Anche ANPI, ARCI, CGIL, LIBERA e ARTICOLO 21 si schierano al fianco di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace arrestato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Ecco il comunicato congiunto riportato da Soveratiamo: “Riace, un piccolissimo paese quasi spopolato della profonda Calabria, è diventato un simbolo nel mondo. Il modello Riace è semplicemente la straordinaria dimostrazione che si può costruire un efficace sistema di accoglienza diffusa, che l’integrazione rappresenta una importante occasione di sviluppo per il territorio, che costruire una società inclusiva e accogliente è un vantaggio per tutti”. Si legge poi nella nota: “Un’utopia contro la quale negli ultimi mesi aveva fatto già balenare le sue accuse il Ministro dell’Interno: la colpa di Riace sarebbe quella di aver accolto troppo, anche oltre le decisioni delle commissioni prefettizie. Le inchieste della magistratura si rispettano sempre, ma questa ordinanza nei fatti blocca l’esperienza più significativa che dimostra come integrazione e accoglienza siano la chiave di volta per risollevare l’intero Paese. Restiamo in attesa di conoscere i dettagli del provvedimento, ma esprimiamo solidarietà al sindaco Mimmo Lucano e ci mobiliteremo per confermare tutta la nostra vicinanza alla comunità di Riace”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
“NON HO NULLA DA NASCONDERE”
«Ha operato non come sindaco, rappresentando i cittadini nel rispetto delle regole, ma come un monarca, ammettendo di fregarsene di quelle regole che sono una garanzia per tutti. Sarà pure un illuminato, ma non può passare. L’unico Stato nello Stato che c’è in Italia, oltre al Vaticano, è San Marino e non Riace»: le parole del pm D’Alessio fanno capire come la situazione anche nelle stesse procure è alquanto ingarbugliata. Dalle carte infatti emerge come il Gip abbia definito «accuse inutilizzabili» ben 6 capi di imputazione su 8 che potevano essere portati davanti alla Corte per il caso Riace. Il Giornale questa mattina approfondisce quelle carte e propone una versione anti-Lucano in cui il sindaco calabrese in realtà sarebbe stato “salvato”, per ora, da alcuni errori del Gip Domenico Di Croce in sede di interrogatori e indagini. In sostanza due testimoni chiave sarebbero stati interrogati senza l’avvocato, rendendo per ora inutili come teste: in attesa di capire se vi siano riscontri con la realtà procedurale del caso Riace, il sindaco Lucano sta per parlare con il Gip spiegando prima di entrare in Tribunale «Non ho nulla da nascondere, tutto quello che so lo dico. Parlerò, certo che parlerò, se mi fanno parlare: è tutto assurdo, tutto».
SCOTTO (LeU): “SALVINI VUOLE GUERRA CIVILE STRISCIANTE”
Non si placa la polemica politica sul caso di Riace, con le opposizioni politiche che attaccano Salvini identificato come “presunto mandante” dell’arresto “rumoroso” del sindaco. «Mi pare che Salvini ci abbia messo la firma su questo arresto. E’ da mesi che bombarda il modello Riace, è da mesi che da eletto in Calabria parla esclusivamente di questa come un’anomalia senza citare i problemi legati alla malavita», ha spiegato Arturo Scotto (LeU) intervistato da Radio Cusano Campus. Attacca però in termini molto più specifici sul rapporto con l’ndrangheta e la lotta alle mafie, addirittura denunciando «non ho mai sentito una parola di Salvini contro la ‘ndrangheta. Ho sentito invece molte parole di Salvini contro il sindaco di Riace. Salvini dovrebbe spiegare perché nel suo decreto, cosiddetto sicurezza, ha deciso di smantellare il modello Sprar, il modello dell’accoglienza diffusa, della responsabilità delle comunità. Siccome da qualche parte l’accoglienza si dovrà fare, Salvini sta incentivando le mega concentrazioni, le situazioni che già hanno prodotto quella degenerazione che lui dice di denunciare e di combattere. Così saranno sempre i soliti noti ad arricchirsi intorno a quel business». Concludendo l’infuocata intervista contro il Ministro degli Interni, Scotto sbotta in difesa del modello Riace: «Bisognerebbe invece incentivare il modello Riace e dare ai migranti la possibilità di lavorare e di integrarsi, non sovraccaricando le periferie e i luoghi più disagiati di questo Paese. Salvini ha intenzione di scatenare una guerra civile strisciante».
IL FRATELLO DI LUCANO, “SI FARÀ VALERE”
Mentre infuria la polemica a livello politico, tra chi accusa ora il sindaco di Locri di rappresentare piuttosto il fallimento di un modello di immigrazione e integrazione spesso lodato e chi invece va all’attacco della magistratura per una decisione a suo modo shock a cui ha fatto seguito anche la sospensione dalla carica di primo cittadino del centro calabrese, a parlare sulla vicende di Domenico Lucano è suo fratello Giuseppe. L’uomo è stato intervistato nel corso dell’odierna puntata di Tagadà, il talk show condotto da Tiziana Panella su La7, e in diretta da Locri sono arrivate anche diverse testimonianze da parte dei concittadini e di alcuni migranti lì ospitati: “Mio fratello è tonico, ha voglia di farsi valere” ha rivelato Giuseppe Lucano che, difendendo il fratello, nega in modo categorico che “Mimmo” sia abbattuto dopo quello che è successo e anzi è pronto a far valere le sue ragioni. (agg. R. G. Flore)
PM LOCRI SI DIFENDE
Ad essere in discussione non è soltanto il cosiddetto “modello Riace”, diventato negli ultimi anni simbolo di un’accoglienza possibile e sostenibile in fatto di immigrazione, ma anche le sorti del sindaco della cittadina calabrese, quel Mimmo Lucano che potrebbe pagare a caro prezzo un’eccessivo impegno a favore dell’integrazione dei rifugiati che hanno ripopolato il suo Comune. Un confine sottile tra giustizia e legalità, che adesso fà di Mimmo Lucano l’uomo travolto dalla bufera mediatica e trascinato ad emblema politico (positivo o negativo, a seconda di come la si pensi). A raccontarne lo stato d’animo in queste ore complicate dopo l’arresto, è stato il fratello Giuseppe ai microfoni di Tagadà, la trasmissione di La7 condotta da Tiziana Panella:”E’ amareggiato ma è anche sereno, vuole fare valere le sue ragioni, che sono quelle giuste. Bisogna andare nel dettaglio delle cose, io non conosco la situazione ma lui mi è appena detto di essere accusato di un reato di umanità”. (agg. di Dario D’Angelo)
IL FRATELLO DI MIMMO LUCANO, “OPERAZIONE POLITICA”
L’arresto di Domenico “Mimmo” Lucano, sindaco di Riace, continua a far discutere. L’accusa a carico del primo cittadino è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che va certamente a cozzare con l’inserimento del suo nome, sa parte della rivista americana “Fortune”, nella lista delle 50 persone più influenti al mondo per il suo modello virtuoso. A tal proposito, ad esprimersi su questo aspetto nelle passate ore, come avevamo spiegato nel focus precedente, era stato il pubblico ministero di Locri, Luigi D’Alessio, che all’Ansa aveva spiegato: “Se il modello Riace dovesse fallire, non sarà colpa certo della Procura”. Intanto, da esempio di perfetta gestione dei flussi migratori, Lucano è finito agli arresti domiciliari. A scendere ancora una volta in campo, in sua difesa, è stato il fratello Giuseppe che intervistato dai microfoni del programma Stasera Italia lo ha difeso asserendo: “È evidente che sia un’operazione politica, dovuta al clima che si respira oggi in Italia”. L’uomo ha quindi aggiunto che “mio fratello non ha rubato nulla, come si evince dalle carte. Anzi ci ha rimesso”. A sua detta, inoltre, si sarebbe ormai perso il confine tra giustizia e legalità. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
IL CASO RIACE DIVIDE L’OPINIONE POLITICA
Il caso di Riace ha spaccato la politica italiana, qualora ci volesse ancora qualche altro elemento per “favorire” il clima incendiario già pre-esistente. L’arresto ieri mattina del sindaco Domenico “Mimmo” Lucano – per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti – ha fatto gridare allo scandalo il Pd, le associazioni in difesa dell’accoglienza dei migranti, diversi quotidiani e tutti coloro che in nome di una ostinata contrapposizione alla “linea Salvini” prende a difesa il “modello Riace” da diversi mesi ormai in aperto contrasto con il Ministro degli Interni. Ma bisogna sempre distinguere tra caos politico e reali fatti giudiziari, cosa assai non facile data la baraonda creata dopo gli arresti domiciliari del sindaco calabrese: l’attacco di Saviano a Salvini, la continua “contrapposizione” tra pro-contro il leader della Lega e tutti gli elementi ancora poco chiari delle reali responsabilità penali di Lucano (non tutti i giudici che si sono espressi sono concorsi, come spieghiamo qui), tutto contribuisce a creare ancora più confusione in una vicenda già di per sé complicata.
PM “NON È COLPA NOSTRA SE FALLISCE MODELLO RIACE”
Raggiunto dall’Ansa, ha parlato ancora (ieri era stato intervistato da LaPresse, ndr) il pm di Locri Luigi D’Alessio che indaga sul caso Riace: «La nostra inchiesta non ha rappresentato un attacco al modello Riace. Se il modello Riace dovesse fallire, non sarà colpa certo della Procura di Locri», si difende dalle accuse di “indagini a fini politici” il procuratore, non prima di aggiungere «abbiamo ravvisato delle ipotesi di reato e quindi, procedendo, abbiamo fatto il nostro dovere. Stiamo, comunque, preparando il ricorso al Tribunale del riesame, che depositeremo nei prossimi giorni». In un’altra nota, D’Alessio ha sottolineato come Lucano abbia dimostrato una «spigliatezza disarmante, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell’ammettere pacificamente più volte, ed in termini che non potevano in alcun modo essere equivocati, di essersi reso materialmente protagonista ed in prima persona adoperato, ai fini dell’organizzazione di matrimoni ‘di comodo’». In difesa di Lucano questa mattina è giunto anche il sindaco di Milano, Beppe Sala: «Certamente avrà sbagliato ma da qui a buttargli la croce addosso mi sembra altrettanto sbagliato. Comunque lo ha fatto per generosità. Lo ha fatto come spesso capita ai sindaci che hanno tante regole da rispettare ma anche tante richieste dalla cittadinanza. Oggettivamente questo sindaco ha trasformato Riace».