Sarebbe da piangere se non fosse (quasi) tutto da ridere. La vicenda Tiberis Beach, sedicente spiaggia sul biondo fiume sotto il ponte Marconi, è una perfetta commedia degli equivoci. L’idea è di ridare ai romani le rive del Tevere invase da rifiuti, rom e pantegane. C’è l’idea: l’idea. C’è anche l’esempio: Parigi, sur le bancs de la Senne… E c’è l’Ufficio: ufficio Tevere. Tiberis è la prima realizzazione: in ritardissimo e minimal, tant’è che la sindaca non ha inaugurato l’opera: 10mila metri quadri, fate conto un campo di calcio, con sabbia portata lì in extremis, lettini prendisole 48, ombrelloni parasole 20, docce rinfrescanti 8, cessi chimici un tot, macchinette bibite fresche 1, campi da beach volley 2. No bar, no piscina, no altro. Neanche un vu cumprà col cocco fresco. Diciamo che siamo a un quarto, sì e no, del bagno n. 732 da Mario a Rivabella di Rimini. Passi il ritardo, capirai che novità. Ma il minimal… sti quattro lettini con ombrellone sotto il ponte, altro che esistenzialismo e bohème, a noi ci fa venire un magone, che il nostro Idroscalo al confronto sono le Maldive e Acapulco messi insieme: libidine.
I 5 Stelle non sono a priori contro le grandi opere, dicono: contro Tav e Tap sì, ma contro questa no.
La grande opera, segnatamente 48 lettini e 20 ombrelloni e la sabbia (che i tedeschi, si è saputo, in Sardegna rubano), vanno difesi. E qui entrano in scena l’architetta del comune e il giustiziere: Simonetta De Ambris e Zoro Cismic, rom, detto Zorro.
La De Ambris spiega al Messaggero di essere stata contattata da Zorro, bella persona, parla bene, è a Roma da vent’anni, precedenti solo per ricettazione e altri reati del genere, e di aver avuto assicurazione che la Grande Opera non correva pericoli. Garantiva il boss dei rom. Infatti la sera stessa ha mandato in giro i suoi ragazzi a fare la ronda, secondo l’architetta.
Ce n’è in abbondanza perché l’opposizione inzuppi il biscotto: cos’è sta roba? Un patto Campidoglio-rom per la sicurezza? Una nuova trattativa Stato-mafia in versione tiberina? L’assessora competente smentisce, chi ha dichiarato — minaccia — la pagherà; la sicurezza sarà garantita notte e giorno, giura, dai vigili urbani di Roma (quelli che a Capodanno del 2015, regnante Marino, erano assenti per l’85 per cento). La sindaca smentisce: sulla sicurezza nessun patto coi rom. L’architetta tace (la frittata l’ha già fatta e il nastro registrato canta). Anche Zorro smentisce: ma, attenzione, non che garantirà la sicurezza della Grande Opera, smentisce di essere il boss dei rom, è semmai un semplice “referente”. In effetti in Comune egli è ben noto come capo di una cooperativa che al Comune chiede commesse per dare lavoro ai suoi.
Insomma, è tutto un cinema. Con personaggi perfettamente emblematici del penoso livello a cui è precipitato il linguaggio pubblico nelle nostre democrazie: l’architetta impersona il tecnico/burocrate che notoriamente e normalmente non sa comunicare, e se cede alla voglia di farlo al di fuori delle sue competenze, fa la frittata (anche se dicesse, circa, il vero); l’assessora è il politico che dovrebbe saper comunicare non contandola giusta, ma non ha ancora imparato: smentisce dando due volte la notizia e si fa contro-smentire dal referente rom.
Questa decadenza del linguaggio pubblico è la roba da piangere. Per ora prendiamone atto. Ci torneremo sopra un’altra volta.