In merito alla Quota 100, misura su cui sarà incardinata la riforma delle pensioni inserita nella manovra 2019, Cesare Damiano ha ricordato che “secondo i dati forniti dall’Inps, nella scorsa legislatura, alla Commissione Lavoro della Camera, in relazione a una proposta di legge equivalente a quella che attualmente riguarda la cosiddetta Quota 100, il costo medio annuo di tale proposta sarebbe pari a 6 miliardi di euro”. Durante un convengo sulle pensioni organizzato a Roma dall’associazione Lavoro&Welfare, secondo quanto riportato dall’Agenzia Dire, l’ex ministro del Lavoro ha anche spiegato che per la proroga triennale di Opzione donna ci vorrebbero 30 miliardi di euro, “spalmati nell’arco di tre anni. A questo punto del ragionamento, non resta che chiedersi: dove sono queste risorse? Quale pezzo di questo schema verrà buttato prima giù dalla torre? Il fatto è che, per ciò che riguarda il sistema previdenziale, non si può continuare a fare interventi a pezzi finalizzati, una volta, a fare soldi o, la volta successiva, a prendere voti. Occorrerebbe impostare una riforma complessiva a partire da una visione veramente prospettica”.
La guerra del Governo gialloverde contro le “pensioni d’oro” – specie nelle intenzioni del Movimento 5Stelle – prosegue e verrà inserita anche all’interno della nuova Manovra, ma la battaglia sui vari ricorsi è tutt’altro che finita. Secondo quanto emerso oggi sul Messaggero, l’ex legale del Comune di Perugia, Mario Cartasegna, ha vinto l’appello in Corte dei Conti: potrà dunque riavere indietro la sua pensione di 20mila euro al mese dopo che invece l’Inps nel 2016 lo aveva decurtato a circa 5300 euro mensili. In primo grado la Corte dei Conti aveva dato ragione a Boeri, mentre ora è Cartasegna a trovare il successo nel processo: «Si tratta – ha detto alla Nazione Umbria il suo legale, Alarico Mariani Marini – di una sentenza lineare, che ha accolto una delle tesi che noi avevamo prospettato, visto che avevamo proprio eccepito che erano scaduti i termini per presentare ricorso da parte dell’Inps». Si tratta di una mera vicenda burocratica – ovvero la scadenza dei termini per la presentazione della revisione – ma nei fatti d’ora in poi dovrà come diritto riavere indietro quella pensione considerata “‘oro” dal Governo gialloverde.
DI MAIO APRE ALLA NONA SALVAGUARDIA PENSIONISTICA
Dopo aver ascoltato le istanze degli esodati, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha aperto alla nona salvaguardia pensionistica. Ha dato mandato ai suoi tecnici di lavorare ad una soluzione da portare in Legge di Bilancio. Dopo sette anni e otto provvedimenti, potrebbe concretizzarsi a breve un nuovo intervento legislativo in favore degli ultimi lavoratori lasciati senza tutele previdenziali dalla legge Fornero. Secondo alcune stime, sarebbero 6mila, soprattutto donne del settore privato, ma manca l’ufficialità sul numero. Sono tre le richieste formulate nel corso dell’incontro che si è tenuto il 18 ottobre. La certezza che sia un intervento conclusivo è stata la prima richiesta. Poi – come riportato da PensioniOggi – è stata avanzata quella che si utilizzi per tutte le categorie il criterio della maturazione del requisito del diritto a pensione come parametro per scorrere la graduatoria fino a raggiungere i 6.000 posti in platea per i vari profili di tutela. Infine, il cumulo gratuito dei contributi ai fini del raggiungimento del requisito contributivo per la pensione di anzianità e sia il blocco degli adeguamenti alla speranza di vita previsti dalla Legge Fornero sia degli incrementi di cui alla legge 111/2011 per le donne del settore privato. (agg. di Silvana Palazzo)
Un allarme, e non è certo l’unico, avanzato dal mondo degli industriali, dei lavoratori e degli esperti di materie previdenziali e diretto contro la Quota 100 del Governo gialloverde: «Più di un milione di dipendenti pubblici in Italia rischia di avere seri problemi per andare in pensione: a causa di disguidi burocratici vecchi di anni, infatti, ci sono dei buchi nella contribuzione previdenziale. Chiediamo che lo Stato corra immediatamente ai ripari, altrimenti con la quota 100 già dal 2019 ci troveremo in emergenza», sono le parole di tensione pronunciate da Francesco Prudenzano, segretario generale Confintesa dopo aver riunito i 200 dirigenti nazionali a Palermo nei giorni scorsi. Parlando sempre in Sicilia la segretario generale Cgil, Susanna Camusso, ha rincarato la dose sul superamento della Legge Fornero: «Troppi governi hanno giocato con i numeri dell’occupazione in questo Paese. Il mercato del lavoro è stato bloccato dall’improvviso innalzamento dell’età pensionabile. Quota 100 ha in sé un difetto: non affronta il tema delle donne, dei giovani, del lavoro discontinuo, delle zone di flessibilità e non interviene sui meccanismi di diseguaglianza introdotti dalla legge Fornero». (agg. di Niccolò Magnani)
QUOTA 100 E APE VOLONTARIO: LE TEMPISTICHE
Sul portale tra i più consultati dagli insegnanti e da tutti i lavoratori del mondo scolastico – Orizzonte Scuola – sono numerose in questi giorni le lettere di diversi docenti che chiedono cosa e come cambierà nella loro pensione dopo l’approvazione della Manovra Economica e la “riforma” della Quota 100 che lentamente dovrà andare a sostituire la Legge Fornero. Ebbene, sulle tempistiche “strette” occorre sottolineare alcuni casi d’esempio: un lettore del portale chiedeva « ho 64 anni e mezzo di età e 35 e mezzo di contributi posso usufruire della quota 100?» e i colleghi di Orizzonte Scuola, riferendosi al testo della nuova Quota100, replicano che purtroppo non sarà possibile accedere alla nuova norma del Governo gialloverde perché sono richiesti per legge almeno 62 anni di età e soprattutto 38 anni di contributi per poter “uscire” prima dal lavoro. Se però dovesse attendere i 2 anni e mezzo per far arrivare i contributi a 38 anni, in realtà arriverebbe già nella scadenza naturale della pensione di vecchiaia, dunque la Quota100 non potrà essere usufruita. In quel caso specifico dell’esempio però, il lavoratore in questione può aver diritto e richiedere l’Ape volontario, che non è stato cancellato dall’attuale Governo. In sintesi, la quota dei contributi – 38 anni – deve sempre rimanere fissa, con la Quota 100 che dunque può dirsi tale solo tenendo ferma quella cifra. (agg. di Niccolò Magnani)
Per la Cisal è “necessario, urgente e soprattutto economicamente sostenibile modificare la Riforma pensioni della Fornero, cancellando nel contempo l’ape volontaria, causa di costi iniqui per i singoli e per la collettività”. In una nota il Segretario generale Francesco Cavallaro segnala che bisognerebbe quindi procedere a una riforma delle pensioni “in barba al terrorismo psicologico innescato dalle proiezioni Inps, con particolare riferimento all’ipotesi di ‘abolizione della pensione anticipata e al ripristino della pensione di anzianità con quota 100 o 41 anni di anzianità contributiva’, che porterebbe a un costo, a regime, pari a 6 punti percentuali del Pil 2018. Elemento, questo, a nostro avviso, poco rilevante in considerazione dell’ampio arco temporale preso in esame. Le note stesse precisano che i maggiori oneri legati all’aumentato numero di trattamenti previdenziali si ridurranno dal 2030, fino a trasformarsi dal 2040 in risparmi”.
La Confederazione italiana sindacati autonomi lavoratori fa anche notare che “il maggior costo delle nuove pensioni è stato calcolato al lordo degli effetti fiscali, senza quindi valutare che una parte rilevante di tale spesa è destinata a rientrare con effetto immediato nelle casse dello Stato, o meglio a non uscirne mai, sotto forma di tasse”. Per Cavallaro non bisogna poi scordare che “il turnover innescato dalla quota 100 comporterebbe, oltre alla corresponsione di contributi e imposte da parte dei nuovi assunti, un indubbio effetto positivo per l’economia anche sotto il profilo dei consumi”.