Dopo aver abbandonato il progetto de La profezia dell’armadillo, girato da Emanuele Scaringi, Valerio Mastandrea ha iniziato l’avventura da regista con Ride, presentato in concorso al Torino Film Festival 36. Il film racconta la storia di Carolina (Chiara Martegiani) e del tragico lutto che deve sopportare insieme alla figlia: la morte del marito Mauro, un giovane operaio deceduto in fabbrica. La comunità di Nettuno si è stretta attorno alla donna, che deve fare fronte alla perdita dell’amore della sua vita e del padre della sua bambina. Ma Carolina non riesce a piangere: non è una vedova devastata dal dolore, come tutti al funerale si aspettano di vedere, e capisce di non dover deludere nessuno, compresa se stessa…
Noto per essere uno dei migliori interpreti del panorama italiano, con oltre 25 anni di carriera alle spalle, Valerio Mastandrea si mette per la prima volta alla prova dietro la macchina da presa e il risultato non soddisfa. Il suo è un dramma che non riesce a convincere, seppur sia ottima l’idea di presentare allo spettatore una pluralità di spunti su cui riflettere e alleggerire la tragedia con black humor. L’azione ruota attorno a Carolina, interpretata dalla compagnia del regista, e si concentra soprattutto sulle emozioni e sulla loro spontaneità: Mastandrea si focalizza sul ruolo della società e sul grado di condizionamento nel viverle in maniera sana.
Un tono agrodolce per una protagonista che si sente fuori posto, con amici e conoscenti che mostrano il proprio dolore ostentandolo, a tal punto da risultare fasullo. Evidente il tocco di Mastandrea nella sceneggiatura, scritta a quattro mani con Enrico Audenino: Chiara Martegiani ricorda molto da vicino lo stesso regista e il suo approccio nell’affrontare i personaggi, in gran parte ironici in film drammatici. Un’opera sicuramente coraggiosa, che però non sembra giungere a una conclusione e che spesso cade nella ridondanza: nota positiva il cast, che comprende il sempre ottimo Renato Carpentieri, così come il commento sonoro curato da Riccardo Sinigallia ed Emiliano Di Meo, sia per quanto riguarda la componente diegetica che quella extradiegetica.