Attualmente il Fondo pubblico per il pluralismo dell’editoria eroga contributi alla stampa per circa 114 milioni di euro, di cui 27,8 alla convenzione con Rai International. Si finanzia con risorse pubbliche e, teoricamente, con l’extra gettito del canone ai e la quota dello 0,1% sui ricavi pubblicitari (Agg. Paolo Vites)
L’EDITORIA PUBBLICA
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, Vito Crimi, in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, è pronto a togliere i fondi pubblici agli organi di informazione, confermando una visione del Movimento 5 Stelle ormai nota da tempo. Nel mirino dell’esponente grillino sembrerebbe esservi in particolare Silvio Berlusconi, il più importante editore d’Italia nonché uno dei principali in Europa e nel mondo: «Per Berlusconi è finita la pacchia – dice Vito Crimi – occorre ridistribuire la pubblicità tra tv e carta stampata introducendo dei tetti». L’esponente del M5s non ne fa una battaglia del proprio partito contro Berlusconi e Forza Italia: «Vogliamo solo togliere i fondi pubblici all’editoria non eliminare il Fondo per il pluralismo – specifica Crimi che poi denuncia – gli editori hanno ricevuto tantissimi soldi in questi anni, dal 2003 oltre 3 miliardi di euro. A fronte di questo ci saremmo aspettati investimenti per reggersi sul mercato che non ci sono stati».
BERLUSCONI POTREBBE PERDERE FINO A 750 MLN DI EURO
Per quanto riguarda la questione dell’editore puro, Crimi è convinto che bisognerebbe mettere dei tetti alla partecipazione di chi non ha come attività centrale l’editoria. In tal modo però, ricorda il giornalista de Il Fatto Quotidiano, alcuni giornali potrebbero cessare di esistere se si togliesse il fondo di azionisti come Caltagirone o De Benedetti: «Se questi soggetti ricavano un utile dalle loro partecipazioni altri soggetti potrebbero facilmente subentrare – replica Crimi – se invece non ricavano un utile vuol dire che non si comportano da editori ma da sponsor, finanziano un giornale solo per il tornaconto alla propria azienda e non per fare informazione». Se tale manovra venisse approvata, la televisione del biscione rischierebbe di perdere svariati milioni di euro: «Riportare in qualche modo la fetta pubblicitaria di Cologno Monzese alle sue dimensioni di ascolti – conclude Il Fatto Quotidiano – potrebbe costare una cifra non inferiore ai 750 milioni l’anno».