«Presto libereremo Silvia Romano: attendiamo buone notizie nelle prossime 48-72 ore»: a parlare è Noah Mwivanda, comandante della polizia costiera in Kenya che da oltre sei giorni è impegnato nella vasta operazione di ricerca della cooperante italiana. A differenza di quanto riportato da alcuni testimoni che anche oggi avevano spiegato come difficilmente dietro al sequestro vi siano degli estremisti islamisti somali, il comandante sembra più convinto dalla pista di Al Shabaab: «un sequestro su commissione, per conto dei terroristi islamici. Sì, perché loro controllano tutta questa zona. Io non vivo qui, ma conosco quest’area perché ci ho lavorato cinque anni. E qua sono tutti con Al Shabaab. Ieri noi abbiamo preso la moglie di uno dei rapitori e lei ha spiegato ai miei uomini il tipo di lavoro fatto da questi uomini che hanno preso la ragazza», racconta Mwivanda al Corriere della Sera. Nell’attesa che effettivamente arrivino novità positive sulla situazione di Silvia Romano, la Farnesina segue da molto vicino lo sviluppo delle ricerche e collabora con il governo keniano per portare a buon fine l’intera delicata operazione, che siano o non siano coinvolti i terroristi somali. (agg. di Niccolò Magnani)
MALVIVENTI “BRACCATI”
L’ultima testimonianza in merito al rapimento di Silvia Romano, quella di un ragazzo del villaggio dove la 23enne italiana è stata rapita (che potete trovare qui sotto), conferma, se ancora ve ne fosse bisogno, la scarsa professionalità dei malviventi che hanno rapito l’attivista italiana. La polizia è infatti convinta che i delinquenti siano tutt’altro che un gruppo di terroristi o criminali organizzati, e che sarebbero ormai alle strette dopo tutta una serie di indizi che hanno lasciato nel loro cammino. Le forze di polizia del Kenya li stanno braccando, e nel giro di qualche giorno, se non addirittura ore, potrebbero catturarle. Come svelato dall’ultima testimonianza, l’intento della banda era quello di ottenere un riscatto lampo, ma Silvia non aveva con se soldi ne tanto meno un telefonino, e di conseguenza hanno dovuto improvvisare. Per un momento hanno anche pensato di lasciare la ragazza e scappare, per poi trattenerla con se e darsi alla macchia. Positiva la notizia che il gruppo di rapitori sia scarsamente addestrato, ma resta comunque altissima l’apprensione per le condizioni fisiche della giovane. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SILVIA ROMANO: RAPITORI VOLEVANO RISCATTO LAMPO
Sembra allontanarsi sempre di più l’ombra delle milizie somale islamiste dietro il rapimento di Silvia Romano: dopo l’avvertimento della polizia ieri sera, ora una nuova testimonianza fa aumentare lievemente le speranze di poter avere sana e salva la cooperante rapita ancora senza un autentico motivo lo scorso martedì notte. «I rapitori volevano un riscatto lampo, ma lei non aveva né soldi né il telefono. Qualcuno di loro avrebbe voluto lasciarla lamiera ma gli altri si sono rifiutati»: spiega così James, uno dei ragazzi nigeriani che studiava alla onlus presso cui lavorava la bella e giovane volontaria rapita da sette giorni ormai. Era presente al momento del sequestro e offre preziosi dettagli anche alla stampa, dopo aver avvertito nei giorni scorsi la polizia del Kenya. «Silvia piangeva disperata. Urlava ‘aiutatemi’ mentre veniva trascinata via dagli uomini armati. Erano almeno in 4, li abbiamo seguiti ma hanno iniziato a sparare per tenerci lontano. Noi avevamo solo i coltelli», continua James il quale esclude si possa trattare di un rapimento da parte delle milizie somale di Shabaab. «Se fossero stati loro avrebbero potuto fare tranquillamente una strage, uccidendo chiunque si fossero trovati davanti. La gran parte degli abitanti si trovava nella guest house che sorge di fronte alla struttura, una delle poche non di fango nel villaggio, nella quale per anni sono stati ospitati volontari da tutto il mondo. Bastava tirare una bomba lì e non un ordigno artigianale che hanno fatto esplodere in mezzo alla strada», conclude il giovane testimone, riportato dall’Ansa. (agg. di Niccolò Magnani)
“LA RAGAZZA È VIVA, MALVIVENTI MALDESTRI”
La polizia keniota è sempre più vicina a Silvia Romano. La volontaria 23enne rapita negli scorsi giorni potrebbe essere liberata a breve, con le autorità ormai convinte di aver stanato i suoi rapitori. Come riferiscono più fonti giornalistiche, i malviventi non sono dei professionisti ed hanno lasciato numerose tracce dietro di se durante la fuga, a cominciare dalle treccine bionde appartenenti alla nostra connazionale, forse lasciate dalla stessa proprio per farsi ritrovare. Come ha spiegato il comandante della polizia di Kilifi, Fred Ochieng, ai microfoni del Corriere della Sera, i rapitori «Non ci hanno fatto una richiesta di riscatto, perché non hanno ancora un nascondiglio sicuro. E più passa il tempo, più è difficile». Si tratta quindi di malviventi maldestri: «Non hanno bruciato le moto usate per il sequestro – fanno sapere le autorità – hanno dimenticato nel bosco i resti del cibo. Uno di loro, Ibrahim Adan Omar, l’abbiamo intercettato mentre telefonava al fratello. Un altro, Said Adan Abdi, mentre parlava con moglie e suocero. Sappiamo che strada hanno fatto, in che zona si nascondono, che volevano scappare in Somalia». A questo punto non resta che attendere la bella notizia. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SILVIA ROMANO: CONTINUANO LE RICERCHE
Noah Mwivanda, comandante regionale della polizia kenyana, ha confermato le indiscrezioni che segnalano le forze dell’ordine locali vicine al ritrovamento di Silvia Romano: potrebbero essere le prossime le ore cruciali per il ritrovamento della volontaria italiana rapita. Ha spiegato Mwivanda: “Ci stiamo avvicinando. Tutto indica che abbiamo quasi raggiunto i rapitori: ci aspettiamo di ritrovare Silvia Romano viva“, con la preoccupazione della polizia che si concentra sul fatto che, come già accaduto in casi analoghi, la popolazione locale stia collaborando con i rapitori foraggiandoli con cibo, acqua e beni necessari per continuare a restare nascosti. Ma quanto riferito dai tre sospetti arrestati e trattenuti dalla polizia sembra aver impresso all’investigazione un’accelerazione che potrebbe essere decisiva, anche se l’apprensione attorno alle condizioni di Silvia Romano, in assenza di notizie certe, resta alta. (agg. di Fabio Belli)
LE AUTORITA’: “SILVIA ROMANO E’ VIVA”
Silvia Romano è viva: la conferma arriva dalle autorità di polizia del Kenya che nelle ultime ore hanno confermato che la volontaria italiana rapita nel Paese africano da un gruppo di tre persone ancora non bene identificato sta bene e si troverebbe prigioniera in una foresta. L’indiscrezione fa ben sperare dal momento che, inoltre, fino ad ora non è arrivata nessuna rivendicazione del rapimento da parte di alcuni dei gruppi jihadisti che erano stati sospettati di essere coinvolti in un primo momento: dunque il blitz dell’altro giorno dovrebbe essere stato opera di banditi comuni, magari poco organizzati e attorno a cui si starebbe pian piano chiudendo il cerchio delle indagini. Sui tre uomini è stata messa anche una taglia e fonti vicine alle forze dell’ordine kenyote riferiscono anche che non solo la 23enne originaria di Milano è viva ma si trova per fortuna ancora nel Paese nonostante l’intenzione fosse quella di portarla in Somalia.
SI STRINGE IL CERCHIO ATTORNO AI RAPITORI
Insomma, a quasi una settimana dal rapimento di Silvia Romano forse ci sono delle novità e la speranza che la cooperante possa tornare in libertà aumentano: anche se la polizia kenyota aveva assicurato la soluzione del caso in poco più di 24 ore, adesso pare che la pista individuata sia quella giusta dato che della ragazza i militari avrebbero non solamente le impronte ma pure la localizzazione. Inoltre, a instradarli è stato anche l’arresto eseguito nelle ultime ore della moglie (oltre che del suocero) di quello che sia uno dei presunti rapitori: la donna infatti è stata intercettata al telefono col marito e pare che abbia involontariamente fornito informazioni utili al ritrovamento della 23enne e alla localizzazione del covo dei tre banditi. Come qualcuno aveva sottolineato, l’ipotesi che a organizzare il sequestro sia stata la criminalità comune a fini di riscatto trova sempre più conferme e magari la ragazza si trova in mano a dei dilettanti rispetto ai più sanguinari miliziani di Al-Shabaab. Intanto, in Italia, la Farnesina starebbe continuando a lavorare col massimo riserbo visto che la situazione resta ancora delicata ma una svolta potrebbe venire a breve anche dalla taglia messa sul mini-commando nei loro villaggi, garantendo una somma in denaro a chi fornirà informazioni utili sul nascondiglio.