La lettera di Walter Veltroni pubblicata su Repubblica chiama alla riunificazione della sinistra davanti all’emergere incontrastato del leghismo di destra che dialoga con il primo ministro ungherese Orbán. Per Peppino Caldarola, giornalista e politico di sinistra di lungo corso, non basta: “Siamo di fronte a una situazione drammatica, una situazione in cui la sinistra da sola non basta, deve scendere in campo tutto il mondo moderato costituzionale”. Se le colpe della sinistra nell’aver portato l’Italia a questa situazione sono ormai acclarate, dice ancora, “non è più tempo di soffermarsi su queste, ma di agire, in un momento storico in cui anche il papa è sottoposto all’attacco della destra”.
Davanti alla chiamata a raccolta della sinistra da parte di Veltroni, sembra di assistere a una posizione fin troppo debole: quasi che se non ci fossero Salvini o Orbán la sinistra non avrebbe niente da dire alla gente.
Non sono d’accordo, penso che il richiamo di Veltroni sia fondato. In quella lettera Walter rompe lo schema che alcuni leader della sinistra hanno in testa, secondo cui l’alleanza di governo è destinata a spaccarsi perché Di Maio è diverso da Salvini.
Invece?
Invece ha lanciato l’allarme su un punto di fondo: chi dirige quest’alleanza di governo? Chi tiene i rapporti internazionali, chi sta mettendo le idee più reazionarie? La risposta è: Salvini. Il discorso tattico di dialogare con i grillini è secondario, quello che adesso è primario è fare argine in Europa a cominciare dall’Italia sul fatto che si sta creando una internazionale nera, una internazionale estremista. Ha ragione Veltroni: non chiamiamolo populismo, Orbán è destra vera. Stiamo assistendo a uno tsunami di destra di dimensioni epocali.
Però Veltroni chiama in causa la sinistra, che “impegnata a dividersi e a guardarsi allo specchio non ha capito quello che stava succedendo”. E’ d’accordo?
Lo condivido nel senso che la sinistra ha patito l’innamoramento per il liberismo, l’idea che la globalizzazione avrebbe risolto da sé i problemi e non ha avvertito invece la gravità enorme dell’emergere di diseguaglianze nel mondo occidentale e la creazione di un esercito di nuovi poveri provenienti anche della piccola e media borghesia. Lo stesso errore commise la sinistra negli anni 20 quando non capì cosa stava succedendo nella borghesia urbana di campagna e che stava montando una protesta sociale che diventò destra. Bisogna ripartire da questa consapevolezza di una rabbia sociale molto forte che trova una sponda in Salvini e di meno in Di Maio che ormai è una controfigura, un protagonista minore della scena politica.
Quello che dice fa venire in mente quanto Bertinotti dice spesso, la perdita del contatto con la realtà della sinistra, è d’accordo? In questo modo Salvini ha trovato un consenso popolare enorme.
Sì, però questo distacco con la realtà si può riprendere, non è un dato irreversibile. Si può correggere tornando a occuparsi nella società dei problemi, mettendo contro il virus dell’odio il virus dell’armonia sociale, la solidarietà contro il settarismo sociale. Non è una guerra persa, solo una battaglia.
Ma basta per sconfiggere questo estremismo o la gente ha bisogno di altro?
Negli ultimi giorni sono accaduti tre eventi che dicono come la gente di sinistra ha cominciato a capire e porre questioni. A Catania i migranti non sono stati lasciati soli dalla gente. I bagnanti in spiaggia hanno cacciato la ronda che voleva mandare via i venditori di colore. A Rocca di Papa i cittadini di fronte a Casapound che manifestava contro i migranti invitati dal papa sono scesi in piazza. E poi le migliaia di persone a Milano. Più che mettere l’accento su ciò che non abbiamo fatto, dire che Salvini ha preso il consenso perché la sinistra non si è occupata di chi stava peggio, bisogna reagire. E qualcosa si sta muovendo.
La chiamata alla raccolta della sinistra fatta da Veltroni ha delle possibilità?
Non parlerei più solo di sinistra, siamo di fronte a una situazione drammatica, questa è una situazione in cui il mondo moderato costituzionale deve scendere in campo. Non basta la sinistra, ci vogliono i moderati, anche la destra, quella ragionevole, che ama l’Italia.
A proposito di destra, la posizione di Berlusconi sembra alquanto attendista, che ne dice?
Vedo molti segnali interessanti in Forza Italia, ad esempio nella fulminante battuta di Micciché di reazione a Salvini, al di là della parolaccia. Trovo interessante che Toti, che ha civettato con questo governo, adesso che deve dare una risposta ai problemi della sua regione cominci a battere i pugni sul tavolo. Temo però che il mondo berlusconiano non riuscirà più a condizionare Salvini, che ormai è andato per conto suo in un delirio di onnipotenza spaventoso.
E i cattolici?
A parte le fake news che solo in Italia si possono spacciare come quella che dice che Salvini è l’antipapa, la Chiesa sta con il mondo che non vuole la guerra, con il mondo della misericordia come dice il Papa. C’è un attacco, come dimostra anche il caso Viganò al di là degli argomenti, contro un papato che sta cercando con grande fatica di andare contro le contraddizioni del mondo. Io temo questo attacco che viene dall’interno della Chiesa ma che è sobillato da una destra mondiale che vede nel Vaticano l’ultimo argine alla sua politica “cattivista”. Sui giornali di destra sono tutti a tifare perché Francesco si dimetta, cosa che non accadrà mai.
Di fronte a chi dice che i 5 Stelle sono l’unica alternativa di sinistra alla Lega e che il Pd è destinato a scomparire, cosa dice?
Vorrei usare un termine brutale ma non posso, dico che è una sciocchezza superlativa. C’è invece un processo di avvicinamento di mondi 5 Stelle e salviniani. Certamente alcuni elettori 5 Stelle che votavano partiti di sinistra sono preoccupati, se ne potranno recuperare alcuni, ma l’illusione che quel mondo sia recuperabile senza che accada un fatto nuovo, è una sciocchezza. Le manifestazioni come quella di Milano devono diventare diecimila.
Ma le manifestazioni da sole non bastano…
Certo, bisogna anche andare nei quartieri, nelle periferie, bisogna aiutare le associazioni di volontariato che lavorano con i migranti. Bisogna stare nella realtà.
(Paolo Vites)