Squillino le trombe e rullino i tamburi, signori, si sono accorti della Turchia! Accademici di chiara fama (direi almeno pari a quella del professor Sassaroli di Amici miei) e sopraffini analisti ce l’hanno fatta: c’è voluto soltanto che la lira turca si schiantasse del 17% in un giorno contro il dollaro, che Erdogan ordinasse ai suoi connazionali di tirare fuori valuta estera e oro che tengono sotto il cuscino per convertirli in moneta nazionale, che la Bce suonasse l’allarme per l’esposizione di tre banche europee (Bbva, Bnp Paribas e Unicredit) e che Donald Trump rivendicasse – come vi dico dal primo giorno – la paternità dell’attacco speculativo contro Ankara, alzando i dazi sui metalli contro la Turchia, di fatto tramutando una slavina in una valanga nell’arco di secondi. C’è voluto solo questo per far aprire gli occhi ai presunti “economisti” che, in punta di dotte citazioni, si ripropongono di spiegare a noi volgo ignorante come si sta al mondo.
Interessante, in tal senso, è la moria di cantori del “governo del cambiamento”: tutti in vacanza? Fino a non più tardi di un mese fa erano onnipresenti, sui social come in tv e pronti a intestarsi la più grande rivoluzione d’Europa, la trasformazione dell’Italia nel laboratorio e nel modello per il sovranismo nel Vecchio Continente. Ora, invece, siamo già ai distinguo, alle prese di distanza. O, i più furbi, al ricorso all’oblio: della serie, se taccio e non mi faccio vedere troppo in loro compagnia, magari la macchia sul curriculum non risulta troppo visibile, quando la stagione della follia collettiva sarà terminata. E non c’è da biasimarli, anzi. Perché se parlare coincide a questo, vi assicuro che stare zitti garantisce almeno di fare bella figura, se non la presunzione di intelligenza.
Comincio a pensare che in questo Paese, quello delle vanterie di conquiste teutoniche sulle spiagge dell’Adriatico, si sia sostanziato in molti casi, invece, il processo inverso. Perché solo il fatto che un tedesco ti abbia fregato la fidanzatina tanto amata ai tempi del liceo, concupendola a colpi di marchi sonanti e quindi sfruttando slealmente il surplus di budget emotivo, può giustificare un’idiozia miope e pregiudiziale simile, roba da calcio nel sedere all’esame di economia del secondo anno. E invece, signori, l’intestatario di quell’account e propagatore di quelle castroneria è presidente della commissione Bilancio della Camera. Capite perché in tanti cominciano, saggiamente, a scendere dal carro del vincitore che inizia a sbandare vistosamente? A meno che, per risolvere il problema dell’economia del Paese, non si pensi di far ricorso all’effetto taumaturgico della rivoluzione annunciata da Matteo Salvini rispetto alle dizioni presenti sui moduli per la carta d’identità, cosa che francamente non mi stupirebbe.
Non importa, meglio tardi che mai, alla Turchia ora ci sono arrivati tutti. Non tutti, però, hanno capito di cosa si tratti. Non ho molto da aggiungere, se non due cose. Primo, attaccare la Turchia significa attaccare l’Europa a livello proxy, quindi non stupitevi se Erdogan tenterà la carta del ricatto attraverso il tasto dolente dell’immigrazione, sulla cui gestione gli abbiamo offerto carta bianca e 6 miliardi in contanti. Errore tedesco, grosso come una casa, ancorché dettato dall’emergenza. Secondo, non fatevi spaventare dagli allarmi della Bce, perché sono tutti strumentali. A cosa? A poter proseguire ancora per un po’ con il Qe, altrimenti sì che conosceremo il vero significato del termine volatilità. Le tre banche sistemiche di cui si teme l’esposizione all’economia turca hanno congiuntamente liabilities potenziali pari a circa 15 miliardi di euro, una bella cifretta.
Ma, fossi in voi, sarei spaventato da altro, visto anche il livello di alcuni “economisti” piazzata in ruoli apicali a livello parlamentare: i 16 miliardi di controvalore in Btp che giacciono nei bilanci della sola Bnp Paribas. E se la cosa non vi basta, magari pensate anche ai 9,53 miliardi nel corpaccione di Bbva. Perché la Turchia, la sovranissima Turchia con la sua sovranissima moneta il cui valore attuale è pari a quello della carta igienica, come ci mostra plasticamente il grafico, rischia di essere unicamente l’accelerante di un incendio doloso che ha altro per obiettivo: ovvero, noi.
Oggi vedremo come andranno i mercati, ma non mi stupirebbe affatto un parziale ritorno al sereno, una tregua di qualche giorno: perché non è affatto un caso che, a bagno di sangue concluso alla Borsa turca, non la Casa Bianca o il Dipartimento di Stato, ma l’avvocato personale di Donald Trump (tanto per farvi capire quale sia il livello di rappresentatività negli Usa a livello di processo democratico), Jay Sekulow, è saltato fuori dal nulla, avvisando il mondo che la vicenda del pastore evangelico, Andrew Brunson, di fatto il casus belli scelto dagli Usa per l’attacco alla lira prima e le sanzioni poi, «sarebbe vicino a una risoluzione». Della serie, Erdogan sarà anche un despota e come tale testardo fino all’infinito, ma non è scemo, né tantomeno vocato al martirio: sa che quanto il suo Paese sta patendo è frutto del suo atteggiamento ondivago in Siria e del peccato originale dell’acquisto di batterie missilistiche S-400 dalla Russia (in effetti, bizzarra come scelta per un membro Nato di prima importanza geostrategica), quindi è probabile che – miracolosamente – Ankara riuscirà ad evitare l’abbraccio mortale del Fmi, magari implementando della belle “riforme” su mandato e in base all’agenda degli Stati Uniti.
Resta il problema Italia, quello è davvero serio. E non tanto per il “chiuso per ferie” che campeggia simbolicamente su tutti i palazzi del potere e nemmeno per l’insipienza disperante dell’opposizione a questo governo, di destra come di sinistra, quanto perché nel centro del fuoco di due schieramenti contrapposti. Da un lato gli Usa, con i quali Giuseppe Conte pare aver stretto un patto d’acciaio in chiave anti-tedesca in seno all’Ue, ma che non sappiamo cosa abbia come obiettivo principale, al netto del completamento del gasdotto Tap, fondamentale per l’agenda energetica del Dipartimento di Stato in chiave di contrasto al Nord Stream 2. Dall’altro, appunto, i partner europei, i quali anche soltanto in un’ottica di mera sopravvivenza politica, potrebbero non aver gradito la mossa del nostro premier-Houdini (come scompare lui dalla scena, nemmeno il grande illusionista) e potrebbero quindi covare qualche sentimento di rivalsa.
Ad esempio, riguardo l’aleatoria cabina di regina sulla crisi libica che Donald Trump avrebbe promesso a Conte, benedicendone la guida italiana. E ricordate, Banp Paribas ha in pancia 16 miliardi in Btp. E con i volumi ultra-bassi di agosto, quest’anno sinistramente più bassi del solito, come ci mostra il grafico, mica serve fare come Deutsche Bank nel 2011 e scaricare di botto tutto: basta un assaggino per tramutare una palla di neve in valanga e un balzo all’insù dello spread in sell-off. Ma tranquilli, certamente Claudio Borghi avrà una soluzione geniale, efficace e soprattutto sovrana per uscire dall’angolo e reagire.
Fossi in loro, mi dichiarerei fin da subito prigioniero di guerra e mi appellerei alla clemenza della corte. L’attenuante della manifesta inferiorità politico-intellettuale non ce la può negare nessuno, questo è certo. Com’è altrettanto certo che se l’alternativa agli sproloqui di Borghi sono quelli di Brunetta (il quale non sa riconoscere una fuga di capitali bancari dall’acquisto di massa di Btp da parte dei medesimi istituti) o le ricette del Pd, penso non sarà difficile nemmeno farci accordare la semi-infermità. Ve l’ho detto, pregate che tutto precipiti. E arrivi in fretta il Prefetto tedesco. Altrimenti, attenzione ai conti correnti.