Le considerazioni del ministro Di Maio sul lavoro in somministrazione ci hanno lasciato perplessi, se non altro per il continuo associare tale tipologia contrattuale a un dinamica di intermediazione che si configura come reato, ovvero il caporalato. Non è nostra intenzione alzare gli scudi per una difesa indiscriminata di ciò che avviene nel mercato del lavoro; infatti, come organizzazione sindacale abbiamo più volte condannato le distorsioni che si sono palesate nel settore della somministrazione. Ma per l’appunto si tratta di anomalie, non c’è un presupposto negativo o patologico alla base di questa forma contrattuale.
Abbiamo guardato alle occasioni di lavoro in somministrazione come un’opportunità, soprattutto per il ruolo che la contrattazione sindacale ha sempre avuto in questo settore, in grado di rendere tutelata una forma contrattuale per sua natura flessibile e orientata alla ricollocazione dei lavoratori.
Questo lo affermiamo non per il rispetto teorico di un dettato dottrinale, ma per l’esperienza che abbiamo generato in 20 anni di contrattazione e rappresentanza nella somministrazione.
Ebbene sì, proprio la contrattazione ha tradotto e garantito il principio della parità di trattamento, sempre la contrattazione ha generato un sistema di welfare bilaterale di settore invidiato in tutta Europa, costituito da 16 tra prestazioni, servizi e agevolazioni in favore dei lavoratori somministrati; inoltre, le parti sociali hanno costruito un impianto di politiche attive finalizzato all’inserimento lavorativo e alla riqualificazione dei lavoratori.
In questi anni anche la rappresentanza è stata al centro della nostra azione sindacale, associando decine di migliaia di iscritti ogni anno tra i lavoratori temporanei, e, cosa sorprendente, c’è stata la disponibilità di decine tra loro a diventare rappresentanti sindacali: lavoratori che vivendo una situazione di disagio decidono di mettere in gioco la propria libertà e responsabilità a servizio della collettività. Questo ha un valore inestimabile, non solo dal punto di vista sindacale, ma dal punto di vista sociale in termini complessivi. Il ministro del Lavoro dovrebbe essere orgoglioso del fatto che in Italia esistono realtà che favoriscono la responsabilità del singolo al punto da esprimere la propria libertà attraverso l’associazionismo, come forma di servizio verso gli altri.
Questo per noi è il fattore decisivo, perché solo calandoci nella realtà quotidianamente capiamo e scopriamo continuamente come combattere la precarietà e come discernerla dalla buona flessibilità – che comunque esiste e va preservata perché è un’opportunità – finalizzata all’inserimento lavorativo, alla ricollocazione, ad avere in un percorso rapporti di lavoro più stabili.
Nessuno mette in discussione che c’è ancora tanto da fare per migliorare la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori che vivono una situazione di temporaneità occupazionale e quindi di fragilità sociale, ma non siamo all’anno zero, perché l’azione sindacale già da tempo si è prodigata nella costruzione di tutele reali. In questi mesi stiamo provando a condurre una trattativa impegnativa per il rinnovo del contratto collettivo di settore, al fine di incrementare ulteriormente i fattori di tutela nella somministrazione, ampliando le occasioni di lavoro e contrastando ulteriormente i fenomeni più precarizzanti.
Uno dei punti per noi più importanti riguarda il diritto soggettivo alla presa in carico del lavoratore che, maturato un certo periodo di lavoro con l’agenzia di somministrazione, non viene lasciato solo nella fase di disoccupazione, ma potrà usufruire di un insieme di politiche attive finalizzate alla sua ricollocazione, oltre a beneficiare di un sostegno al reddito erogato dal Fondo di Solidarietà del settore. Tutto questo con risorse private contrattualmente messe a disposizione dei lavoratori. Proprio per questo grande valore aggiunto che genera la contrattazione in termini di tutele e di buon governo della flessibilità riteniamo non più eludibile il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro. Per questo come Felsa-Cisl abbiamo annunciato che vogliamo il #contrattosubito.
Sarebbe inoltre opportuno che il Ministero, se realmente esprime una tale considerazione dell’operato delle Agenzie per il lavoro, iniziasse a esercitare le prerogative di controllo che la legge già prevede, in quanto, occorre ricordarlo, è il ministero del Lavoro stesso che rilascia l’autorizzazione alle Agenzie a svolgere la loro attività. La strada maestra non consiste nel limitare le occasioni di lavoro perché alcuni tra i soggetti autorizzati all’intermediazione di manodopera operano in maniera irregolare. Ma occorre assumersi la responsabilità di intervenire in maniera selettiva, preservando i comportamenti virtuosi che esistono e sanzionando anche pesantemente gli abusi che vengono commessi.
Sembra invece molto strano che nessuno tra i diversi paladini della giustizia non abbia ancora raccolto l’incessante invito a condurre insieme una lotta contro la vera precarietà costellata di finte partite Iva, abuso di tirocini e cooperative spurie.