Icona di stile e imprenditore di successo, Giovanni Agnelli viene ricordato a livello mondiale e nazionale per la sua attenta cura nei dettagli e per aver contribuito a rendere grande il nome della Fiat. Gianni o l’Avvocato, come è stato spesso definito, dall’orologio sempre e rigorosamente sul polsino all’amore per la vita mondana, gli inviti e gli sfarzi. Un grande lavoratore sotto molti punti di vista, come ha dimostrato prendendo le redini dell’azienda di famiglia e trasformandola in un vero e proprio impero. 15 anni dalla sua scomparsa e il ricordo di quel potente indistruale si fa ancora sentire nell’economia italiana di oggi. Dagli amori al legame fortissimo con la moglie Marella Caracciolo, sposata nel ’53 dopo essere stato rapito dalla sua classe. Molti dettagli messi in luce dal documentario Agnelli, il biopic prodotto dalla HBO che andrà in onda su Tv8 nella prima serata di oggi, sabato 1 settembre 2018. Gianni Agnelli, un simbolo di successo per molti e visto come dotato di un forte carisma da grandi donne dello scenario mondiale. Come Anita Ekberg, conosciuta anche per La dolce vita, il capolavoro diretto da Federico Fellini. Un’attrice che spesso è stata inquadrata come una delle tante amanti dell’Avvocato e e che ha ammesso la verità sulla sua relazione con Gianni Agnelli solo in seguito alla sua morte, avvenuta nel 2003. Al settimanale Chi, la Ekberg ricorda come l’imprenditore fosse “un uomo affascinante e pieno di charme“. Intelligente, bello. In una sola parola, raro. E ancora, Jackie Kennedy, Pamela Churchill e molte altre donne ancora. Il numero di presunte amanti, più o meno confermate, non si conta sulle dita di una mano.
L’Avvocato e Gheddaffi
Talento o disfattista? La figura di Gianni Agnelli è stata spesso osannata e altrettante volte abbattuta, per via di presunti affari fallimentari che avrebbero contribuito al declino della Fiat. Innegabile lo scalpore che l’Avvocato riuscirà a creare nella stampa, nel mondo dell’economia e della finanza nel 1976, quando annnuncerà di aver venduto il 10% delle azioni dell’azienda alla banca di proprietà del Colonnello Gheddafi. Il tutto in cambio di 415 milioni di dollari, ricorda La Repubblica. “E’ buona regola che i capitali si vadano a trovare quando non sono necessari“, riferirà a un gruppo di giornalisti sbigottiti, smentendo subito l’ipotesi che la sua potete macchina da soldi abbia bisogno di liquidità. In quel periodo, la Fiat infatti non attraversa un momento d’oro e non è ancora riuscita ad emergere dopo una serie di scivoloni. “Solo Aldo Moro accolse la notizia con un sorriso“, riferirà Agnelli diversi anni dopo parlando ancora una volta dell’affare Gheddafi. Bruno Vespa, in un articolo per Il Giornale, parla invece dell’accordo fra l’Avvocato e Luciano Lama, all’epoca segretario generale della Cgil e forse persino più carismatico e forte di Agnelli. Un patto avvenuto l’anno precedente all’incontro con Gheddafi e collegato allo stesso periodo oscuro che ha colpito la Fiat dopo il famoso ventennio d’oro. “Mi disse che avrebbe visto con favore un sistema di cogestione dell’azienda con i sindacati“, riferisce Vespa parlando del suo personale incontro con Agnelli. Una frase emblematica che ha definito con maggior forza quanto accaduto al mondo dell’impresa e della politica, in quel momento assoggettata al dominio sindacale. Le conseguenze saranno devastanti per l’economia italiana e visibile agli occhi dei tedeschi, che nel ’77 grazie ad una copertina della rivista Der Spiegel, pubblicheranno una vignetta satirica, in cui una rivoltella si erge su un piatto di spaghetti.