Sarà sicuramente capitato anche a voi, nell’arco della vita, di trovarvi in condizione di dover chiedere aiuto a un parente o a un caro amico. O, di converso, che venisse chiesto a voi un aiuto. Si sa, prima o poi la ruota gira: un guaio sul lavoro, un problema in famiglia o peggio di salute e quella che era un’esistenza normale, dignitosa, a volte anche comoda, precipita in una corsa forsennata a tirare la fine del mese. O peggio. È la vita, piaccia o meno. Bene, questa metafora è perfetta per la condizione attuale del nostro Paese. Per una ragione semplice: se dopo aver chiesto un aiuto o averlo offerto, voi o il percettore del vostro prestito, decideste di utilizzare quel denaro non per pagare i debiti e rimettervi in condizione di ripartire e sostenervi sulla vostre gambe, ma di utilizzarlo per andare in vacanza o cambiare l’automobile o tentare la fortuna al casinò, cosa accadrebbe? In caso di un parente o di un amico davvero caro, magari gli si darebbe una seconda possibilità, facendola anticipare da una bella ramanzina sul senso di responsabilità. Ma se la cosa andasse avanti ancora, poi direste basta o vi verrebbe detto basta.
Ecco, l’Italia ha chiesto aiuto. All’Europa direttamente, chiedendo continuamente flessibilità a fronte di un debito monstre, mentre alla Bce indirettamente attraverso la crisi più generale dei debiti sovrani, di cui eravamo punta di diamante nel 2011. Piaccia o meno, quegli aiuti hanno avuto un costo. Ovvero, come per il prestito a un parente si chiede di essere responsabile e usarlo per uscire dalla difficoltà, così i governi che si sono succeduti da quello presieduto da Mario Monti in poi hanno accettato un percorso di riduzione del nostro stock di indebitamento. Percorso doloroso, pesante, lacrime e sangue direbbe qualcuno. Forse eccessivamente forzato, in certi toni e richieste addirittura miope. Ma è stato accettato, ovvero si è dato l’ok a una serie di vincoli legati ai nostri conti pubblici (e quindi alle manovre economiche che li sovrintendono), in cambio dei quali abbiamo avuto margine di sforamento da parte delle autorità europee e acquisti salvifici di debito da parte dell’Eurotower.
E com’è stata spesa quella flessibilità? Mancette elettorali, inutile negarlo e un abbozzo di manovra sul mondo del lavoro e le sue dinamiche che, comunque, non risolveva il male alla radice: serviva sì sforare i parametri, ma concordando e per fare una cosa sola, un abbattimento shock del cuneo fiscale. Punto. Non serve altro a un Paese che, comunque, nonostante burocrazia e arretratezza infrastrutturale vede il proprio export come traino, grazie alle eccellenze di cui può vantarsi a livello manifatturiero. È colpa dell’Europa, forse, se non sappiamo spendere la flessibilità in manovre utili, ma continuiamo la nostra vecchia tradizione di gestione del bacino elettorale, anche attraverso la cinghia di trasmissione del cosiddetto “capitalismo di relazione”? E per quanto riguarda il debito, è colpa della Bce se siamo costretti a farlo comprare con il badile dalle nostre banche, visto che gli investitori esteri non si fidano? E si sa, ecco l’altra grande criticità dell’Italia e della sua logica di perenne consociativismo politico-economico: il doom loop, ovvero il sistema bancario che sostiene il debito e i suoi costi acquistando Btp e, ovviamente, attendendosi in cambio un occhio di riguardo. Da destra, sinistra e centro. Totalmente bipartisan come atteggiamento deteriore. Da sempre.
Peccato che così facendo le banche, già sottocapitalizzate cronicamente, impieghino la gran parte dei loro attivi in sostegno anti-spread e rendano limitato e molto caro il credito a famiglie e imprese. È colpa dell’Europa, forse? O dell’Eurotower? Ora, da qualche tempo anche su queste pagine si alternano intemerate rispetto la necessità di cambiare il mandato della Bce, tramutandola di fatto in acquirente di ultima istanza perenne, stile Bank of Japan o Fed, affinché venga eliminato il concetto di rischio nell’intero spettro del debito sovrano e gli spread spariscano, schiacciati potenzialmente a idealmente a zero dal ruolo di salvatore della patria di Francoforte. Il motivo? Le differenze troppo marcate fra politiche fiscali e carichi debitori all’interno dell’Ue, quindi una discrepanza nei conti pubblici che non permette un’omogeneità di azione da parte della Banca centrale: di fatto, la vecchia storiella dell’euro a misura tedesca e bla, bla, bla.
Mettiamo pure che questa teoria sia giusta (e non lo è), cercate di essere onesti: se voi foste un tedesco o un austriaco, vi fidereste – alla luce dell’esperienza storica del debito italiano e della sua dinamiche di gestione tutta politica e clientelare – di stare dentro un’Unione basata su una Bce che de-responsabilizza del tutto i suoi Stati membri, visto che se opera statutariamente da parafulmine dall’aumento dei costi del servizio del debito pubblico, nessuno più si preoccupa non solo di abbassarne lo stock, ma nemmeno di non aggravarlo? Alè, Bengodi un’altra volta, come nella Prima Repubblica con l’inflazione a due cifre, la stessa che oggi tanti accademici nostalgici del craxismo che li ha visti miracolati, tanto invocano come Eldorado della crescita. Io, in tutta onestà, non mi fiderei. E non lo fanno nemmeno gli austriaci, visto che il cancelliere Sebastian Kurz, quello che doveva essere tanto amico di questo governo in nome del sovranismo, in virtù del ruolo di presidente di turno dell’Ue ha detto chiaramente che il suo Paese non pagherà l’indebitamento degli italiani che questa manovra trasuda da ogni poro. Ma non è razzismo anti-italiano, è buon senso. Lo stesso che vi porterebbe, magari a malincuore, a dire “basta” al vostro parente in difficoltà che continua a chiedervi prestiti, salvo investirli in vacanze di lusso o puntate al tavolo verde a Montecarlo.
Signori, non credete a chi vi dice che lo spread è una scelta politica: altrimenti, perché durante i governi Letta, Renzi, Gentiloni, quando prima il Whatever it takes e poi il Qe operativo della Bce avevano compresso il nostro spread, gli investitori esteri avrebbero comunque venduto i nostri Btp? Non per lo spread fatto alzare apposto per chissà quale complotto, ma perché non si fidano di chi sta al timone del Paese, anche con lo spread a 170: punto. Chi investe vuole fare soldi, non politica. Goldman Sachs, ad esempio, ha fatto forse il suo affare più fruttuoso, in proporzione a quanto investito e alla dimensione del mercato in cui operava, con i bond del Venezuela bolivariano di Chavez e Maduro, due ultras del comunismo vecchio stile. Il denaro non ha colore, né odore: guardate questo grafico, è impietoso ma fondamentale, nella sua essenzialità. Senza la Bce, il nostro spread sarebbe – e non certo da oggi o a causa unicamente di questo governo – a 1000. Forse 2000. Forse saremmo già in default e con la Troika a palazzo Chigi.
Che dite, forse la Bce non vuole il Fmi a guidare il nostro Paese, come qualcuno azzarda, altrimenti avrebbe abbassato il quantitativo di Btp acquistati, citando mille ragioni legate a rating, prospettive di crescita, disavanzi, deficit, scostamenti dagli obiettivi di bilancio. Qualsiasi cosa. E saremmo già all’Argentina, ovvero schiavi a vita del Fmi. Ma con una splendida valuta sovrana. Evito di entrare nella polemica sul trasformare gli italiani in tanti giapponesi, magari forzatamente o come atto di fede stile “oro per la patria” (d’altronde, siamo già al latifondismo procreativo per combattere il calo demografico), perché basta guardare questo grafico per rendersi conto che, oltretutto al netto delle debite ed enormi differenze macro fra l’Italia e il Giappone, il giorno in cui il mercato decidesse che è giunta l’ora di dare un prezzo reale agli assets che la Bank of Japan sta comprando per ogni ammontare e a ogni prezzo, non solo il mercato obbligazionario più grande al mondo verrà spazzato via dal crollo totale dei volumi, ma il Nikkei sembrerà Dresda dopo i bombardamenti alleati.
E, piccolo particolare, se anche un regime del genere funzionasse, magari attraverso la fase terminale del’helicopter money (ovvero, il Qe perenne e istituzionalizzato), pensate che un sistema in cui lo Stato è di fatto il mercato possa ancora permettersi il lusso della democrazia? No, signori, saremmo all’Unione Sovietica. Mascherata e piena di luccicanti smartphone. Vi piace l’ipotesi? E tanto per concludere la questione Giappone, non più tardi di tre giorni fa, il 30 ottobre, il board della Bank of Japan si è ulteriormente abbassato il rating della credibilità, spostando ancora in avanti l’inizio del taper del proprio programma di stimolo, fissato non più tardi della scorsa primavera al prossimo aprile. E adesso? Si va avanti con tassi negativi di -0,1% su una parte dei depositi in eccesso delle istituzioni finanziarie tenuti presso la sua Tesoreria; controllo della curva dei rendimenti per tenere intorno a zero i tassi sui decennali; acquisti massicci di titoli di Stato, Etf e trust immobiliari. E, oltretutto, i tassi a livelli molto bassi «per un esteso periodo di tempo».
Motivazione addotta per l’ennesimo rinvio? Sempre la stessa, l’inflazione non è ancora cresciuta abbastanza. Certo, basta calcolarla come si vuole e ci vuole poco a fabbricare dati ad hoc, gli americani ne sanno qualcosa. Direte voi, in conclusione: quegli accordi con l’Europa che ci hanno garantito flessibilità e acquisti della Bce sono stati presi da altri governi, questo legittimamente non li riconosce, perché li ritiene dannosi. Sacrosanto. Però, spiegatemi come si concilia questo atteggiamento con la continua richiesta da parte di ministri come Paolo Savona o di intellettuali ed economisti vicini all’esecutivo di cambio della governance e dello statuto Bce per continuare a godere – ad libitum e in automatico – dello scudo anti-spread. Cos’è, la botte piena e la moglie ubriaca? O, più prosaicamente, la legge di Ricucci?
Signori, vi stanno prendendo in giro e mostrando un nemico inesistente per un’unica ragione: fare in modo che le logiche consociative, anti-meritocratiche e assistenzialiste connaturate nel DNA di questo Paese restino legge e riferimento. Temono, in parole povere, di perdere la loro bella rendita di posizione, altro che sovranità e manovre del popolo. Non ci credete? Date un’occhiata alla Manovra economica e ditemi chi ne esce davvero scontento e penalizzato. Vi sarete risposti da soli.