Texas. Ai giorni nostri. L’ennesimo attentato terroristico in un supermercato americano spinge il Governo a intervenire sul confine messicano per limitare il passaggio di terroristi, sempre più spesso infiltrati dai cartelli della droga, all’interno dell’impietoso traffico di essere umani. L’incarico viene affidato a Matt Graver, stimato agente della CIA, che si attiva nel fomentare la guerra interna dei cartelli così da renderli maggiormente vulnerabili. Ad accendere la miccia sarà Alejandro, incaricato sotto copertura da Graver di rapire la figlia di uno dei boss più potenti sul territorio. La guerra tra bande sfocerà in una violenza crescente che metterà a rischio la vita di Alejandro, oltre a quella del suo prezioso ostaggio.
L’Italia che si traveste. Dopo il successo di Gomorra (la serie), e di Suburra (il film), il regista nostrano Stefano Sollima, fieramente made in Roma, si misura per la prima volta con l’immaginario americano, con la potente industria hollywoodiana e con il corposo budget di produzione del cinema più ricco al mondo. Con uno stile asciutto, Sollima costruisce un film equilibrato, visivamente accurato, e rivela buon gusto, stile personale e talento narrativo.
Soldado non sfigura rispetto alla concorrenza di genere. Tiene alta la tensione, facendo uso di una ansiogena colonna musicale che odora di Nolan. Le immagini scure, vivide, espressive, ci portano lungo l’inquieta terra di frontiera messicana, popolata di uomini coraggiosi, disperati e violenti. È la frontiera dei muri da erigere, santificati da Trump come soluzione finale di un miope e ignorante disagio. È la frontiera della morte, cimitero quotidiano dei sogni dei popoli in cerca di fortuna. Un luogo disperato di traffici umani, tomba di un futuro impossibile e di una morale relativa.
Sollima eredita il talento e la disponibilità di un ombroso Benicio Del Toro e di un muscolare Josh Brolin, attori del primo capitolo di violenza, Sicario, firmato da Denis Villeneuve. Un primo capitolo che supera inevitabilmente l’opera di Sollima, credibile ma non sufficientemente originale per emergere nel mare degli action movie. Un racconto violento ma senza eccessi, che coinvolge senza emozionare a fondo, che propone interrogativi morali senza l’acume di un abile narratore di coscienze.
Molte immagini, quelle degli uomini, delle donne e dei bambini impauriti sorvolati da rumorosi e minacciosi elicotteri ricordano l’esperimento di innovazione digitale proposto da Inarritu alla Fondazione Prada, dove lo spettatore, munito di visore di realtà aumentata, veniva proiettato dentro all’azione, catturato dalla polizia di frontiera e ferito nel profondo dei suoi incubi.
Soldado è un’opera prima in terra americana, un buon segnale per il cinema italiano che esporta registi in cambio di budget allettanti e adeguati, capaci di aggiungere spettacolo e temperare gli eccessi di molto cinema di genere. Ci auguriamo soltanto che Sollima possa mantenere, se non accentuare, una propria identità, senza mai perdersi nel mare dell’ovvietà visiva e della storia preconfezionata per il pubblico pagante, così com’è già accaduto a più di uno tra i suoi quotati colleghi italiani.