RIO DE JANEIRO — “Ho cinque figli. I primi quattro sono maschi, l’ultima volta ho vacillato ed è uscita una femmina”. “Non c’è rischio che uno dei miei figli si innamori di una negra perché li ho educati molto bene”. “Se divento presidente non ci saranno più soldi per le Ong”. “Non potrei mai amare un figlio omosessuale”. “L’errore della dittatura in Brasile è stato torturare e non uccidere”. “Pinochet ne avrebbe dovuti ammazzare di più”.
È al terzo matrimonio. Ha fatto eleggere la prima moglie, il fratello e tre figli a varie cariche. Di questi Eduardo è stato rieletto in Parlamento con il record storico di preferenze, mentre il suo patrimonio è più che quadruplicato negli ultimi quattro anni in cui è stato deputato (dichiarazioni sue).
Stiamo parlando di Jair Bolsonaro, candidato alla Presidenza della Repubblica Federale del Brasile, il quinto paese al mondo per estensione, e il sesto per popolazione.
A una settimana dal voto i sondaggi lo danno al 59%. Il suo avversario Haddad è al 41% e perderebbe anche convincendo tutti i gli indecisi, i bianchi e i nulli. Dovrebbe far cambiare candidato a qualche milione di elettori, ma ogni attacco aumenta solo chi non voterebbe mai per lui. Quella è l’unica categoria in cui è in testa: 47% contro 35%.
Il paese è spaccato in modo così netto che sembra una caricatura: più cresce ricchezza e istruzione, maggiore è il vantaggio di Bolsonaro. Il 74% degli evangelici e il 68% dei bianchi voterà per lui. Una grande manifestazione femminista contro di lui, sotto la bandiera dell’hashtag #ELENÃO (#luino), lo ha fatto schizzare al 54% di approvazione addirittura da parte delle donne. Com’è possibile?
“Bolsonaro è una creazione di chi si crede padrone della verità” è la risposta di Cid Gomes, il fratello di Ciro, il candidato di sinistra che è stato il primo degli esclusi al ballottaggio. Piuttosto che il Pt, che ha governato 14 anni e mandato il paese alla bancarotta, i brasiliani preferiscono un personaggio come Bolsonaro.
I programmi elettorali non valgono molto per prevedere cosa si farà quando eletti, ma dicono tanto di chi li scrive. Quello del Pt è lungo 60 pagine. Dedica le prime 6 ad incolpare Temer e il Psdb di golpe per l’impeachment di Dilma e la prigione di Lula, altrettante a proposte di riforme costituzionali per “democratizzare” il potere giudiziario (che lo ha decimato con l’operazione Lava Jato) e stabilire forme di controllo sociale sui media, 17 pagine ai “diritti” (tra cui quelli Lgbti+) e 14 all’ecologia.
Inizia le 10 pagine dedicate all’economia denunciando “le aggressioni imperialiste contro la sovranità nazionale dei paesi economicamente centrali a quelli più fragili”, per poi delineare la sua strategia di ripresa: investimenti pubblici, reindustrializzazione, no alle privatizzazioni, rinazionalizzazione del petrolio e revoca del tetto alle spese statali. Il tutto senza un minimo di autocritica.
Non stupisce che stiano fallendo i tentativi del Pt di unire in un Fronte democratico tutta l’opposizione al candidato di destra. Ciro Gomes — considerato l’alleato naturale — invece di sostenere Haddad sta visitando l’Europa. Aveva raccolto il 12% dei voti che si pensava sarebbero passati in blocco ad Haddad, ma — addirittura in questa fascia di decisa sinistra — un quarto preferisce Bolsonaro.
Il fratello Cid interviene ad un evento a favore di Haddad. Chiede al Pt di riconoscere i suoi errori. I petisti insorgono per interromperlo, lui si lascia andare e dice cosa pensa veramente per due minuti e mezzo.
Evidentemente è stato ripreso in video. Quei due minuti e mezzo sono ora l’apertura dello spot elettorale di Bolsonaro.