Quanto può valere un accendino d’oro massiccio? Ed è possibile morire tre volte in 24 ore? La risposta a queste domande arriva da Mystère, film del 1983 diretto da Carlo Vanzina. Molti considerano erroneamente Sotto il vestito niente la prima “divagazione” nel giallo-thriller del regista romano. In realtà il primo passo nel genere era già stato fatto due anni prima, con questa pellicola tra l’altro ambientata nella sua città e non a Milano. Anche in questo caso ci sono di mezzo donne e poliziotti, ma non siamo nel mondo della moda, bensì della prostituzione d’alto bordo.
Mystère fa il mestiere più antico del mondo nella centralissima via Veneto. La sua amica Pamela la coinvolge loro malgrado in una vicenda in cui sono immischiati i servizi segreti. Nascosti in un accendino d’oro, infatti, ci sono gli scatti che mostrano il volto di chi ha compiuto un attentato in piazza di Spagna. Per fortuna ad aiutare la prostituta francese c’è l’ispettore Colt, che però sembra anche disposto a tradirla pur di mettere le mani su un milione di dollari.
La trama non è scontata e il film risulta “digeribile” nonostante i 35 anni trascorsi dalla sua uscita nelle sale. Vanzina ha scelto di avvalersi di attori prevalentemente stranieri per questo film, forse anche per provare a distaccarsi dai polizieschi all’italiana. In effetti di pistolettate e inseguimenti non se ne contano molti e sono anche piuttosto limitati, senza sirene spiegate e proiettili vaganti. La protagonista ha il volto di Carole Bouquet, in un ruolo certamente diverso da quello in cui si era da poco vista in Bingo Bongo, al fianco di Adriano Celentano. Pamela è invece interpretata da Janet Agren, la Helen di Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, che costringe Lino Banfi a correre e a tenersi in forma. Nel cast c’è anche Duilio Del Prete, il Guido Necchi del primo Amici miei.
Se questo è un esordio in un genere molto diverso dalla commedia, si può dire che Carlo Vanzina non fa una brutta figura. Tra l’altro ci sono anche belle auto, abiti e case di lusso a far capire che la produzione non era certo priva di mezzi. Chiaramente di questo film si può fare anche a meno, tanto che in televisione praticamente non si vede mai. Tuttavia vederlo aiuta a conoscere meglio il regista (e suo fratello Enrico, anche in questa occasione coinvolto nella scrittura della sceneggiatura), a capire che il cinema per lui non era solo fatte di risate, che si guardava in giro e gli piaceva anche mettersi alla prova (forse con una certa dose di ironia se si pensa ai nomi scelti per i personaggi e alle loro caratteristiche).
Meglio rischiare in un thriller che non passa alla storia che girare un sequel di un film a molti anni di distanza cercando di replicarne il successo. Purtroppo Vanzina ha fatto anche quest’ultima cosa. Forse spinto più da ragioni commerciali che non da vera convinzione professionale: chi può dirlo… questo resterà un altro “mistero” del regista.