Dopo la prima reazione ostile della Ue il governo ha modificato la traiettoria del deficit, ma non è bastato. Ieri la Commissione, con una lettera firmata da Moscovici e Dombrovskis, ha espresso “seria preoccupazione” perché “i target di bilancio rivisti sembrano puntare ad una deviazione significativa dal percorso raccomandato dal Consiglio (europeo, ndr)”. Una bocciatura, insomma, per troppo deficit. Tria invece ha detto che il dialogo deve ancora cominciare, ribadendo la validità dell’impostazione espansiva della manovra a cui il governo sta ancora lavorando.
Ma la Commissione europea non è l’unico attore di una fase che per l’Italia evoca un nuovo 2011. Ci sono anche la Banca centrale europea, con Draghi — si è saputo ieri — che nel bel mezzo del balletto su Def, mercoledì scorso, ha incontrato Mattarella. E lo “spread”, arbitro anonimo e immateriale di una crisi le cui dinamiche continuano a sfuggire ai più. Per Chris Foster, esperto di mercati finanziari, il destino dell’Italia non è mai stato così cupo. L’unica possibilità che il nostro paese ha di salvarsi è la nascita di un nuovo animale politico. Non la rivoluzione populista, che è lontana e forse morirà in culla.
Partiamo dallo spread. Tornerà verosimilmente ad aumentare. Per M5s la soglia di non ritorno è 400 punti base. “Se non tocchiamo quella quota, non faremo altre concessioni” ha detto Di Maio settimana scorsa. Le pare un approccio giusto?
Vuol dire che non sa di cosa parla. Lo spread è la differenza tra il rendimento di un titolo che prezza a livelli artificiali, in questo caso il Bund tedesco, e un titolo da mesi alla deriva come quello italiano, pur con l’aiuto del Qe. Il Bund prezzato a 0,53% a 10 anni, con inflazione tedesca vicina al 2% è una chiara bolla speculativa. Dovrebbe essere al 2% circa. L’Italia al 3,35% non è dopotutto in una situazione così estrema. A rischio di downgrade sotto il livello BBB… metterei la firma sul 3,4% tra un anno, se fossi italiano. Ma confrontare il Btp con il Bund non ha senso in questo contesto.
E perché?
Perché lo spread col Bund è un termometro della tensione, ma in realtà senza valore economico. Dovremmo confrontare i titoli italiani con una media ponderata dei titoli dei paesi periferici, Spagna, Portogallo, Grecia. E in più la Francia, magari, che non è paragonabile alla Germania e a i Paesi Bassi in termini di sostenibilità del debito.
Lei comprerebbe Btp?
No. Perché nessuno riesce a capire il piano del governo e soprattutto nessuno si fida più del supporto europeo. Non c’è più un esplicito commitment ad evitare un disastro italiano. Non si sa più qual è la rete di protezione, se necessaria.
Veniamo alla Commissione. Ieri Moscovici e Dombrovskis hanno bocciato la nota di aggiornamento al Def.
Vedono che la loro Unione, con la crescita dei cosiddetti populismi e delle derive centrifughe, si sta disgregando e scelgono di minacciare. Lo faranno ancora. Pur avendo qui delle ragioni, non dovrebbero attaccare apertamente governi legittimi come quello dell’Italia e di alcuni altri paesi.
Ne riparliamo. Resta la Banca centrale europea, con Draghi a fine mandato (settembre 2019) e il Quantitative easing che scade a fine anno. Però l’uscita dal programma è già cominciata.
Avrà un impatto importante e indebolirà il già fragile potere negoziale dell’Italia. È davvero difficile comprendere su che base il governo possa alzare la voce.
Chi fa felice questa fine del Qe e chi no?
Risparmiatori, fondi pensione e assicuratori tedeschi sono disperati a causa del Bund che rende lo 0,5% a 10 anni. Vorrebbero il 2,5% per rimettere in sesto i rendimenti del sistema pensionistico, previdenziale privato e assicurativo. In Italia e Spagna, tassi più alti danneggerebbero molto il settore immobiliare che ha grande impatto in termini di wealth effect. È chiarissimo chi ci perde.
E gli effetti politici della fine del Qe? Possiamo prevederli?
I paesi deboli perderanno potere contrattuale e non potranno più alzare la voce senza conseguenze significative sui tassi di interesse. Per capirci, fino a un anno fa Renzi poteva fare la voce grossa con i partner europei sapendo che Draghi gli copriva le spalle comprando 90 miliardi di titoli dell’eurozona al mese. Senza il Qe un paese come l’Italia è percepito come completamente sprotetto. Nudo.
Il debito italiano è sostenibile o no?
Non si può dire con certezza senza assunzioni forti. E’ sostenibile, sia con il deficit/Pil 2019 all’1,9% sia con il 2,4%, a condizione che l’inflazione aumenti, che i tassi di interesse rimangano dove sono e che la crescita sia leggermente più forte. Ma c’è un fenomeno che riguarda tutti i debiti europei, non solo quello italiano, ed è il loro destino, quello di diventare “perpetui”.
Che cosa significa?
Ormai i debiti pubblici europei sono sempre più strutturali: i governi di coalizione che dominano molti paesi-chiave sono ormai schiavi del deficit come strumento di consenso. L’austerità ha costretto alcuni paesi tra cui l’Italia a tagliare spesa pubblica produttiva e aumentare spesa “elettorale”. Questa spesa è la peggiore, non perché produce poco Pil, ma perché se la tagli perdi voti. Quindi meglio costruire meno infrastrutture ma aumentare sussidi e pensioni.
Lei dice che il nostro debito è sostenibile, ma evidentemente non sono tutti della stessa opinione.
Diciamo meglio: il debito italiano è finanziariamente sostenibile, ma è diventato insostenibile politicamente. Molti economisti, anche quelli competenti che scrivono sul Corriere della Sera, hanno sottovalutato il costo politico dell’austerità negli ultimi vent’anni. Per questo costo non finanziario credo che il percorso italiano sia poco sostenibile senza aggiustamenti di politica a Bruxelles e a Berlino. A Francoforte si è fatto già abbastanza. Sono pessimista.
Vuol dire che l’austerity non è un tema economico, ma un tema politico.
Precisamente. Significa che a questi livelli estremi un debito pubblico come quello italiano non può essere analizzato in termini esclusivamente finanziari, senza prendere in considerazione la variabile più importante. Che non è economica, ma politica. Le democrazie occidentali non erano state concepite per distruggere il welfare state in un contesto di crescita stagnante. Giusto?
Come si presenta una legge di bilancio in cui 10 miliardi sono destinati al reddito di cittadinanza?
E’ un biglietto da visita pessimo. Con la pressione politica che subisce chi vìola lo schema determinato dal blocco Germania-Olanda-Francia e dai due grandi partiti europei al potere, Pse e Ppe, vuol dire la certezza di venire isolati e letteralmente ricattati. È la regola del club. E infatti è quello che sta avvenendo.
Altro che spread e rapporto deficit/Pil. E’ solo una questione di potere.
E’ così. A nessuno interessa davvero il reddito di cittadinanza e neppure la ratio 1,9 o 2,4%. Interessa il principio di disobbedienza all’autorità.
Autorità non eletta.
Non eletta e quindi più credibile e più pura dei governi sovranisti-populisti.
C’è un’alternativa al massacro? Le europee del 2019?
Prefigurare un continente di segno populista è un azzardo. Secondo me si va abbozzando qualcosa di diverso. Il Ppe potrebbe diventare un nuovo animale politico che, per ragioni di coabitazione o di coalizioni nazionali con partiti di destra, tenderà ad assimilare molti temi e istanze di tali partiti. Magari è meglio per l’Europa che il Ppe assorba e poi addolcisca per l’appunto quei temi che hanno regalato potere e credibilità ai cosiddetti partiti sovranisti e populisti. Salvini non sarà comunque ammesso al club Ppe, posto che lo desideri.
Vuol dire che il nuovo Ppe non vivrà più di austerità come durante il dominio Merkel?
C’è effettivamente la possibilità che cambi faccia.
Torniamo all’oggi. Qual è la differenza con il 2011?
Nel 2011 c’era una via d’uscita ovvia che si chiamava Draghi-Bce, mentre oggi non c’è più. Non vedo bene la situazione italiana, ripeto. Lo spread Italia-Spagna (190 punti base) ci segnala una indizio preoccupante: la periferia si sta spezzando tra chi è alla deriva — l’Italia — e chi mantiene una credibilità pur avendo una situazione economica non ottimale. C’è anche una ragione tecnica ed è la liquidità del debito pubblico italiano. Se un hedge fund vuole vendere 5 miliardi di Btp allo scoperto adesso, alle 6 del pomeriggio, per giocare contro la periferia europea, può farlo. Non può giocare allo stesso modo con i titoli spagnoli e portoghesi.
Non mi ha detto esplicitamente cosa pensa della strada imboccata dal governo.
La crescita Ue è tornata ad essere deludente, il Qe è alla fine e la Commissione intende rovinare il fantasioso progetto italiano per mostrare cosa succede a un paese che esce dal percorso predefinito da Bruxelles e Berlino (senza dimenticare il trio del Benelux che non tollera l’Italia). Il governo italiano sembra voler giocare col fuoco.
Cosa dovrebbe fare il nostro esecutivo, per cominciare?
Una cosa che non farà mai con piacere: accettare il fatto che Moavero è uno degli uomini più conosciuti e stimati a Bruxelles e che dovrebbe essere l’unico a poter interagire con “l’esterno”. Ma come lo si spiega a Salvini e Di Maio?
Secondo lei i populisti rovesceranno il potere precostituito in Europa?
No. Perché l’Europa occidentale — in particolare quella di coloro che effettivamente vanno a votare, sono fortemente rappresentati e hanno forte potere di lobby — è ancora troppo ricca per fare “la rivoluzione”. E perché il vecchio blocco dell’Est sta crescendo così bene che non vuole distruggere l’inizio di un possibile periodo di benessere.
(Federico Ferraù)