Nell’Introduzione al XVI Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato (a cura dell’Isfol e relativo al 2015), il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba, con la competenza che tutti gli riconoscono, mette in evidenza quelle che sono la maggiori criticità dell’istituto, il quale, per quanto siano generali e condivisi gli auspici di una sua valorizzazione come soglia di accesso dei giovani al lavoro, in realtà fatica ad affermarsi.
1. Gli incentivi. L’esonero totale dal versamento contributivo riconosciuto all’apprendistato può indubbiamente rappresentare un fattore di maggiore attenzione per le imprese, ma solo a condizione di una sostanziale chiarezza di obblighi e procedure che nel vecchio apprendistato non sono state conseguite. In questo contesto le misure di decontribuzione previste per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti hanno rappresentato una condizione di concorrenzialità tra le due forme contrattuali, ma non perché l’apprendistato fosse improvvisamente diventato meno conveniente, ma perché manteneva profili di insufficiente chiarezza in ordine alle modalità con cui le aziende avrebbero dovuto erogare la formazione in cooperazione con le Regioni e con le istituzioni formative. In effetti il contratto a tutele crescenti – defalcato di ogni onere contributivo – ha di fatto cannibalizzato un apprendistato che era già di per sé caratterizzato da un’intrinseca debolezza e da un’incapacità di esprimere un vero appeal per le imprese, nonostante le molte revisioni a cui è stato sottoposto nell’ultimo decennio.
2. I settori più consolidati di impiego degli apprendisti. Il calo considerevole del ricorso all’apprendistato nelle assunzioni è dovuto anche al fatto che, nei tre settori a più elevata concentrazione di apprendisti, gli effetti della crisi si sono abbattuti con più pesantezza. Ciò vale per il settore delle costruzioni, vale per l’artigianato dove la chiusura di numerose aziende ha comportato un impoverimento delle tradizioni produttive del made in Italy, vale anche per le attività commerciali che hanno subito forti contraccolpi, soprattutto nelle piccole aziende, dovuti sia alla stagnazione dei consumi interni che alla forte concorrenza dei grandi centri commerciali.
3. Diverse tipologie di apprendistato. Anche per il 2015 è confermata la netta prevalenza dell’apprendistato professionalizzante rispetto agli apprendistati a finalità formativa di primo e terzo livello. Con il 95% di tutti i rapporti di apprendistato esistenti, quello professionalizzante nel 2015 riduce ad ambiti ormai assolutamente irrisori quelli riconducibili a forme di apprendimento duale come il primo e il terzo livello. Di conseguenza, questa ormai consolidata parabola evolutiva, ha fatto perdere all’apprendistato quasi totalmente la connotazione di contratto formativo per privilegiare, invece, con l’apprendistato professionalizzante, le caratteristiche tipiche di un contratto di inserimento lavorativo.
4. Si innalza l’età media. In questi ultimi anni l’età media degli apprendisti occupati si è progressivamente alzata. Anche qui il primo elemento di spinta è stata la crisi che ha colpito più duramente le fasce più giovani del mercato del lavoro (in particolare tra i 15 e i 24 anni). Va tuttavia rilevato come questa tendenza sia anche dovuta al progressivo abbandono da parte delle imprese della tipologia più giovanile dell’apprendistato formativo, cioè quello per la qualifica ed il diploma. Tipologia contrattuale particolarmente complicata da gestire sia perché spesso si ha a che fare con minori, sia per la difficoltà ad organizzare concretamente i percorsi formativi.
Vien fatto di pensare, anche sulla scorta di quanto scrive Bobba che siano gli aspetti normativi, connessi a contenuto misto del contratto di apprendistato e agli obblighi della formazione, a scoraggiare l’uso di questo strumento o a determinarne l’utilizzo nella tipologia professionalizzante. Anche perché, da un punto di vista del costo del lavoro, la contribuzione agevolata prevista per il rapporto di apprendistato rimane certamente più competitiva delle altre. Soprattutto per le piccole imprese. Ipotizziamo, infatti, di voler assume un lavoratore con retribuzione lorda mensile pari a 1000 euro (a tempo pieno) per un datore di lavoro inquadrato nel settore industriale con meno di 15 dipendenti. Valutiamo (riepilogandola nella tabella a fondo pagina) la riduzione del carico contributivo su base mensile mettendo a confronto la contribuzione agevolata ex lege con quella piena (teorica).
Ciò nonostante, non solo l’apprendistato stenta a decollare, ma addirittura si muove lungo un trend discendente. L’ultimo triennio 2013-2015 conferma l’andamento decrescente dei contratti di apprendistato iniziato a partire dal 2009, che si accentua in particolare nel 2015; in quest’anno il numero medio di rapporti di lavoro con almeno una giornata retribuita è risultato pari a 410.213 in flessione dell’8,1% rispetto all’anno precedente, con una perdita di circa 36.000 rapporti di lavoro. In lieve crescita l’età media dei lavoratori con contratto di apprendistato, che passa dai 24,5 anni nel 2013 ai 25 anni nel 2015. A livello territoriale possiamo notare che nel 2015 nel Sud si registra la flessione più alta (-13,8%), mentre il Nord-Est ha avuto variazioni negative più contenute (-5,4%) consolidando il divario con l’Italia Centrale. Anche nell’area del Nord-Ovest, che nel 2014 aveva mostrato un recupero di posizioni lavorative medie in apprendistato (+0,7% rispetto al 2013), è tornato il segno negativo nel 2015 (-6,6%).
Il trend decisamente negativo è iniziato dopo il 2008 in tutte le ripartizioni geografiche, con il Nord-Ovest che continua a essere la zona con il maggior numero di contratti in apprendistato, il Centro che aveva “sorpassato” il Nord-Est nel 2010 per poi tornare a un livello inferiore, e il Sud con un numero medio di rapporti di lavoro molto più basso rispetto alle altre aree del Paese. Nel 2015 la classe di età che rasenta l’andamento peggiore è quella dai 18 ai 24 anni con una diminuzione pari a -12,2% rispetto all’anno precedente, più accentuata per le femmine (-14,4%). Decisamente migliore la situazione per gli apprendisti delle classi di età più avanzate, in cui il numero medio di rapporti di lavoro nel 2015, per la classe oltre i 29 anni, presenta un incremento dell’1,3%, in particolare tra i maschi +2,0%. L’età media è pari a 25 anni nel 2015 (24,7 per i maschi, 25,4 per le femmine), più alta di mezzo anno rispetto al 2013.
Analizzando l’andamento del numero di lavoratori che nel corso dell’anno sono stati avviati con un contratto di apprendistato, sempre con riferimento all’ultimo triennio disponibile 2013-2015, nell’ultimo anno considerato il numero di lavoratori in apprendistato avviati nell’anno è risultato pari a 197.388 individui, con una diminuzione del 17,7% rispetto all’anno precedente, in cui si erano registrati 239.804 lavoratori avviati con contratto di apprendistato, in aumento del 3,1% rispetto al 2013.
Come già fatto notare nella Introduzione di Bobba, questa brusca inversione di tendenza può essere motivata dalla previsione normativa della Legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) che, allo scopo di promuovere forme di occupazione stabile, ha introdotto una particolare modalità di agevolazione contributiva che consiste nell’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro. L’esonero è triennale e si riferisce alle assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato (o trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato) con decorrenza nel corso del 2015. Questa particolare agevolazione contributiva può aver reso meno appetibile, per il datore di lavoro, l’assunzione di lavoratori con contratto di apprendistato, in quanto, pur beneficiando di un analogo sistema di agevolazioni dal punto di vista contributivo, l’apprendistato presuppone per il datore di lavoro una serie di obblighi riguardanti il percorso formativo del lavoratore.
Gli apprendisti avviati nel 2015 sono prevalentemente maschi (56,2%) concentrati nel Nord (60,3%) e in particolare nel Nord-Est (32,0%). Mettendo in relazione i dati sui lavoratori in apprendistato avviati nell’anno, secondo le caratteristiche di età e sesso emerge che nel 2015 la maggior parte delle assunzioni si concentra nei maschi tra 18 e 24 anni con 70.046 lavoratori avviati (35,5% sul totale). La differenza di genere diminuisce al crescere dell’età dei lavoratori: i lavoratori avviati minori di 18 anni sono per oltre il 70% maschi, mentre oltre i 29 anni i lavoratori avviati di sesso maschile sono poco meno del 52%.
A queste criticità il Governo ha risposo, nel Jobs Act, con la “fuga in avanti” del sistema duale mettendo in partenariato attivo le imprese con le istituzioni formative, allo scopo di poter conseguire, anche in Italia, una qualifica, un diploma e anche una laurea con un piano di studi dove circa la metà del percorso formativo viene svolto in impresa. Con un limite di fondo, però. Come ha scritto Michele Tiraboschi, “la riforma nasce dal centro – dal Ministero – e si diffonde verso la periferia. Dall’alto verso il basso”.