In Europa solo due Paesi prevedono una Deviazione Significativa (cioè maggiore dello 0,5% del Pil) rispetto alla correzione richiesta dalla Commissione. E sono l’Italia e la contigua Slovenia. Questo spiega l’attenzione che Bruxelles e tutti i partner dell’Unione hanno per la manovra messa a punto dal Governo giallo-verde con l’intenzione di raggiungere un rapporto tra deficit e prodotto interno del 2,4% con questo ricorrendo a nuovo debito.
Per immaginare e presentare una manovra che va in direzione opposta a quella prevista e caldeggiata dalle Autorità europee – le quali infatti l’hanno rispedita al mittente con richieste di modifica – l’esecutivo guidato da Conte ma ispirato da Salvini e Di Maio prevede di procurare un aumento della ricchezza prodotta nel 2019 dell’1,5%. È molto? È poco? È moltissimo se compariamo il dato con l’andamento degli ultimi anni. È poco se ci confrontiamo con l’Europa. Qui, infatti, la crescita media prevista sarà nel prossimo anno del 2%. E questo grazie anche alla decisione della Germania di spendere un po’ del surplus accumulato nel tempo violando la regola che impedisce di avere un avanzo eccessivo nella bilancia commerciale a danno dei Paesi economicamente più deboli. Più che il risultato di un atto di benevolenza, questa scelta si spiega col fatto che anche i tedeschi sono sensibili alle stagioni elettorali.
Comunque sia, il primo e il secondo Paese manifatturiero d’Europa – la Germania e l’Italia, appunto (ma anche tutti gli altri, a seconda delle diverse esigenze interne) – si stanno organizzando per servire gli interessi che i rispettivi gruppi dominanti ritengono necessari alla propria sopravvivenza politica. Ma se le notizie che arrivano da Berlino sono accolte con favore, quelle studiate a Roma sollevano preoccupazione e incertezza sui mercati come l’andamento di Borsa e spread dimostrano.
Eppure, il ragionamento che sta alla base della manovra non convenzionale congegnata dall’Italia fonda su un assunto riconosciuto e condiviso: quando lo Stato interviene deve farlo in funzione anti-ciclica rispetto all’andamento dell’economia, con azioni espansive in periodi di vacche magre e azioni restrittive in periodi di vacche grasse. Dunque, persistendo la crisi, ben venga una maggior spesa per stimolare i consumi e quindi la domanda nel tentativo d’incoraggiare la ripresa.
Senonché a pesare su questa impostazione in teoria accettabile è un debito pubblico che ha superato il 130% del Pil raggiungendo un livello che gli investitori, nazionali e internazionali, giudicano di guardia. Spingendosi oltre il quale, cioè, si rischia di andare sottosopra perché non si troverà nessuno disposto ad acquistare i titoli che quel debito rappresentano se non a prezzi che sarà molto difficile rimborsare. La prospettiva è una spirale negativa.
Si tratta, in tutta evidenza, di accettare una scommessa che sconfina nell’azzardo. Sulla carta il meccanismo ha patenti nobili e potrebbe funzionare. Nella realtà è assai difficile che il gioco possa riuscire perché il suo dispiegamento non avviene sottovuoto spinto, ma sotto l’influsso delle interferenze umane, delle imperfezioni dei sistemi decisionali, dei tanti accidenti della vita. Ed ecco il pessimismo dei tanti, e col tempo crescente, dentro e fuori il Paese.