Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati per la strage di Erba, sperano nella revisione del processo. E se l’assassino fosse ancora libero? Ne ha parlato l’avvocato Fabio Schembri a La Vita in Diretta in merito all’accettazione da parte della Cassazione di nuovi accertamenti: «Sono convinto della loro innocenza, così come lo sono gli altri avvocati, ma quello che pensiamo noi non conta nulla». Il compito del pool difensivo di Olindo e Rosa è «dimostrare, tramite elementi nuovi, che non c’entrano nulla con la strage, allora sarebbe suggellata la loro innocenza». Ma questo è possibile solo provando ad ottenere la revisione del processo. Francesca Fialdini ha allora chiesto all’avvocato di indicare i nuovi elementi che potrebbero portare alla revisione, ma l’avvocato ha voluto fare prima una precisazione: «L’ultima volta che ho indicato elementi nuovi me li hanno distrutti. Prima che si pronunciasse la Corte di Cassazione una serie di reperti non ancora analizzati sono stati distrutti a Como, nonostante l’autorità giudiziaria avesse disposto la conservazione per l’analisi».
STRAGE DI ERBA, ECCO I REPERTI CHE SARANNO ANALIZZATI
L’avvocato Fabio Schembri ha spiegato a La Vita in Diretta che alcuni reperti si sono salvati e potranno essere analizzati presso l’università di Pavia. Questi sono alcuni degli elementi su cui punteranno per ottenere la revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi. Il legale fa riferimento nel programma ai margini ungueali e polpastrelli delle vittime, alle formazioni pilifere sulla felpa di Youssef. Invece presso il Ris di Parma verranno analizzati l’impronta palmare nella palazzina della strage di Erba, le tracce sull’accendino trovato sul pianerottolo di casa Castagna, la traccia ematica sul terrazzino di casa Castagna. Li ha indicato l’avvocato Schembri a La Vita in Diretta nella puntata di oggi. Per l’accertamento irripetibile sarà necessario avvisare il pubblico ministero affinché possa nominare suoi consulenti. E il legale dei coniugi Romano è pronto a farlo, «anche se, prima della decisione della Cassazione, alcuni reperti sono stati distrutti dalla cancelleria della Corte d’assise di Como, ne rimangono altri presso il Ris e l’Università di Pavia».