La dottrina dell’amministrazione Trump nei confronti di avversari e alleati, la cosiddetta “America First”, che porta a usare dazi e retorica unilaterale e protezionistica come strumenti negoziali, sta di fatto avendo un successo incredibile in America e nel popolo americano. Basta girare per le strade di New York e vedere il fermento in atto nel settore immobiliare, ove non vi è strada in Manhattan che non abbia un cantiere aperto, nel commercio e in qualsiasi altro settore produttivo. Lo si sente e lo si vede per le strade quando, durante una qualsiasi pausa da un turno di lavoro, si vedono file di operai edili entrare in uno Starbucks a prendere anche un semplice caffè al costo di 7 dollari.
Sicuramente negli Usa l’America First è un successo palpabile che ha dato nuova dignità e spinta ai mercati interni e alle persone che in essi vi lavorano. Dopo le dispute, al momento leggermente sopite con la Cina e l’Europa a causa delle note tensioni legate al controverso capitolo dei dazi, ora è stata la volta del prepensionamento del Nafta, accordo tra Usa, Messico e Canada. Al momento la trattativa si è rivolta solo al Messico, tanto che il nuovo pre-accordo ora viene chiamato “accordo commerciale Usa-Messico”. Una nuova intesa della durata di sedici anni, con revisioni ogni sei.
Alcune indiscrezioni pronosticano che alla fine il 75% delle auto che gireranno sulle strade degli Usa dovrà essere prodotto e quindi arrivare dal mercato Usa o dal Messico rispetto al 62,5% attualmente in circolazione. Al momento questo accordo commerciale non ha ancora affrontato e risolto la spinosa questione riguardante i dazi fatti scattare dagli Usa su acciaio e alluminio in arrivo dal Messico. Secondo l’amministrazione Trump, questa mossa è dovuta al fatto che il Nafta in vigore da ben 24 anni è stato per gli Stati Uniti e i lavoratori americani un vero e proprio disastro a pieno vantaggio esclusivo del Messico e del Canada.
Bisogna porre l’accento sul fatto che Trump con questa mossa economico-politica è andato a toccare, con successo, due temi cari al “popolo dei trumpiani”, ovvero costringendo di fatto il Messico a lavorare con e per gli Stati Uniti sulle problematiche di confine, quindi sull’immigrazione clandestina e sull’agricoltura. Si evidenzia che d’altro canto bisogna dare inizio, step by step, alla riscrittura degli accordi con i paesi alleati e/o con cui si collabora: ciò perché di fatto le tensioni commerciali sono la rappresentazione di uno dei rischi maggiori di “shock all’espansione globale”.
Questa situazione, di fatto, oggi vede gli Stati Uniti in una posizione economico-finanziaria forte contro la fragilità dei Paesi emergenti e le problematiche presenti in Europa: al momento vi è una tregua con l’Ue sullo spettro dell’applicazione di dazi sul cruciale e fondamentale settore auto, con la Germania in primo piano. E i tedeschi sono particolarmente preoccupati per la propria produzione, visto il forte successo dei propri prodotti automobilistici nel mercato Usa.