C’è un che di paradossale nell’atteggiamento dei commissari europei Moscovici e Dombrovskis, che da giorni cannoneggiano la manovra finanziaria del governo per il triennio 2019-2021. Infatti se si guardano le date delle loro infuocate dichiarazioni appare evidente come abbiano cominciato a sparare nel mucchio ben prima di ricevere i documenti di merito.
E lo hanno fatto a mercati aperti, violando apertamente quelle regole di comportamento che devono caratterizzare il loro ruolo in base ai codici di condotta della Commissione europea, ma soprattutto contraddicendo il richiamo che Mario Draghi aveva usato proprio contro il governo italiano rimproverandolo per i continui annunci non fondati su fatti.
Perché paradossali? Pierre Moscovici, socialista francese non nuovo ad un uso strumentale del ruolo, ha superato se stesso, a documenti ricevuti, apprezzando il fatto che il deficit proposto scenda nel triennio in modo significativo, ma concludendo che si parla di un governo euroscettico e xenofobo.
Pregiudizio allo stato puro. Peggio di lui è riuscito a fare solo il presidente del parlamento europeo e quasi capo di Forza Italia Antonio Tajani, che ha infierito su Paolo Savona in visita a Strasburgo continuando a insistere perché il governo cambi la manovra e dimenticando che nel suo ruolo avrebbe piuttosto dovuto bacchettare i commissari che avevano maltrattato un governo, ed il suo paese, l’Italia, senza leggere le carte. Provincialismo di basso profilo, per di più dispensato da un politico che ha vissuto sulla pelle del suo mentore Berlusconi l’ostracismo degli euroburocrati.
Alla fine le cose più ragionevoli le hanno dette proprio quei rappresentanti del governo italiano, dall’ambasciatore Benassi a Berlino direttamente alla Merkel, a Paolo Savona a Strasburgo, a Tria a Bruxelles che hanno ripetuto ad oltranza: mai fuori dall’euro, dialogo con la Commissione, crescita come obiettivo e non “panem et circenses”. Tajani e gli altri hanno perso una buona occasione per rendere chiaro che essere europeisti non significa essere anti-italiani. Anche perché nel giro degli operatori finanziari queste uscite tanto frettolose quanto improvvide hanno sortito reazioni di segno opposto. A qualcuno degli speculatori potrebbe venire in mente di andare a vedere le carte degli eurofustigatori e scoprire che la manovra gialloverde è molto meno pericolosa di quella famosa di Renzi nel 2015 che con gli 80 euro di marca clientelare devastò i conti pubblici.