Bisogna dire in premessa che la questione vaccini è cosa serissima e sbaglia chi pretende di ricondurla nell’alveo di un approccio puramente normativo, coattivo, per le ripercussioni che ha sulla salute pubblica. La questione vaccini sta sfidando l’intero paradigma della modernità, quello che contrappone all’oggettività del dato scientifico la soggettività autoreferenziale di ognuno di noi. In realtà è il vero core values della modernità, fondato su di un modello rigorosamente antropocentrico, per cui pur senza scomodare Popper possiamo dire che è lecito dubitare di tutto e di tutti. Ma quando si impatta con sfide che toccano la vita della gente, in questo caso la vita di bambini più fragili, potenzialmente immunodepressi, è necessario e doveroso porsi interrogativi più complessi. E la politica sta intercettando in modo sempre più diretto e concreto le grandi tematiche che finora sono stato di stretta competenza scientifica, etica e giuridica. È di fatto la nuova frontiera della biopolitica, quella che scegliendo di schierarsi dal lato dei diritti individuali ha troppo spesso accantonato la responsabilità sociale di certe scelte, la loro ricaduta sociale e personale.
Le ragioni della scienza e della tecnica da un lato, la cosiddetta bioetica classica, e quelle dell’etica e del diritto, il più attuale biodiritto, dall’altro, si mescolano in modo tale da penetrare profondamente nella coscienza della gente, nessuno escluso. Ognuno si trova davanti al bivio più drammatico delle sue scelte quotidiane: pretendere di essere misura di tutte le cose, come diceva l’antica sofistica, o avere il coraggio di chiedersi se c’è qualcosa che vada oltre il mio parere, a cui io debba attenermi per la sua forza veritativa. È il cuore della filosofia classica, prima ancora che del dibattito di questi giorni. Le cose contano per me, perché sono secondo me, o contano perché hanno una loro intrinseca capacità argomentativa; perché hanno un loro grado di verità. Se si opta per la soggettività come criterio ultimo di riferimento, per cui tutte le opinioni valgono allo stesso modo, in una falsa democrazia delle idee, si scatenano passioni che faticano a trovare un loro punto di equilibrio e finiscono con lo spaccare la pubblica opinione. Si crea quella dialettica dei contrapposti di cui tanto spesso si è nutrito il dibattito politico del nostro Paese, dai tempi dei Guelfi e Ghibellini di dantesca memoria, per risalire agli scontri tra destra e sinistra e ora tra scienza e anti-scienza.
La mia storia personale e professionale di professore di storia della medicina non mi lascia dubbi, per cui credo che vaccinarsi faccia bene a chiunque, sul piano della salute individuale e pubblica, ma fa bene non per la sua valenza coercitiva, ma perché contiene in se la forza dei fatti documentata dalla ricerca scientifica, corroborata da quel metodo scientifico messo a punto da Claude Bernard, che ha consentito alla medicina di fare in 100 anni progressi sul piano clinico che valgono migliaia di anni. Progressi che hanno cambiato la storia naturale delle malattie; hanno salvato milioni di vite umane, allungato la nostra vita e ci hanno regalato un benessere insospettato nei secoli passati.
Ma non posso evitare di pensare che per il M5s il caos vaccini oggi sta diventando lo spartiacque tra diritti individuali e responsabilità sociali, mentre per il Pd è la frontiera tra scienza e anti-scienza. I loro linguaggi sono diversi, i punti di vista apparentemente inconfrontabili e incommensurabili e sembra impossibile ottenere una qualche mediazione tra linguaggio scientifico e linguaggio giuridico. La scienza cerca evidenze scientifiche e oggettive, che chiedono di essere comprese, accolte e tradotte in decisioni concrete. Mentre per i 5 Stelle oggi l’approccio normativo deve cedere il passo alla soggettività e al diritto di scelta individuale. Il paradosso però è la rivoluzione copernicana di gran parte del Pd, che negli ultimi anni ha sempre cavalcato il criterio della soggettività in tutte le possibili applicazioni normative. Partito dal campo dei diritti individuali legati alla salute riproduttiva — basta pensare alla famosa e fumosa teoria del gender —, ora impatta nella contrapposizione con il M5s con un limite forte: non tutto può essere soggettivo. Il Pd stesso scopre che non si può lasciare il diritto a vaccinarsi alla libera iniziativa individuale. Vaccinarsi fa bene a sé e agli altri, quindi occorre vaccinarsi.
Grazie al dibattito sui vaccini si sta riscoprendo che c’è una verità delle cose che si impone alla nostra intelligenza che non può che farsene carico. Le alternative, dal canto loro, nuocciono alla salute propria e altrui, come per esempio accade anche con l’aborto, che nuoce gravemente alla salute del bambino, anche se realizza un desiderio, mai un diritto!, della madre.
Eppure la logica del desiderio, con tutta la sua autoreferenzialità, è stata al centro delle tante norme targate Pd in questi anni, compresa la recente legge sulle Dat e altre possibili legge proposte per un futuro prossimo. Dall’eutanasia senza se e senza ma, all’utero in affitto o alla liberalizzazione delle droghe. Ma l’impatto con i vaccini oggi spinge l’intero Pd a sostenere che non si può sempre fare tutto quello che si vuole; che la tutela dell’altro è un dovere morale irrinunciabile. E quindi, giustamente, volenti o nolenti, occorre vaccinarsi rendendosi conto della posta in gioco. Ma la posta non è solo il bene-salute, è anche e prima di tutto il bene-verità. Soggettività e oggettività del diritto malamente si incontrano con la soggettività della scienza, che è assai meno scientifica se manca di oggettività. I vaccini impattano drammaticamente con questa doppia esigenza dell’uomo: la ricerca della verità, a livello scientifico, e la ricerca della verità a livello dei grandi quesiti morali dell’uomo.
Non tutto può essere messo in discussione; non tutto è nella disponibilità individuale. La ricerca del vero, in qualunque campo si ponga, è fondamentale nella scienza e in politica, ma deve abbracciare sempre tutti i campi! È in atto una rivoluzione culturale più importante di quanto non appaia… non solo per i vaccini. È la rivoluzione dell’oggettività dei fatti sulla dittatura delle opinioni senza adeguato fondamento. Dice il ministro Grillo: “Farò di tutto per la promozione attiva delle vaccinazioni”. E ribadisce: “È allo studio dei parlamentari un disegno di legge che prevede un obbligo flessibile nel tempo e nello spazio”. Un ministro della Salute non può che schierarsi dalla parte della salute, e non è un gioco di parole. È un imperativo categorico. Solo una rigorosa dimostrazione scientifica del fatto che i vaccini siano stati superati da una medicina di precisione di nuova generazione potrebbe rendere flessibile l’obbligo, ossia individuare un nuovo iter di tutela della salute pubblica ed individuale. Finché non sarà così, e attualmente non è così, occorre vaccinarsi e far vaccinare spiegandone il perché alla gente e mettendola davanti alla propria personale responsabilità di cittadini.
Viviamo in un contesto sociale profondamente interrelato e siamo tutti responsabili gli uni degli altri ed è questa la responsabilità a cui non possiamo sottrarci. Uscire dalla dittatura del desiderio, del “secondo me”, della negazione del limite, che riduce la natura a un oggetto manipolabile a proprio piacimento è forse la parte più importante di questa grande lezione che i vaccini ci stanno dando. E allora ben venuti vaccini, sia pure con le provocazioni che ci aiutano a ritrovare il senso e il significato del nostro stare al mondo con gli altri e per gli altri.