Dopo la tragedia di Genova, nel dibattito pubblico e politico resta caldo il tema della revoca delle concessioni autostradali, con la paventata possibilità di arrivare fino al ritorno della gestione diretta dell’infrastruttura da parte dello Stato. Un tema che interessa tutto il mondo economico, visto che Giancarlo Giorgetti ha fatto capire che sarebbe opportuno rivedere le concessioni in altro settori, dalle telecomunicazioni alle acque minerali. «Un’eventuale legge per la nazionalizzazione delle autostrade o per l’annullamento della concessione sarebbe un grave errore», è il commento di Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria che oggi sarà ospite del Meeting di Rimini.
Perché ritiene che sarebbe un errore?
Per prima cosa sfideremmo chiunque, dopo una tale impostazione, a sottoscrivere convenzioni con un Governo che le annulla con una legge. Secondo, si darebbe l’idea che l’esecutivo voglia sostituirsi alle commissioni tecniche da lui stesso insediate o, addirittura, alla magistratura anticipando sentenze con un atteggiamento irrispettoso verso la stessa magistratura perché dimostrerebbe un’assenza di fiducia da parte dell’esecutivo verso il suo operato. Terzo, sarebbe contrario alle regole di uno Stato di diritto. Ma non pensiamo si arrivi a tanto: sarebbe un boomerang incredibile. Altra cosa è – nel rispetto delle regole, delle scadenze e delle procedure – agire nell’interesse del Paese.
C’è comunque chi mette in discussione la bontà della gestione privata in certi settori. Cosa ne pensa?
È un errore generalizzare e ritornare a un passato che conosciamo in cui si pensava che il pubblico fosse migliore del privato. Dibattito che non ha alcun senso mentre si corre il rischio che le aziende che sorgono nell’area interessata al crollo chiudano i battenti per le troppe incertezze sul ripristino delle condizioni di agibilità. Una cosa è avere certezze sui tempi brevi di uscita dall’emergenza e che ci sarà un nuovo ponte e che la vita, almeno quella economica, potrà riprendere come prima, il che permetterebbe agli operatori economici di poter pianificare, un’altra è rischiare di restare sospesi per anni in una situazione di incertezza e di tempi lunghi. In tal caso la possibilità che piccoli, medi e grandi operatori economici possano mollare sarebbe elevata.
L’incontro a cui partecipa a Rimini ha come tema “Giovani e lavoro: futuro e opportunità”. Oggi, nonostante la ripresa non proprio entusiasmante, il lavoro aumenta però per gli over 50 più che per i giovani. Perché?
Perché non si è ancora imboccata con coraggio la strada che abbiamo indicato fin dalla nostra prima assemblea e ribadito alle Assise di Verona e in tutte le occasioni successive di un grande piano d’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro incoraggiato dalla decontribuzione totale degli oneri fiscali per i primi anni a fronte di assunzioni a tempo indeterminato. Una misura che abbia la credibilità e la robustezza per durare e non sia vanificata dal clima d’incertezza che rende tutto vago e insicuro. Sarebbe anche un bellissimo segnale teso all’equità generazionale.
All’incontro partecipa anche la sindacalista Annamaria Furlan. Non trova che questo Governo, forse più di quelli del passato, mostri scarsa attenzione e voglia di confrontarsi con le Parti sociali?
Speriamo sia solo una fase iniziale. È evidente che occorre maturità per sapersi confrontare e anche “abituarsi” alle critiche. I corpi intermedi dello Stato sono in ogni Paese elementi fondamentali della democrazia e del confronto che è l’anima della democrazia.
“Questo Governo ci ha deluso”: sono sue parole di alcuni giorni fa. Significa che prima gli industriali credevano nei partiti di maggioranza, magari anche quando è stato il momento di votare il 4 marzo?
Confindustria è distante dai partiti ma non dalla politica. Siamo delusi nel metodo dell’assenza del confronto e nel merito. Ma ancora di più siamo rimasti amareggiati da alcuni ingenerosi attacchi, tra l’altro con la presunzione inaccettabile che a capire le aspettative degli industriali italiani siano altri e non noi. Occorrerebbe aggiungere alla “dignità” la responsabilità e ragionare in chiave positiva e non punitiva.
Prima i dazi, poi la Turchia: secondo lei quanto è a rischio l’intensità della ripresa italiana, rivista ieri al ribasso da Moody’s, rispetto a eventi esterni di portata più o meno globale?
In un mondo globalizzato tutto si tiene e tutto s’influenza a vicenda. Occorre avere carte in regola e i conti in ordine proprio per evitare che shock esterni possano avere effetti critici all’interno. Vale per l’Italia come per tutti i Paesi che si affacciano sull’arena internazionale degli scambi. In tempi di turbolenza finanziaria bisogna, a maggior ragione, essere prudenti e sensati. E rinforzare le risposte a livello europeo.
A proposito della necessità di essere prudenti, si avvicina la messa a punto della Legge di bilancio e gli esponenti del Governo hanno già detto che vi saranno i principali interventi inseriti nel contratto stipulato tra Lega M5s…
Flat tax, reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni, tanto per restare ai titoli più importanti, si possono conseguire se si ha la pazienza di varare un progetto di medio termine che parta – questo il nostro suggerimento – dall’alleggerire il peso fiscale su imprese e lavoratori e finisca con l’affrontare un po’ alla volta tutti i punti del contratto di governo. Per raggiungere gli obiettivi che l’esecutivo si è dato occorre stimolare la crescita e questa si può avere solo incoraggiando gli investimenti privati e pubblici e non caricando le imprese di ulteriori oneri.
Dunque, rispetto alla Legge di bilancio, cosa chiede Confindustria, quale intervento vorrebbe che venisse varato?
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: favorire l’assunzione dei giovani attraverso l’azzeramento dei carichi fiscali per i primi due o tre anni e sperimentare la flat tax a partire dal mondo della produzione. Con il Patto della Fabbrica – grazie al quale inauguriamo una nuova stagione di confronto con Cgil, Cisl e Uil – abbiamo stabilito che i primi benefici, a nostro avviso, dovrebbero riguardare tutti i lavoratori che si ritroverebbero con più soldi in tasca e potrebbero far ripartire il treno della domanda.
Lei è un uomo e un industriale del Sud. Come vede la situazione del Mezzogiorno? Rischia di perdere ancora terreno rispetto al resto del Paese?
Il Sud è stato per troppo tempo ignorato. Per noi c’è un’unica questione nazionale che è la questione industriale, ciò che vale per il Paese vale ancora di più per il nostro Sud: infrastrutture, tempi della giustizia, giovani, costo del lavoro, attrazione di investimenti privati, turismo, industria, sono i fondamentali di una sfida Paese la cui capacità di governo si misura dai risultati e non dagli obiettivi e né dai titoli delle dichiarazioni.
(Lorenzo Torrisi)