non bastare a se stessi come vorrebbero tuttora le dottrine liberiste pure. E se di fronte all´estensione e alla profondità della crisi è naturale che risorgano le spinte alla regolamentazione e alla ri-pubblicizzazione di alcuni settori o funzioni della finanza (basta osservare le esplicite richieste in tal senso di entrambi i candidati democratici alla Casa Bianca), la sessione dell´Ifsf è già una testimonianza di come la logica della sussidiarietà si faccia strada anche nei territori del capitalismo finanziario: il tavolo aperto a tutte le componenti del mercato (operatori, governi, authority indipendenti, ecc.) testimonia la volontà di trovare formule nuove rispetto al puro gioco dei mercati o ad approcci dirigisti. Il prenditore di un mutuo subprime, si è rivelato anzitutto un soggetto sprovvisto di una “financial education” sufficiente a fargli valutare correttamente i rischi legati alla richiesta di un prestito a condizioni sfavorevoli: esattamente come poco informato o poco istruito è stato chi via via ha sottoscritto i titoli costruiti a spirale su quel mutuo subprime. Le banche, a loro volta, si sono trasformate troppo velocemente in imprese “profit oriented”, laddove invece la moneta e il credito conservano alcune caratteristiche di “bene pubblico”.
Stati e authority non hanno potuto seguire all’infinito un’industria finanziaria “around the world – around the clock”, che non dorme mai e fa più volte il giro del mondo in poche ore. Qui la vera “autorità di vigilanza” non può essere che la “società civile” dei mercati globali: cioè tutti coloro (investitori, debitori, intermediario, legislatori, vigilanti) che non sono disposti a rinunciare ai benefici della concorrenza e dell’innovazione, ma sanno che la responsabilità condivisa è sempre più un fattore produttivo strategico per lo sviluppo di un’economia e di una finanza non dopate.