Lontana dalla televisione e dal cinema da molti anni, Paola Pitagora è nata a Parma ma vive a Roma da molti anni, quando era una giovane e brillante attrice del cinema italiano (esordio capolavoro nel film I pugni in tasca di Belloccio e poi nello sceneggiato televisivo I promessi sposi di Bolchi). E di Roma di ieri e di oggi parla in una intervista pubblicata da Repubblica. Pitagora abita in uno dei quartieri più “in” della città Monteverde, che descrive come bello e protettivo, con parchi e giardini, mentre la cultura è rappresentata dal Teatro Vascello. Un teatro, spiega, che “fa una intensa programmazione ed è centro di svariate iniziative ed è punto di incontro del quartiere”. Tornando al passato, l’attrice ricorda la frequentazione della Scuola di Piazza del Popolo, artisti trasgressivi e geniali che, dice, “scatenarono a Roma una libera e gratuita creatività durata fino ai primi segni di esagerazione del 68”. Al proposito scrisse anche un libro, Fiato d’artista, pubblicato nel 2001 dal quale è stato tratto uno spettacolo teatrale diretto dalla figlia Evita Ciri e da Nicola Campiotti che debutterà proprio al Teatro Vascello il 29 novembre e in cui reciterà anche lei.
ERAVAMO AUTODISTRUTTIVI
Insieme allo spettacolo anche una rassegna: “Documentari, conferenze, un laboratorio di scrittura e due letture sceniche che ripercorrono quel periodo storico”. Gli anni 60, racconta Paola Pitagora “a Roma furono produttivi e frenetici perché circolava l’energia del dopoguerra, una energia intellettuale. Eravamo poveri matti senza soldi né mercato”. Anche lei, dice, si considerava “una pazza tra i pazzi, un vortice che mi attraeva come una calamita”. Altri tempi: nel nuovo spettacolo l’attrice che la impersona rifiuta di mettersi in bikini perché, dice, lei era così: “pudica, non disponibile, agguerrita”. Ma era anche un ambiente autodistruttivo, dove “quegli artisti ricorrevano la morte, mi sono salvata perché sono una donna e sono di Parma”. Paradossalmente, Piazza del Popolo, dice, è meglio adesso che non vi si possono più parcheggiare le macchine: “ogni tanto bisogna spezzare una lancia a favore dei cambiamenti positivi avvenuti nel nostro tempo”.