Lo sciopero da scuola della giovane svedese di 15 anni, Greta Thunberg, mobilitatasi in questi giorni davanti al parlamento di Stoccolma per chiedere misure più drastiche contro i cambiamenti climatici, fotografa tutta la confusione e l’urgenza del nostro tempo. Le istanze di Greta sono certamente importanti e drammatiche, ma vivono dell’illusione pelagiana che sia la volontà politica la soluzione di tutto: è come se da destra e da sinistra si continuasse a caricare la politica di aspettative che, al contrario, sorgono nel rapporto e nel disagio che ciascuno sperimenta nella realtà.
Si chiede insomma alla politica di risolvere la fatica del rapporto con l’altro, l’incapacità a prendere decisioni individuali che possano tenere conto del superiore interesse collettivo, la paura per le cose che cambiano. Papa Francesco ha dedicato ben un’enciclica alla cura della terra, ma invitando a fare un lavoro personale per riscoprirla come casa comune: è per lui la conversione del cuore il vero motore di ogni riforma.
Nell’imminente inizio di un nuovo anno scolastico la vicenda di Greta apre gli occhi a quanti, insegnanti e genitori, si illudono che la maturità di un ragazzino o di un adolescente si misuri nella sua capacità di schierarsi a destra piuttosto che a sinistra e non, al contrario, nel bisogno che ogni cuore ha di mettersi in moto, di accettare la sfida della realtà avviando processi, intessendo relazioni. È proprio sotto il profilo relazionale che si colloca, infine, l’urgenza cui si accennava poc’anzi: il dramma di Greta non è tanto quello di avere un cuore che vuole cambiare il mondo, quanto quello di non avere trovato adulti che la aiutino — in forza del loro cammino — ad andare a fondo di quel suo desiderio, scoprendo il bisogno radicale di giustizia cui nessuna istanza umana potrà mai davvero rispondere.
L’arrivo di settembre, e il riprendere inesorabile della vita nei corridoi delle scuole, rimette gli adulti e tutti gli uomini di buona volontà dinnanzi alla nube che si addensa attorno al cuore di tanti ragazzi e giovani: non quella di “non essere bravi” o di “non essere all’altezza dell’urgenza dei tempi”, bensì quella di avere nel cuore un desiderio orfano di un Padre, orfano di una Presenza adulta capace di sfidarlo fino in fondo, fino a superare la gnostica tentazione che basti conoscere la verità per essere salvi.
La vita, e anche il temerario gesto di Greta, sono lì a ricordare a tutti che la salvezza non è un’idea giusta o una decisione saggia che prende il potere nel mondo, ma il sorgere di una casa in cui tutto di te possa essere ospite, in cui il cambiamento più grande che si possa desiderare è quello del proprio io. In un tempo smemorato delle urgenze che abitano il profondo di ogni uomo, l’unica vera vittoria educativa è lo spettacolo di un bimbo o di un ragazzo che, dentro il rapporto con un Padre o una Madre, ricominciano, improvvisamente, a frequentare se stessi. Consapevoli che lo sciopero che Greta non si può affatto permettere è quello del cuore.