Il Governo, al suo interno, e all’esterno con le istituzioni europee sta cercando un compromesso dove il finanziamento in deficit di maggiore spesa sociale non venga considerato destabilizzante e fonte di contagio. Colpiscono, in positivo, le parole di Draghi, nella sua veste di Presidente della Bce, che ritengono probabile tale compromesso. Questo appare un cambiamento notevole di valutazioni sull’Italia in relazione ai linguaggi apocalittici di qualche giorno fa. Cos’è successo?
Sul piano (geo)politico certamente è emersa la non convenienza per alcuno di esacerbare lo scontro tra Governo italiano e italianista e il sistema europeo. I partiti centristi e di sinistra al governo in Francia e Germania, e tantomeno la burocrazia europea, in crescente crisi di consensi, non vogliono regalare alle forze avversarie la possibilità di poter dire che l’Ue impedisce di rispondere alla domanda popolare espressa con voto democratico — crescente in molte nazioni — di contrasto alla povertà, meno tasse, e, in generale, di creare un sistema europeo dove ciascuna nazione possa trovare una posizione più comoda, cosa che implica un sostanziale cambiamento delle euroregole. D’altro lato, i partiti ora al governo in Italia non vogliono una crisi di fiducia sul debito italiano che devasterebbe l’economia azzerandone il consenso.
Inoltre, non va sottovalutato il timore di tutti nell’aggiungere una crisi dell’Italia in un momento di grande incertezza globale a causa delle dinamiche confuse che riguardano l’aumento del costo del denaro in dollari e il conflitto commerciale, in realtà politico, tra America e Cina. Tuttavia, tale compromesso sarà possibile solo se gli attori del mercato finanziario manterranno almeno una certa fiducia sull’Italia. Possibile?
Pochi giorni fa è emerso un dato molto indicativo: il mercato teme più il “rischio di ridenominazione”, cioè l’uscita dell’Italia dall’euro, che non quello di insolvenza del debito. Tale dato è molto chiaro nei prezzi dell’assicurazione che gli attori di mercato pagano quando comprano valori italiani. Ciò implica che se l’Italia desse rassicurazioni più forti sulla non volontà di uscire dall’euro, allora il capitale internazionale e nazionale non fuggirebbe dall’Italia stessa, mantenendola stabile nonostante la violazione dell’impegno formale di contenimento del deficit.
Pertanto questo — l’eurolealtà dell’Italia — sembra essere il punto di compromesso più che l’entità del deficit. Se così, l’ottimismo di Draghi è credibile.