E’ arrivato a 12 il numero delle vittime causate dalla pioggia e dal vento negli ultimi giorni del mese di ottobre. Un bilancio molto pesante, al quale si aggiungono danni gravi non ancora del tutto quantificati alle reti di servizi, strade e altre infrastrutture, e anche all’agricoltura.
Il sistema di preannuncio ha funzionato: l’ondata di pioggia e di fenomeni temporaleschi è stata prevista e adeguatamente comunicata, tuttavia i dati relativi all’intensità del vento raggiunta in alcune zone hanno sorpreso anche i meteorologi. Si è trattato di fenomeni che, senza dubbio, possono essere classificati estremi, con molta probabilità riconducibili al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici in corso, e destinati a verificarsi con frequenze sempre maggiori anche nel nostro Paese.
La probabilità che accadano questi eventi con periodi di ritorno sempre più brevi (pericolosità), messa in rapporto alla vulnerabilità degli elementi presenti (persone, edifici, attività economiche e infrastrutture) restituisce la misura del rischio, che in Italia è elevato e molto diffuso non solo nell’ambito idraulico e idrogeologico, ma anche per terremoti, fenomeni vulcanici e attività industriali.
La riduzione del rischio non può prescindere da adeguate e costanti attività di prevenzione, manutenzione e controllo del territorio.
Il presidente della Fondazione centro studi del Consiglio nazionale dei geologi ha dichiarato, pochi giorni fa, che “per mettere in sicurezza le nostre infrastrutture basterebbe il 30% di quanto si spende per la ricostruzione”. Un dato che viene riproposto in occasione di ogni grande evento calamitoso che ha interessato il nostro Paese negli ultimi decenni, dai terremoti alle alluvioni, ma che non trova adeguata considerazione nelle strategie di pianificazione a lungo termine che lo Stato dovrebbe perseguire, buono al massimo per costruire slogan e promesse elettorali che rimarranno disattese. La decisione di cancellare, da parte dell’attuale governo, le attività del progetto “Italia Sicura” avviato dal precedente esecutivo lo dimostra ancora una volta.
Degli interventi di manutenzione devono tuttavia farsi promotori anche i Comuni, pur nella ristrettezza delle risorse a disposizione. Impressiona, a questo proposito, il numero elevato di alberi sradicati e spezzati, ai quali va ricondotta quasi la metà delle cause di incidenti mortali di questi giorni. Accanto alla manutenzione del reticolo idrico principale e secondario delle nostre città e dei nostri Paesi, anche la cura del patrimonio vegetale urbano e periurbano richiede adeguata attenzione. Interventi di potatura e di abbattimento sulle piante malate e più vecchie devono essere accettati. Anche il legno, e non solo i ponti di acciaio e cemento, si deteriora.