“Sia il fatto che il Dpb preveda un’espansione fiscale prossima all’1% del Pil, ove il Consiglio ha invece raccomandato al Paese un miglioramento del suo saldo strutturale, sia l’entità della deviazione (una differenza di circa l’1,5% del Pil) non hanno precedenti nella storia del Patto di stabilità e crescita”. Parole piuttosto dure quelle contenute nella lettera firmata da Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici recapitata personalmente dal commissario agli Affari economici a Giovanni Tria. “La Commissione europea mira a proseguire un dialogo costruttivo con l’Italia per arrivare ad una valutazione definitiva. La preghiamo di fornire le sue osservazioni entro lunedì 22 ottobre, a mezzogiorno, al fine di consentire alla Commissione di tenerne conto prima di emettere il suo parere formale sul Dpb”, è la conclusione della missiva.
“Abbiamo constatato queste valutazioni diverse, riteniamo di dovere approfondire le nostre spiegazioni delle ragioni della nostra politica, di far conoscere meglio alla Commissione le riforme strutturali che porteremo avanti con la legge di bilancio e quindi di poter avvicinare speriamo le nostre posizioni”, ha detto il ministro dell’Economia nella conferenza stampa seguita all’incontro con Moscovici, mentre il Premier Giuseppe Conte, da Bruxelles, ha spiegato che “noi già dovevamo partire da un riallineamento all’1,2%, più le clausole Iva si andava al 2%. Dal 2% al 2,4% è smentito che si tratti di una deviazione senza precedenti”. All’orizzonte sembra quindi intravvedersi un lungo braccio di ferro tra Italia e Ue. Come potrebbe andare questo “scontro”? Lo abbiamo chiesto a Gustavo Piga, Professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.
Professore, come pensa che potrebbe andare questo braccio di ferro tra Italia e Ue?
Premetto che essendo un economista non sono un grande politico e quindi le cose potrebbero andare diversamente da quel che penso. Detto questo, ritengo che non ci sia battaglia: il Governo italiano trionferà. A meno che l’Europa, questa Europa che come si è visto dall’ultimo Eurobarometro è sempre meno amata dai cittadini, non abbia deciso formalmente e seriamente di suicidarsi. L’Europa deve capire che questo cambiamento quasi “antropologico” dell’Italia nei suoi riguardi è stato causato da un doppio errore: una mancanza di ascolto da parte dei paesi partner e una mancanza di voce da parte dei precedenti governi italiani. E tra sordi e muti è difficile che ci si possa capire.
E ora, dopo questo doppio errore, lo scontro rischia di essere piuttosto serio…
Siamo arrivati a un punto di non ritorno. Ne abbiamo già passato un altro come la Brexit – e abbiamo perso uno dei partner più importanti dell’Ue -, ora rischiamo di perdere uno dei membri fondatori, se per caso venisse a questi signori di Bruxelles il ghiribizzo di dare un’ammenda all’Italia, trasformando una costruzione per la pace, l’Ue, in una specie di rapporto contrattuale di diritto privato. Ha ragione Salvini quando dice che la mattina dopo il consenso per questo Governo crescerebbe ulteriormente per quanto sarebbero disillusi gli italiani sul concetto di Unione europea.
Si è anche detto che Bruxelles è debole, visto che si avvicinano le elezioni di primavera.
È così. Inoltre, c’è da considerare che il Fiscal compact ha esaurito formalmente il suo ruolo: aveva una vita di cinque anni, trascorsi i i quali i paesi si sarebbero dovuti riunire per valutarne l’impatto e decidere il da farsi. L’impatto è stato talmente negativo che la stessa Commissione europea non lo metterà nei trattati, ma vuole inserirlo tra le direttive. Tuttavia l’Italia ha il potere di veto su questo.
Mi scusi Professore, cosa c’entra il Fiscal compact con questo scontro tra Italia e Ue?
Si è sempre detto che il Fiscal compact è sparito, ma io ho continuato a dire che resta il centro di tutto. E guarda caso la scelta di un Governo dell’Ue di dire finalmente che non convergerà al pareggio di bilancio in tre anni, sancendo quindi la morte sostanziale del Fiscal compact, ha portato lo scontro al livello finale. Quindi il centro della questione è ancora il Fiscal compact. La Grecia avrebbe voluto fare quel che sta facendo il nostro Paese ora, ma le è stato tolto l’ossigeno. Per fortuna l’Italia ha dei polmoni potenti, un sistema economico più solido e una presenza politica diversa da quella greca.
Come la mettiamo però coi mercati: non crede che i nostri titoli di Stato verrebbero messi sotto forte pressione?
È vero, è possibile, ma sono convinto che la Banca d’Italia possa fare quello che ha sempre fatto in maniera gloriosa in tutti questi decenni: chiamare a raccolta il sistema bancario per difendere il nostro debito pubblico. Si chiama moral suasion, me l’hanno insegnata all’università quando avevo vent’anni e so che c’è un Governatore in via Nazionale che con quella moral suasion è stato educato e cresciuto. Avremo bisogno di tutte le cartucce a nostra disposizione per ricordare alle banche che sono prima di tutto italiane e quindi devono proteggere il debito pubblico italiano. Tuttavia io non credo che arriveremo a tanto, ritengo che alla fine si troverà un compromesso.
In che modo?
Visto che il Def non si deve, per fortuna, toccare, anche perché già approvato dal Parlamento, il Governo potrebbe predisporre una manovra che sia più simpatetica con le preoccupazioni europee: meno trasferimenti, più investimenti pubblici, più spending review. Ci sono una serie di messaggi che questo Governo non ha ancora mandato sulla manovra all’Europa e che farebbero bene anche allo stesso esecutivo.
In sostanza secondo lei l’Italia potrebbe resistere a una fase avversa dei mercati, con uno spread in crescita. Una situazione diversa quindi da quella del 2011…
Certo che è diversa, perché paradossalmente ogni aumento di spread fa crescere il consenso del Governo, mentre nel 2011 l’esecutivo di Berlusconi perdeva credibilità a ogni incremento del differenziale tra Btp e Bund. Non dobbiamo dimenticare che Lega e M5s avevano parlato di uscire dall’euro, ma ora hanno smesso di farlo, che il Governo ha messo addirittura un tratto discendente del deficit/Pil nella Nadef venendo incontro alle esigenze europee: vogliamo proprio andare a svegliare il can che dorme?
Cosa intende dire?
Non è che si muore letteralmente fuori dall’euro, ma è ovvio che tutta la costruzione europea, che già è monca senza il Regno Unito, senza l’Italia non avrebbe più senso. Quindi l’Italia ha il coltello dalla parte del manico: Lega e M5s potrebbero ritornare a parlare di uscita dall’euro se la tensione dovesse continuare a salire. Sarebbe una follia da parte dell’Europa.
Uscire dall’euro, è stato ripetuto più volte, porterebbe con sé un alto prezzo da pagare…
Guardi, noi l’abbiamo già pagato il prezzo. L’Italia ha pagato un prezzo terrificante per l’aver seguito, a mio avviso idioticamente, i consigli europei. Il prezzo lo pagherà l’Europa, perché non esiste un’Europa senza l’Italia, sarebbe qualcosa di diverso, un insieme di paesi servi di Francia e Germania: esattamente quello che Churchill diceva non ci doveva essere. Torneremmo in un mondo balcanizzato, che è proprio quello che ha preceduto questa grande decisione di vivere un’unione. E un’unione si vive nella solidarietà reciproca.
Per evitare il peggio occorrerà quindi non solo un passo avanti dell’Italia, ma anche una disponibilità all’ascolto da parte europea. Ritiene che sia possibile?
Macron si è rivelato un’enorme delusione, ma credo che Angela Merkel abbia capito quello che sta accadendo intorno a lei. Ha preso anche delle belle botte in testa, ma credo che abbia coscienza e conoscenza di quanto sta avvenendo in Italia in questo momento e penso che sarà alla fine lei a trovare le leve giuste per il compromesso. Tenuto conto che il Governo può fare i suoi passi avanti: da quando è in carica non si è visto un investimento pubblico e non si è vista una mossa di spending review.
(Lorenzo Torrisi)