Governo in campagna elettorale (anche in Spagna)

In Spagna, con una furba mossa, il Governo di Sánchez è tornato a far parlare di Franco. Tuttavia ora si rischia di perdere il risultato della transizione. FERNANDO DE HARO

Alla Spagna non conviene cadere nella trappola in cui il Governo di Pedro Sánchez vuole infilarla. Non le conviene continuare a parlare nemmeno un altro minuto di Franco. Il Governo socialista ha iniziato un lungo processo per rimuovere i resti del dittatore della Valle dei Caduti, un mausoleo quasi dimenticato, costruito dai prigionieri della Repubblica, in cui riposano i morti di ambo gli schieramenti della guerra civile.

Il processo di esumazione durerà tre mesi. Una disgrazia: la cosa migliore che potrebbe succedere è che il Governo lo facesse subito, domani. In modo che 40 anni dopo l’approvazione della Costituzione non si torni a cadere nella ricercata e fittizia polarizzazione franchismo-antifranchismo. Che lo seppelliscano dove vogliono, ma che lo seppelliscano di nuovo.

È evidente che è assurdo iniziare il processo di esumazione con un decreto legge, fattispecie prevista per i casi urgenti. Il dittatore si trova nella sua tomba da più di 40 anni. È chiaro che il Governo non ha cercato alcun consenso. La commissione di esperti che nel 2011 ha raccomandato il trasferimento di Franco, lo ha fatto con importanti voti individuali contrari. In astratto, il trasferimento sembra la decisione più saggia. Ma poiché non c’è nulla di astratto, la cosa migliore sarebbe trovare un accordo con la famiglia e con tutti i gruppi parlamentari. 

Ora che il Governo ha deciso di far risorgere Franco (per nascondere la sua debolezza parlamentare, per accontentare la sinistra-sinistra, per conquistare chissà quali voti) dobbiamo chiedergli di sbrigarsi. Il Pp sbaglia ad annunciare un ricorso contro il decreto di esumazione e a insistere nel criticare appassionatamente la decisione. Questo era proprio il risultato cercato da un Governo debole che non può e non vuole governare. Che è in campagna elettorale.

Come ha sottolineato Augusto Del Noce, a volte il modo migliore per essere fascisti è essere antifascisti. L’antifascismo, come l’antifranchismo, è definito da ciò cui ci si oppone. Franco fu spietato con il suo anticomunismo. Lo stesso Del Noce ha detto che il postfascismo non dovrebbe essere un fascismo in senso contrario (antifascismo), ma l’opposto del fascismo. Il Governo di Sánchez si impegna a seppellire il postfascismo e il postcomunismo costruiti dalla società spagnola durante la transizione.

Il vero miracolo spagnolo, propiziato da comunisti e cattolici (ben consapevoli dei loro errori) ha fatto in modo che, in modo naturale, popolare, il Paese uscisse dalla dittatura con una democrazia post-franchista e post-comunista. I due poli erano stati quindi superati. Non annientati, non superati da una sintesi che annulla le esperienze, le convinzioni, le ferite delle persone dell’una o dell’altra sensibilità. La lezione, il tesoro, della transizione spagnola consiste nel fatto che si è creato, come in ogni vera riconciliazione, qualcosa di nuovo che ha superato l’antico. Questo è ciò che Bergoglio ha combattuto per decenni: né peronismo, né anti-peronismo, ma unità polare. Non occorre negare nulla per affermare ogni parte, non c’è da cercare una sintesi dialettica, ma qualcosa di nuovo, superiore, in cui tutti possano riconoscersi. Questo è quello che avevamo.

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