Al di là della politica italiana, con la manovra del governo pentastellato nel mirino della Commissione Ue, a tenere banco in Europa è una notizia dalla Germania, che può rappresentare un vero e proprio terremoto, anche se non immediato, per il futuro della Ue. Dopo i risultati negativi nelle recenti elezioni in Assia e in Baviera, Angela Merkel non si candiderà alla guida della Cdu, che terrà il suo congresso a inizio dicembre, e al Bundestag nel 2021. Aumenta, così, l’incertezza per il futuro a medio termine dello scenario politico della locomotiva europea. E, com’è noto, l’incertezza è nemica dei mercati finanziari. Ma non tutto il male, almeno per noi, vien per nuocere. Come spiega Alessandro Magagnoli,analista tecnico e co-fondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline): “E’ vero che si corre il rischio di un calo degli investimenti delle aziende tedesche finché non verrà fatta chiarezza, con il risultato che potremmo assistere a un ulteriore indebolimento dell’euro e a un incremento dei rendimenti sui titoli di Stato tedeschi. Ma paradossalmente da una parziale perdita del Bund come bene rifugio potrebbe avvantaggiarsi anche l’Italia: fermi restando i tassi dei nostri Btp decennali, un innalzamento di quelli tedeschi comporterebbe una compressione dello spread. E anche una prolungata, purché moderata, debolezza dell’euro darebbe maggiore fiato al nostro Paese, che proprio nell’export vede una componente essenziale dell’economia”.
Intanto anche l’economia tedesca rallenta: il governo ha ridotto le stime di crescita per il 2018 e il 2019 all’1,8% dalle previsioni precedenti, che ipotizzavano rispettivamente una crescita del 2,3% e del 2,1%.
L’indice Zew, che misura la fiducia degli investitori istituzionali in merito alle aspettative sull’economia tedesca, è in calo anche a ottobre, sceso a 70,1 punti da 76 punti, mentre il consensus si aspettava 74,5 punti. Anche l’indice Ifo sul clima di fiducia delle imprese tedesche si è indebolito a ottobre: 102,8 punti, inferiore alle attese degli analisti, pari a 103,1 punti, e in calo rispetto alla rilevazione precedente, fissata a 103,7. Resta, invece, in buona salute il mercato del lavoro, visto che a ottobre il tasso di disoccupazione si è attestato al 5,1%, e grazie alla debolezza dell’euro continua a tirare l’export: il surplus della bilancia commerciale, ad agosto 2018, ammontava a 17,2 miliardi di euro. Degno di nota, infine, il fatto che l’inflazione a ottobre ha accelerato nelle regioni tedesche più popolose, ai massimi da molti anni. Un indizio chiaro che la Bce porterà avanti la sua decisione di tagliare progressivamente il programma di Qe.
Passiamo dall’economia alla Borsa. Che segnali arrivano dall’indice Dax?
Il rialzo del listino tedesco, partito dai minimi del 2009, sembra giunto a un bivio. Ha infatti testato con i minimi del 25 ottobre a 11.078 e quelli del 26 ottobre a 11.051 punti la base del canale decrescente che parte dal top di fine gennaio, passante a 11.085 punti, e il 50% di ritracciamento del rialzo dai minimi di febbraio 2016, posto esattamente a 11.150. Questa percentuale di ritorno è considerata come il punto di separazione tra uno scenario correttivo (ribasso temporaneo) e uno di inversione di trend (ribasso duraturo). Se, infatti, è vero che nella scala dei ritracciamenti di Fibonacci dopo il 50% compaiono anche il 61,8% e il 78,6% di percentuale di ritorno, nel caso del Dax posti a 10.575 e a 9.755 punti, è altrettanto vero che il cedimento al di sotto del 50% molto spesso anticipa un proseguimento della fase in corso almeno fino all’origine del movimento precedente, cioè i minimi del febbraio 2016 a 8.699 punti. La tenuta del 50% di ritracciamento, invece, può dare origine a movimenti altrettanto estesi, ma in direzione opposta, almeno fino all’origine della correzione, vale a dire i massimi di gennaio a 13.600 circa. Solo alla rottura di 11.520, lato alto del gap ribassista del 23 ottobre, diverrebbe credibile un tentativo, se non di ripresa del trend rialzista primario, almeno di movimenti verso i minimi di marzo a 11.726 punti e successivamente la mediana del canale decrescente citato, a 11.900 circa. Sotto gli 11.000-11.050 punti diverrebbe invece difficile evitare la ricopertura del gap rialzista del 6 dicembre 2016 a 10.786 punti, con supporto successivo a 10.575, il 61,8% di ritracciamento del rialzo da febbraio 2016.
E sul fronte dei Bund?
Una caduta dei prezzi dei titoli di Stato implicherebbe un rialzo dei rendimenti che potrebbe essere lo specchio di una perdita di fiducia nei confronti della Germania. Certo, il destino dei prezzi del Bund decennale è orientato verso un ridimensionamento, in parallelo con l’analogo andamento del mercato americano: sarà quindi la velocità di discesa a far capire se ci sono tensioni significative o meno.
In termini grafici che cosa dobbiamo aspettarci?
Tanto per cominciare sul grafico del Bund future è comparso negli ultimi mesi un potenziale doppio massimo con limite superiore in area 161,50, figura ribassista che verrebbe completata con la discesa al di sotto dei minimi di giugno a 157 euro circa. Sugli stessi livelli transita anche la media mobile semplice a 100 settimane, un indicatore che sostiene l’uptrend dei decennali tedeschi dall’ottobre 2008, messo alla prova ad aprile 2011, a settembre 2013, a luglio 2017 e che solo a inizio del 2018 sembrava destinato a cedere alle pressioni dei ribassisti, ma che successivamente ha recuperato il suo ruolo di supporto. Discese al di sotto di area 156-157 rappresenterebbero, quindi, una netta discontinuità con gli ultimi dieci anni di mercato e potrebbero quindi segnalare un cambiamento epocale, un deterioramento dell’uptrend destinato a durare.
Nell’ipotesi che il Dax abbia già scontato in buona parte le incertezze future e che i supporti toccati di recente tengano, Piazza Affari potrebbe trarne vantaggio?
Il Ftse Mib, come il Dax, è sceso recentemente sul bordo di un pericoloso precipizio, inviando nelle ultime giornate chiari indizi della sua volontà di evitare un ulteriore balzo nel vuoto. L’indice di Piazza Affari ha disegnato un “two-bar reversal” il 24 e 25 ottobre – è una figura potenzialmente rialzista: la seduta del 25 ottobre ha praticamente replicato quella del 24, scambiando però la posizione dei valori di apertura e chiusura – in prossimità della base del canale decrescente disegnato dai massimi di maggio. La seduta del 26 ottobre, poi, è stata un “hammer”, tipologia di candela che conferma la presenza di una forte area di supporto in prossimità dei minimi appena toccati. Perché le implicazioni positive derivanti dalla presenza del pattern e del “martello” vengano confermate, sarà tuttavia necessario il superamento prima di area 19.250, primo dei ritracciamenti di Fibonacci, il 23,6%, del ribasso dal top di fine settembre, e poi a 19.400 della media mobile esponenziale a 20 giorni. Solo oltre questa coppia di resistenze un eventuale rimbalzo potrebbe acquistare forza e proporsi per la ricopertura del gap ribassista dell’8 ottobre, con lato alto a 20.321 punti e resistenza intermedia a 19.910 circa. Oltre area 20.320 è atteso il test del lato alto del canale ribassista citato, a 21.000 circa, ultima resistenza prima di un nuovo test dei massimi di settembre a 21.680. Sotto area 18.400, invece, per l’indice Ftse Mib c’è il rischio di ricopertura del gap rialzista del 7 dicembre 2016 a 17.757 euro circa.
(Marco Biscella)