Vera Squadrito ripercorre a Domenica In il dramma vissuto da sua figlia Giordana, uccisa da Luca Priolo, l’uomo che diceva di amarla: “Si era annullata per questa persona (…) I lividi? Lei mi diceva che era la danza, lo proteggeva. L’ha sempre protetto perché era il padre di sua figlia”. La donna, infatti, aveva avuto dal suo compagno una figlia, ma qualcosa, fra loro, non ha mai funzionato. “Inizializzate non aveva paura – ha ricordato Vera Squadrito – quando lo denunciò ne aveva tanta. Lui è stato denunciato perché c’è stato l’ennesimo ingresso in casa. (…) Quando vedeva gente in casa non bussava: scavalcava e entrava di nascosto”. Di fronte ai suoi atteggiamenti, Vera Squadrito ha cercato di “chiedere aiuto alla sua famiglia, che lo giustificava”, ma è quando Giordana ha cominciato a frequentare un altro uomo che il suo persecutore è diventato più spietato, fino a quel giorno in cui, ricorda sua madre, “Giordana non è più rientrata”. Oggi, conferma Vera Squadrito con il cuore colmo di dolore, “si vive solo nella speranza di lottare, di chiedere giustizia, rispetto”. (Agg. di Fabiola Iuliano)
Uccisa dal suo ex fidanzato
Giordana Di Stefano è stata uccisa con 48 coltellate dall’ex fidanzato e mamma Vera Squatrito non si è mai arresa di fronte al caso di femminicidio. Luca Priolo è stato condannato a 30 di reclusione dal tribunale di Catania lo scorso novembre e dovrà risarcire i genitori della ventenne e la figlia per il delitto commesso il 6 ottobre di tre anni fa. Il rito abbreviato ha permesso a Priolo di sfuggire all’ergastolo e prima ancora ha cercato di sottrarsi all’arresto delle autorità, subito dopo la tragedia. Secondo gli atti processuali il movente sarebbe da ricercare in quelle denunce di stalking che la ragazza aveva sporto contro l’ex fidanzato. Vera Squatrito racconterà il suo dramma a Domenica In nella puntata di oggi, 7 ottobre 2018, iniziando da come si è spezzata la vita di Giordana Di Stefano. Una ragazza solare che ha terminato la sua giovane vita per mano di chi si è appellato poi alla semi infermità mentale. Lo scrive la madre della vittima su Facebook, subito dopo aver scoperto che Priolo sarebbe stato trasferito a Messina a causa delle pressioni sociali, dovuti al clamore suscitato dalla triste vicenda. A tutto ciò il rischio che l’imputato potesse cavarsela anche con dieci o quindici anni di carcere, dato il tentativo della difesa di annullare le aggravanti per futili motivi e la premeditazione.
Vera Squadrito, il rischio di una pena breve
Vera Squatrito ha temuto a lungo che chi ha ucciso la figlia Giordana Di Stefano potesse cavarsela con una pena lieve. Lo scorso ottobre infatti è intervenuta a mezzo stampa e prima ancora con una petizione per impedire che Luca Priolo ottenesse il trasferimento nella comunità di Don Mazzi. “Non siamo tutelate né da vive né da morte”, ha sottolineato a La Sicilia sconcertata da quanto sarebbe potuto accadere. “Mia figlia aveva denunciato più volte il suo assassino per stalking”, aggiunge ancora riferendosi ad un esposto consegnato già nel 2013, due anni prima che il delitto venisse compiuto. I difensori di Priolo invece avrebbero usato ai suoi occhi ogni espediente per impedire che i giudici si esprimessero in modo pesante nei suoi confronti, cercando di ridurre in ogni modo la pena. Perizie durate anni, rilievi e molto altro ancora. “Siamo ancora alle prime fasi”, ha evidenziato lamentando un forte rallentamento da parte della Giustizia, da cui non si è mai sentita tutelata fino in fondo. “Uccisa con crudeltà”, ha invece detto il gup in fase di giudizio, una sentenza impugnata subito dall’avvocato Dario Riccioli in quanto difensore di Priolo. Il gup ha invece ritenuto significative le aggravanti, la lucidità dell’imputato al momento dell’omicidio e l’efferatezza dello stesso.
Il delitto poi la fuga
Il delitto e poi la fuga. Luca Priolo ha cercato di impedire il suo stesso arresto dopo aver colpito l’ex fidanzata Giordana Di Stefano con 48 coltellate. Una fuga avvenuta grazie all’auto della madre e terminata poco dopo grazie alla cattura delle autorità. “Sono stato io”, confessa poi ai carabinieri di Milano, dopo il ritrovamento del corpo della ragazza, avvenuto nella mattinata a bordo della sua Audi, parcheggiata nella periferia di Nicolosi, nel Catanese. La madre denuncia la scomparsa della ventenne all’alba, allarmata di non avedrla vista rientrare e convinta che sia successo qualcosa di brutto. Priolo infatti perseguita Giordana fin dal 2013, nonostante i due abbiano avuto una figlia, all’epoca di quattro anni. Al momento della cattura, i Carabinieri sono convinti che Priolo voglia cercare di raggiungere l’estero in treno. In lacrime, racconterà agli inquirenti come ha ucciso Giordana, dopo averla pedinata per anni. La denuncia tuttavia è solo quella dell’ottobre del 2013, in cui la vittima parla dei numerosi atti di stalking dell’ex compagno. Priolo quel giorno raggiunge la ragazza nella sua abitazione, entra da una finestra e aggredisce Giordana, credendo di aver visto un’auto sospetta che avrebbe potuto fare del male alla figlia. I due poi sembravano aver trovato una soluzione, soprattutto perché il condannato rinuncerà all’affidamento della bambina, ma solo se la ragazza ritirerà la denuncia. E invece non sarà così.