Agli osservatori più attenti, l’apparizione di Matteo Salvini in un recente appuntamento culturale a Milano ha dato l’idea di una lunga seduta di training autogeno. Per quasi due ore il leader della Lega ha continuato a ripetere e ripetersi che non solo lui non è l’uomo forte, il Mussolini in camicia gialloverde di cui favoleggia la sinistra in cerca di mostri da sbattere in prima pagina. Ma soprattutto non possiede le caratteristiche del cattivo: e via andare con “i miei mi dicono che sono troppo remissivo”, “non sono capace di tenere il muso”, “mi manca la brutalità della politica”, “sono permaloso ma non vendicativo”.
Frasi riferite non tanto agli scontri con la magistratura o con improbabili ministri socialisti del resto d’Europa, dove Salvini è riuscito ad animare un nuovo Martin Schultz a cui l’euroburocrazia farà probabilmente dono di notorietà e prebende per essersi affrettato a dargli del fascista. Ma piuttosto a quello che rimane il confronto più arcigno tra i faccia a faccia con i politici nostrani e cioè il match con Silvio Berlusconi.
Declassato dai comunicatori gialloverdi ad “incontro privato” per non turbare gli equilibri di maggioranza, edulcorato con la scusa che “ci si vede a fare il tifo per il Milan”, preceduto da segnali di fumo di pace a cui Silvio ha obbligato anche il riottoso Tajani facendogli chiaramente capire che altrimenti pure lui si unirà impietosamente ai tanti delfini giubilati in corsa se non fa gli interessi del “Capo”, comunque l’incontro pesa non poco sul futuro di quello che è stato il centrodestra.
Berlusconi questa volta ha puntato ad un vero accordo: muoia pure Forza Italia purché Salvini metta in sicurezza le aziende di famiglia. Troppo grande il rischio dopo il tam-tam 5 Stelle sui tetti alla pubblicità in televisione e lo stop alle concentrazioni editoriali.
E se quei messaggi fossero stati concertati tra Matteo e Di Maio per stanare il vecchio Caimano? Anche se a detta di grandi psicologi il training autogeno funziona, vuoi mettere il paragone con l’aiutino che può darti il compagno di merende di oggi ed il possibile alleato strategico di domani, nel caso l’orgoglio del tycoon di Arcore gli impedisca di sottomettersi dando il via libera alla candidatura di Marcello Foa alla presidenza Rai?
Ma Berlusconi, come Andreotti, sa che quando l’avversario è più forte va abbracciato; e rilancia chiedendo la lista unica per le europee in modo da veder eletti molti dei suoi più forti sul piano delle preferenze rispetto ai militanti leghisti, mentre nell’attesa dice ovviamente il contrario, e cioè che Forza Italia non ha intenzione di mescolarsi alla Lega.
Da un lato insomma un bugiardo matricolato, dall’altro uno che deve imparare a mentire in fretta. Salvini non è cattivo forse, però non è neanche scemo. E sa che al training autogeno va aggiunta, imitando Silvio fino in fondo, la scena madre del “chiagne e fotte” . Buonista a parole per una sera, tra un lancio e un tiro in porta dei rossoneri, questa volta si porta a casa lui la fascia di “capitano”.