Antonella Ruggiero, ex voce dei Matia Bazar, ha oggi 66 anni e qualche consapevolezza in più. Da poco è tornata sulla scena con un cofanetto musicale (115 canzoni) e un libro (180 pagine). Il titolo è semplice ma evocativo, e fa pensare a tutti i “non detti” (e i “non cantati”) di una carriera troppo breve. È da un po’, in effetti, che non la vediamo esibirsi su un palco. Quando facevo la cantante, però, è soprattutto “un gioco di parole”. “Sono 22 anni di contenuti, è la mia vita dal ’96 fino a ieri”, racconta in un’intervista a Spy. Niente ritiro, dunque. Il fil rouge è “la vita di una persona che lavora con la musica con degli intenti propri, con una dedizione profonda per ciò che è amore per essa”. Un album di inediti, in questo momento, non è necessario. “Non sono una macchina da canzoni nuove a tutti i costi. Scatta tutto dalla commozione, dal sentire che non è una musica buttata lì anche da chi la crea. Ci deve essere la verità dentro quello che faccio, altrimenti non ha senso. So che al di fuori della mia dimensione chiamata ‘nicchia’ ci sono dinamiche che non voglio frequentare”. Poi svela: “Sono andata via da un gruppo perché non stavo bene, non posso accettare le regole, faccio quello che posso fare”.
Antonella Ruggiero e la musica contemporanea
Antonella Ruggiero non rinnega gli anni dei Matia Bazar. “Ero io. Come posso dimenticare me stessa?”. Nella musica di oggi si rivede poco. “In realtà dipende. Ci sono musiche meravigliose che non passerebbero mai in radio e sono stupende”. Lei, neanche a dirlo, s’identifica con queste. Per avere successo bisogna cedere all’omologazione, al compromesso imperante: “Sono necessarie certe frequentazioni, una modalità musicale di un certo tipo”. Antonella, però, ha saputo tirarsene fuori: “Cosa ho rischiato? Di stare male se non l’avessi fatto. Il mondo non è solo la professione. La creatività ci sarebbe sempre stata. Mi andava di allontanarmi e l’ho fatto”. Nella nicchia, giura, si vive benissimo. Dovrebbe spiegarlo agli af-fama-ti: “I giovani si dividono in quelli che vogliono fare musica e quelli che cercano la popolarità. Sono ragazzi fragili: un ‘no’ a un talent può segnarli per tutta la vita”. Meglio dire “no” per primi; come ha fatto lei, insomma.