Buona la prima, anzi, meglio del previsto. Finora la Juventus si era mossa a fari spenti. L’estate, tradizionalmente stagione inebriante ma ingannevole, era partita con il botto, con le dimissioni-shock di Antonio Conte dopo il primo giorno di ritiro. Poi, l’arrivo in meno di 48 ore di Massimiliano Allegri, una campagna acquisti mirata, la trasferta in Asia contro avversarie di medio-basso livello e la ridda di voci sulla caccia a fuoriclasse più o meno acquistabili (da Jovetic a Hernandez, da Shaqiri a Falcao). In mezzo, una sconfitta imprevista e sconcertante con i dilettanti del Lucento, un modesto pareggio a reti inviolate contro il neopromosso Cesena e un Trofeo Tim a Reggio Emilia segnato da una sconfitta con il Milan di Inzaghi, che aveva aperto qualche squarcio d’inquietudine, e da una striminzita vittoria per 1-0 contro il Sassuolo grazie a un tocco-rimpallo di Pereyra. Nel mezzo, le critiche a un allenatore percepito e accolto come un corpo estraneo al Dna della juventinità e un annunciato quanto difficile passaggio tattico dal collaudatissimo e vincente (almeno in Italia) 3-5-2 marchiato Conte al nuovo 4-3-…
Poi arriva il calcio che conta, quello dei tre punti. Si mette da parte tutto il resto e quando l’arbitro fischia il primo calcio d’inizio è come se iniziasse una nuova pagina, una nuova avventura. E così, dopo nemmeno quattro minuti contro il Chievo la Juventus targata Allegri ha già collezionato un possesso palla continuo e fluido e due occasioni con Tevez l’Apache e Coman il Barbaro. Al 6° minuto i bianconeri si ritrovano meritatamente in vantaggio grazie a una fortunosa carambola dopo un colpo di testa di Caceres. Da lì in avanti la partita fila via liscia e tranquilla: la Juventus alla fine colpisce tre pali (record degli ultimi dieci anni, nella speranza che il “bonus” sia stato non dico esaurito, ma almeno ampiamente consumato), costruisce una decina di palle-gol limpide, tira verso la porta di Bardi una ventina di volte e soprattutto mette in vetrina un possesso palla (75%) esagerato. E’ vero che il Chievo arriva da una mezza rivoluzione (ha cambiato sette undicesimi) e come una rondine non fa primavera anche una singola partita non fa un campionato, ma le premesse restano comunque buone. La Juventus è ripartita con Allegri (complimenti per l’umiltà) dallo stesso punto in cui l’aveva lasciata Conte: vittoria e supremazia territoriale. Fin qui le similitudini. Ora vediamo le differenze, in positivo e in negativo.
Da migliorare c’è soprattutto la fase difensiva complessiva, specie quando si tornerà (sicuramente in Champions League) al modulo a quattro, che finora non è stato metabolizzato a dovere anche da giocatori (vedi Evra) già abituati da anni a questo modulo. In secondo luogo, è chiaro che la ferocia agonistica è un marchio di fabbrica del “sergente Hartmann” Conte, ma un po’ più di cattiveria, di determinazione, di rabbia non guasterebbe. Terzo: aggiustare al più presto la mira sotto porta, altrimenti si rischi, come contro il Chievo, di buttare al vento una vittoria saldamente in pugno (e meno male che c’è ancora Buffon tra i pali, capaci di ipnotizzare Maxi Lopez e di prodursi in un tuffo decisivo dopo 80 minuti di assoluta inoperosità).
Di positivo, invece, il già citato possesso palla, frutto di una fluidità di gioco garantita da interpreti di centrocampo di primissimo piano (la mediana bianconera annovera campioni del calibro di Pirlo, Pogba, Vidal, Marchisio, Asamoah e Pereyra). Ma la vera nota lieta è un’altra: gli attaccanti della Juve, grazie al sistema di gioco di Allegri molto incentrato sulle verticalizzazioni e sulle sponde per gli inserimenti, ora giocano faccia alla porta. Llorente ne ha già ampiamente beneficiato, Tevez deve solo aggiustare la mira, Giovinco – come si è visto nelle amichevoli in Oriente – è più libero di giostrare su tutto il fronte offensivo. Alvaro Morata lo aspettiamo a braccia aperte. E Coman? Beh, presentandosi con il repertorio che ha mostrato al Bentegodi, la febbre e il mal di testa li ha fatti venire ai giocatori del Chievo. Noi juventini ci lustriamo gli occhi con un nuovo Pogba (complimenti a Marotta e Paratici).
Ora c’è la sosta della Nazionale (auguri a mister Conte per la sua nuova avventura azzurra), quindici giorni per aggiustare la preparazione fisica e perfezionare le lezioni tattiche, poi sarà partita contro l’Udinese dell’eterno Di Natale. Il primo ruggito è arrivato e anche allo Juventus Stadium sarà criniera al vento. E soprattutto: non riserviamo ad Allegri lo stesso trattamento che subì a suo tempo Carlo Ancelotti…