Tra i tre film in concorso nella seconda giornata della Mostra del Cinema di Venezia segnaliamo ‘Roma’, pellicola diretta dal registra premio Oscar Alfonso Cuaron. La trama non ha nulla a che vedere con la città eterna, ma è ambientata nel quartire borghese di ‘Colonia Roma’ a Città del Messico nel quale il regista è nato e cresciuto. Spazio dunque ai ricordi della sua infanzia, a partire dalla famiglia matriarcale nella quale la sua tata ha avuto un ruolo determinante, rappresentando per lui una vera mamma. A differenza dei suoi precedenti film, questa volta si tratta di un progetto personale, che racconta avvenimenti e sentimenti realmente accaduti. A spiegare le ragioni di questa scelta ci pensa lo stesso Cuaron a La Repubblica: “Il mio film è il più autobiografico possibile, diciamo che l’80, 90% di quello che vediamo viene dalla mia memoria e dalla storia del personaggio vero che ha ispirato Cleo, la tata che per me era come una mamma, quando cresci con qualcuno che ami, non metti in discussione la sua identità”.
“VOLEVO RIVISITARE GLI ANNI 70”
Intervistato da La Repubblica, Alfonso Cuaron spiega come la tata Cleo, interpretata dalla bravissima attrice Yalitza Aparicio, gli abbia dato la possibilità di ricostruire le vicende di una donna di origini indigene, appartenente alla classe operaia messicana degli anni 70. Insieme alle trame, ha quindi ricreato anche l’ambiente dell’epoca, girando diverse scene nello stesso quartiere nel quale lui aveva abitato con la sua famiglia: “Mi interessava instaurare questo dialogo della memoria, visitare quest’epoca di tanto tempo fa ma con la prospettiva di oggi. il set era la ricostruzione identica della mia casa di bambino, il 70% dei mobili sono quelli della mia famiglia, provenienti da tutto il Messico. Abbiamo girato nella strada della mia infanzia e nel ranch dove andavo da ragazzo”. Anche per filmare il massacro del Corpus Christi, ovvero della violenta repressione del 1971, è stato usato lo stesso edificio in cui esso è accaduto e che oggi è diventato una scuola. “Il film parla della cicatrice personale che è stata quell’epoca per la mia famiglia ma anche la cicatrice sociale nella coscienza del mio paese”, aggiunge il regista ricordando fatti personali che avevano seriamente compromesso la sua stessa vita.